Non è solo un programma politico, ma un libro con intenti esplicitamente pedagogici. È il tentativo di avviare un cambiamento culturale, di risvegliare gli italiani dal sonno della ragione che, come si sa, genera mostri. Il nuovo libro di Carlo Calenda – “I Mostri – e come sconfiggerli”, edito da Feltrinelli e in libreria da luglio – parte dalla constatazione che l’insoddisfazione dei cittadini nei confronti della politica e il crescente distacco verso lo Stato non sono solo figli della crisi economica, ma derivano da crisi più profonde di carattere culturale e identitario.
Calenda indaga con dettagli convincenti le cause che sono all’origine di questa crisi delle democrazie liberali un po’ in tutto l’Occidente e che spingono la gente impaurita a cercare protezione sotto l’ala di sovranisti e populisti, che puntano in maniera più o meno esplicita verso regimi illiberali, sopprimendo le istituzioni e le prassi delle democrazie rappresentative.
Gli errori compiuti dalle classi dirigenti tradizionali negli ultimi trent’anni – da quando si sono affacciati fenomeni nuovi e dirompenti come la globalizzazione, la tumultuosa innovazione tecnologica e le migrazioni, con il conseguente multiculturalismo – sono stati enormi e catastrofici. Non hanno saputo offrire modelli di gestione capaci di rassicurare i cittadini, aiutandoli a compiere quelle trasformazioni obbligate, ma anche portatrici di prospettive migliori, sia individuali che collettive. A quel punto la gente, sentendosi abbandonata, ha iniziato a manifestare sfiducia nei confronti della politica, cercando affannosamente altre sponde a cui aggrapparsi. Che poi sovranisti e populisti, più che offrire soluzioni praticabili, si siano limitati a soffiare sul fuoco dei risentimenti, additando all’esterno dei paesi o nel campo internazionale presunti nemici da sconfiggere, è una constatazione che solo ora, forse, comincia a farsi strada nella convinzione di chi si era rivolto a loro.
Guardando in particolare all’ Italia, dove peraltro questo fenomeno è sicuramente più accentuato che in altri paesi, Calenda individua alcuni fenomeni all’origine di questa involuzione della nostra democrazia. In primo luogo i partiti politici tradizionali, invece di avviarsi su una competizione/collaborazione volta a rafforzare le istituzioni democratiche, differenziandosi poi nelle singole ricette e priorità dell’azione di Governo, si sono lanciati in una furiosa campagna di delegittimazione reciproca, scambiandosi accuse di fascismo, comunismo e turboliberismo che non avevano attinenza con i concreti problemi da affrontare e che hanno portato, infatti, alla paralisi gestionale e alla progressiva degenerazione delle strutture pubbliche, dalla scuola alla sanità e in genere alla Pubblica Amministrazione. I cittadini, non avendo servizi efficienti, hanno cercato di proteggersi aumentando le richieste di sussidi, oppure con l’evasione fiscale o con entrambe. Si è potenziato insomma quel “familismo amorale” che peraltro è da sempre nel DNA di larga parte degli italiani.
Ma non è solo la classe politica che ha commesso tragici errori. La progressiva degenerazione del settore pubblico ha contagiato imprenditori e sindacati, che si sono rifugiati nella conservazione della propria posizione senza mostrare capacità, tranne in qualche raro caso (l’accordo fatto da Ciampi), di affrontare il cambiamento necessario per stare al passo con i tempi. Gli imprenditori hanno difeso fino a che è stato possibile la loro fortezza basata su patti di sindacato e su posizioni semi-monopolistiche, oppure hanno gettato la spugna vendendo a gruppi internazionali o trasferendosi all’estero. I sindacati si sono barricati in difesa di un sistema di relazioni industriali vecchio di oltre mezzo secolo e incapace di valorizzare la produttività.
La conclusione è che oggi la società italiana appare ferma e rassegnata. Compito della vera politica non è solo lisciare il pelo della pancia degli elettori per raccogliere voti. Oggi bisogna riscoprire l’arte di Governo, che consiste nel saper rendere popolari i provvedimenti giusti da adottare. Forse oggi molta gente comincia a essere stufa della politica urlata e fatta da incapaci e sta tornando ad apprezzare competenza e serietà. Ma deve trovare un soggetto politico portatore di un progetto concreto e convincente. Calenda propone un programma basato su tre pilastri: scuola e formazione, sanità, immigrazione e sicurezza. Non si possono più spendere soldi a pioggia in bonus o anticipi di pensioni, ma bisogna concentrare le risorse su un buon sistema educativo e sul miglioramento del servizio sanitario nazionale, realizzando così un nuovo patto tra le generazioni. Bisogna evitare cioè che i più anziani sequestrino tutte le risorse del paese costringendo i giovani a rimanere disoccupati o a emigrare. Sull’immigrazione va presa una posizione realistica, al di là delle contrapposte e fallaci ideologie: il fenomeno deve essere regolato in maniera severa e l’accoglienza deve essere efficace e capace di salvaguardare i nostri valori tradizionali senza piegarsi alla “dittatura delle minoranze”.
Ma questo ambizioso progetto su quali gambe potrebbe camminare? Calenda ribadisce la sua convinzione secondo la quale oggi la vera contrapposizione non è più tra destra e sinistra, ma tra forze liberali e repubblicane e forze che si basano su una identità nazionale etnica e populista. In concreto è necessario creare un perno intorno al quale si possano saldare le formazioni politiche dei cattolici popolari, dei socialdemocratici e dei liberaldemocratici. Queste sono le forze che governano a Bruxelles e in diversi paesi europei dove il sovranismo è stato contenuto. In Italia non si riesce a fare a causa della cattiva politica fatta in passato. È un progetto che deve trovare forza dal basso, da tutte le articolazioni della società che esistono e che sono impazienti di riprendere il cammino dello sviluppo in maniera equa e sostenibile. Ma attenzione, all’interno dello stesso schieramento repubblicano ci sono molti gruppi che rimangono tenacemente aggrappati alle vecchie ideologie e che non vogliono fare una battaglia riformista contro Salvini e Grillo. La prima mossa da fare è quindi quella di far prevalere, all’interno di queste forze, coloro che capiscono che bisogna cambiare passo, chiudere l’epoca delle demonizzazioni e ricercare un terreno di intesa per risanare e rilanciare il paese. Per farlo bisogna avere la capacità di cercare compagni di strada, allearsi con gente che magari non ha idee coincidenti al 100%, capire qual è l’obiettivo prioritario e smorzare i toni della polemica nei confronti di potenziali alleati.