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Calvario Calenda: Ilva, Piombino e Alitalia restano al palo

Tranne che Alcoa, che ha trovato una soluzione dopo 5 anni di Cassa integrazione, il ministro Calenda lascia in eredità al futuro governo tutte le principali crisi aziendali che hanno affollato il suo tavolo: dall’Ilva a Piombino all’Alitalia

Calvario Calenda: Ilva, Piombino e Alitalia restano al palo

Speriamo finisca presto il calvario ministeriale di Carlo Calenda. Le grandi operazioni di gestione delle più pressanti crisi aziendali sono tutte al palo: ferme ed ingessate nella fase finale ma non in dirittura d’arrivo. Si salgono e si scendono, giorno sì e giorno no, gli scaloni del palazzone di Via Veneto più per tenere viva l’attenzione dei sindacati e delle realtà territoriali, pur sapendo che fino alla formazione di un nuovo Governo, nulla si determinerà. In attesa ci si accontenta di un titolo di cronaca, di un passaggio televisivo, di una stanca dichiarazione ministeriale.

Tra le maggiori questioni aperte (Ilva, Piombino, Alitalia etc) la sola Alcoa ha trovato una soluzione dopo oltre 5 anni di Cassa integrazione con un esborso notevole di danaro pubblico a sostegno dei costi energetici della nuova proprietà svizzera. Il gesto di aprire il Consiglio di gestione (o di sorveglianza?) ai dipendenti appare di buon auspicio così come l’embargo USA sull’alluminio cinese che ha dato una spinta alla quotazione del metallo e ai ricavi di quello europeo.

A Taranto, nonostante Mittal stia attendendo un nuovo Governo per perfezionare gli impegni assunti ma sottoposti alla richiesta di manleve pubbliche dopo le improvvide iniziative della Regione Puglia e del Comune di Taranto, il siderurgico indiano ha comunicato ufficialmente alla Commissione Europea i siti che sarebbe disposto ad alienare per sottrarre l’Ilva dalla procedura di posizione dominante. Tra i siti in cessione spicca l’impianto della Magona d’Italia, il secondo polmone produttivo della città di Piombino.

Nella città toscana l’incertezza della Magona si intreccia alla lunga agonia delle Acciaierie ex Lucchini e alle inadempienze dell’ultimo gestore, l’algerina Aferpi. Anche sul promontorio che guarda all’Elba la fortuna non ha assistito Carlo Calenda. Aveva annunciato l’imminente arrivo dell’indiano Jindal, pronto alla firma per ristrutturare e rilanciare l’impianto toscano. Ma l’aereo dato in atterraggio si è fermato a Hisar Hariana. Era chiaro che in piena campagna elettorale i cui esiti si erano chiaramente indirizzati all’incertezza, non era pensabile dare corpo ad una intesa che doveva vedere un Governo nel pieno dei poteri e nella chiarezza degli indirizzi.

Ora, a risultati chiari ma ad incertezze politiche accresciute, gli indiani stanno sulla sponda del fiume in attesa di vedere, a bocce ferme, le reali intenzioni del nuovo Ministro. La spinta ed il trionfo elettorale sia della Lega che dei 5Stelle (in tutte le realtà appena accennate) hanno riportato nei dossier ministeriali il possibile ruolo pubblico che aleggia sia sul futuro di Piombino che nella compagine azionaria di Mittal a Taranto. Per una Alitalia pronta a sostenere una gara tra contendenti di peso sarà difficile evitare il passaggio richiesto soprattutto da Lufthansa: prima ristrutturate e poi ne parliamo. Il che vuol dire mettere mano alla cassa pubblica.

Negli ultimi periodi Carlo Calenda pare non essere più sul pezzo. La rapida iscrizione al PD e la sua presenza immediata al vertice del partito, nonché le continue proposte di superamento della crisi ne hanno appannato il profilo di manager deciso e concreto. Un senatore di vecchia data, a tal proposito, ricordava, anche per lui, la fulminante battuta di Giancarlo Pajetta rispetto alla carriera di Enrico Berlinguer: “E’uno che si è iscritto giovanissimo alla Direzione del Partito”.

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