Nei governi di Matteo Renzi e di Paolo Gentiloni Carlo Calenda è stato un eccellente ministro dello Sviluppo economico, sicuramente il migliore degli anni Duemila e il suo piano Industria 4.0 ha fatto scuola anche in Europa ed è ancora oggi rimpianto dalle imprese. Ma Calenda è stato anche un ottimo candidato sindaco alle ultime elezioni comunali di Roma raccogliendo un più che onorevole 20% di consensi. Da qualche tempo però ha perso la bussola, ha litigato prima con Enrico Letta, poi con Emma Bonino e soprattutto con Matteo Renzi e ogni giorno dimostra di non avere la stoffa del leader. Nessuna visione e molte beghe da cortile. L’ultimo esempio è arrivato nei giorni scorsi dopo l’interessante proposta lanciata su “la Repubblica” da Emma Bonino, la leader di +Europa, di costituire una lista di scopo sugli Stati Uniti d’Europa che metta insieme tutte le forze liberaldemocratiche (da +Europa ad Azione e Italia Viva) e che sia aperta al Pd (ma non ai populisti dei Cinque Stelle) in vista delle prossime elezioni europee. Una coalizione anti-sovranista che avvii “una grande rivoluzione europea, anche istituzionale” e che faccia in modo che “nessun voto liberaldemocratico e federalista vada sprecato per arginare la destra sovranista”. Una proposta illuminata e ragionevole che guarda al futuro nel segno di Renew Europe. Ci si sarebbe aspettati un’adesione convinta di Renzi (che infatti c’è stata) e di Calenda, ma il segretario di Azione non ha saputo resistere al suo astio e al suo rancore verso il leader di Italia viva, rispetto al quale nutre un evidente complesso di inferiorità, e non ha esitato a porre il veto sull’adesione dell’ex premier con argomenti che nemmeno il più incallito grillini userebbe. “Da Italia Viva staremo lontani il più possibile”, e dunque sì alla lista con Bonino ma non con Renzi, salvo contraddirsi riconoscendo che “se i voti per il liberaldemocratici non crescono, l’alternativa (alle destre) non vincerà mai”. Ma per vincere bisognerebbe avere una visione, mettere da parte le beghe da pollaio e guardare al futuro. Qualità che Calenda deve aver perso da qualche parte: giù dalla torre.
Calenda non vuole Renzi nella lista anti-sovranista di Bonino ma veti e rancori non fanno una politica
Bocciando l’apertura della Bonino a Renzi per la formazione di una lista di scopo per le elezioni le europee, Calenda dimostra di aver perso lo smalto di quand’era ministro dello Sviluppo e di anteporre le beghe da pollaio a una lungimirante visione del futuro in alternativa alle destre