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Calzoni: Squinzi, batta due colpi per ridare unità e slancio a Confindustria

Per ridare unità e slancio a Confindustria il nuovo presidente dovrebbe dare un segnale di netta discontinuità frenando l’invadenza della burocrazia interna e la pessima abitudine di sostituire sempre il direttore generale – Poi dovrebbe ricollocare la Luiss e rilanciare il Sole 24 Ore facendone di nuovo il giornale dell’economia e delle imprese

Calzoni: Squinzi, batta due colpi per ridare unità e slancio a Confindustria

In altri tempi la scelta a chi affidare la Presidenza di Confindustria a due campioni del capitalismo familiare cresciuto a dimensione di impresa internazionale come Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei, sarebbe stata sicuramente diversa rispetto a quanto le schede “segrete” della Giunta di Viale dell’Astronomia hanno poi indicato.

I saggi, chiamati a sondare l’orientamento del sistema, avrebbero portato alla decisione degli associati un solo nome evitando la lacerazione cui abbiamo assistito e che (viste le premesse) rischia di perpetuarsi a lungo.

Ma questo è il punto debole e terminale del sistema elettivo inventato a suo tempo per limitare il peso del manifatturiero nelle scelte confindustriali aggregando servizi e terziario a dismisura e, soprattutto, ampliando la rappresentanza agli ex monopoli di stato: il tutto condito con le regole della politica fatta di schieramenti, voti di scambio, assetti di potere.

E’ un peccato che il titolare della Mapei e quello del Kilometro Rosso abbiano dovuto incrociare le proprie candidature sul terreno più lontano dalle rispettive storie: quello del compromesso e delle alleanze rese obbligate e certamente anche non gratuite.

Gli 11 voti di scarto hanno impronte digitali leggibili: le grandi ex aziende pubbliche, il sud dei costruttori edili, il Lazio gonfio come una rana, qualche settore (la siderurgia) attenta più alle tariffe energetiche e alle concessioni di discariche che non al protagonismo imprenditoriale che fu la base di forza della generazione di Lucchini.

Ora tocca a Squinzi e al suo profilo di imprenditore di successo fare del potere raccolto lo strumento capace di restituire alla Confindustria un ruolo e un peso che i tempi hanno sicuramente messo in discussione.

E questo non può avvenire su dichiarazioni più o meno aperte in materia di relazioni industriali per favorire nuove fasi concertative ma sul terreno dei fatti concreti che rendono “la Casa” urgente di ristrutturazione.

La macchina in primo luogo.

Tocca a Squinzi dare un segnale di discontinuità al sistema associato che da ormai troppi anni è governato da una burocrazia che costruisce il suo retroterra di sopravvivenza pilotando Presidenze e Giunte territoriali “in proprio”; di pari passo va fermata quella pratica (altrettanto in uso) di affidare ad ogni Presidente di turno la scelta di un proprio personale direttore: prassi che ha precarizzato il vertice operativo di molte realtà, offerto pretestuosi incarichi di buona uscita oltre che compensi sconosciuti dalla tradizione di Confindustria. Non sarà facile tornare al rigore selettivo dei tempi di Franco Mattei ma fermare la porta girevole del Grand Hotel del sistema è cosa obbligata.

Poi Luiss e 24 Ore.

L’una non è più funzionale al disegno di dotare il sistema industriale italiano di una “Bocconi del Sud”. Va trovata una collocazione proprietaria diffusa tra fondazioni industriali e bancarie liberando viale dell’Astronomia da oneri impropri e dal mercato delle cattedre.

L’altro, il giornale, va riportato “dentro” con una diffusa sottoscrizione del capitale da parte delle realtà associative in molti casi ricche e patrimonializzate. Tornare al giornale dell’economia e delle imprese (Deaglio-Salza) per evitare il lento declinare verso un giornale di “partito”. Fu così alla fine degli anni ‘80 quando si scelse di dare vita a 24 ore System per sottrarre la cassaforte pubblicitaria contesa tra la Fiat (Kompass) e De Benedetti (Manzoni). Un scelta anche allora difficile e contrastata ma vincente che sottrasse Confindustria dalla dipendenza delle casse di Assolombarda e di Torino.

Basterebbero questi due segnali per apprezzare da subito l’azione della nuova Presidenza e favorire l’unità del suo vertice.

PS. A proposito di art.18 e della sua minimalizzazione. Ricordo lo scetticismo di molti  e la contrarietà di alcuni grandi imprenditori sulla famosa questione dei decimali della contingenza. Lucchini non cedette e il referendum diede ragione all’Italia del cambiamento.

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