Il governo vuole riportare i call center in Italia, creando così 20 mila nuovi posti di lavoro. Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, inviterà i principali committenti italiani a firmare un Protocollo di intesa con cui si impegneranno a svolgere il 100% delle attività interne, quelle cioè che utilizzano strutture e personale proprio, sul territorio nazionale senza reindirizzare il traffico al di fuori del Paese. E soprattutto a garantire che almeno l’80% dei volumi di chiamate dei call center affidati all’esterno sia effettuato in Italia.
Secondo quanto si legge nelle bozze del Protocollo, le imprese che si avvalgono dei call center per gestire i rapporti con la clientela si impegnano a prendere i seguenti provvedimenti entro sei mesi dalla firma del documento:
– Richiedere nelle offerte ai propri fornitori di servizi telefonici alcuni parametri di qualità e cioè: chiarezza, semplicità e correttezza nelle informazioni, un italiano corrente e un linguaggio chiaro e comprensibile (per gli stranieri è indispensabile la certificazione linguistica al livello C1 del Qce), risposte adeguate entro tempi contrattualmente definiti, applicabilità della normativa nazionale in termini di trattamento dei dati personali anche se il servizio è fornito dall’estero, il rispetto delle fasce orarie indicate dalla legge per i contatti telefonici.
– Garantire che il 100% delle attività di call center svolte per il mercato italiano in via diretta sia effettuato sul territorio nazionale e che almeno l’80% dei volumi delle attività di call center affidati in outsourcing provenga dall’Italia, escludendo qualsiasi meccanismo di reindirizzamento del traffico verso siti localizzati fuori dal Paese.
– Non effettuare aste al massimo ribasso, ma adottare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’assegnazione dei servizi in outsourcing, valorizzando gli aspetti tecnici e qualitativi dell’offerta.
– Fare riferimento per gli affidamenti esterni ad un costo medio del lavoro su base oraria definito dal decreto legislativo n. 50 del 2016, dunque il minimo contrattuale, ovvero sulla base di accordi con i sindacati.
– Applicare nei propri contratti di outsourcing la “clausola sociale” e dunque garantire la continuità occupazionale sul territorio nei casi in cui il call center perda la commessa e l’azienda che subentra non sia disposta a mantenere tutti i posti di lavoro.