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Calenda chiama Bondi al Mise: “Rivoluzione entro settembre”

“La mia prima sfida è squisitamente manageriale. Nei prossimi tre mesi mi dedicherò al turnaround del ministero: processi, organizzazione e persone occuperanno una parte rilevante del mio tempo. Ci sono nel Mise funzioni che non hanno più ragion d’essere, mentre molto spesso attività chiave sono prive di risorse”. Lo ha annunciato il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, intervenendo oggi all’assemblea di Confindustria.

“Questo lavoro – ha aggiunto – darà come risultato anche una profonda spending review. E per non farmi mancare momenti movimentati ho chiesto a Enrico Bondi di aiutarmi come consulente a titolo gratuito. Ho intenzione poi di verificare ogni singolo incentivo erogato per capire quali sono stati i risultati raggiunti in termini di soddisfazione dei clienti e di impatto. Il principio di fondo sarà quello di concentrare le risorse sulle iniziative esistenti che funzionano. Per essere efficace una misura deve avere la dimensione adeguata. Per voi è normale farlo nelle vostre aziende. Per il Ministero è una rivoluzione. Non ha alcun senso ad esempio lanciare un programma sulle smart cities, il cui stanziamento non renderebbe smart neanche un quartiere di Roma. Il risultato di questo lavoro produrrà entro settembre un vero e proprio piano strategico e operativo del nuovo Ministero dello Sviluppo economico”.

“PIL, NON SIAMO DOVE DOVREMMO: D’ACCORDO CON BOCCIA SU PRODUTTIVITÀ”

Quanto all’andamento del Pil, “non mi appassiona il dibattito su ripresa, ripresina, risalita – ha continuato Boccia –. Non siamo dove dovremmo e potremmo essere. Nel contesto internazionale l’Italia si posiziona come grande Paese manifatturiero, quinto per surplus commerciale nel mondo e con un potenziale di crescita straordinario. Ma se l’export dal 2001 è cresciuto più di 150 miliardi di euro è pur vero che il grado di internazionalizzazione della nostra economia è ancora di 15 punti inferiore a quello della Germania”.

Calenda ha spiegato che per questi motivi è “d’accordo con Boccia: la crescita della produttività deve essere al centro della nostra azione. Sono convinto, non da oggi, che è sul versante delle politiche dell’offerta che si gioca il nostro futuro. La produttività richiede una assunzione di responsabilità condivisa tra industria e Governo. E del resto non esiste in un Paese moderno la possibilità di fare politica industriale se non con le imprese e per le imprese”.

“LE RIFORME SONO ALLA BASE DI OGNI SERIA POLITICA SULLA COMPETITIVITÀ”

Il tema della riforma delle istituzioni, secondo Calenda, è oggi “centrale in Italia e in Europa ed è, in entrambi i casi, alla base di ogni seria politica sulla competitività. Sulla riforma dello Stato in Italia ci giochiamo una partita cruciale. Non possiamo più rimanere in balia dei veti locali quando si parla di infrastrutture fondamentali o avere processi legislativi infiniti. Affrontare così la competizione internazionale è impossibile! Il referendum serve per far diventare i cittadini, e non Renzi, padroni dell’Italia”.

“DEVO DIFENDERE LE IMPRESE ITALIANE, NON LA LORO ITALIANITÀ”

Quanto alla politica industriale, “aumenterò l’impegno sull’attrazione di capitale di crescita e investimenti diretti esteri – ha assicurato ancora il ministro –. Su questo punto desidero essere chiaro: per me un’azienda è italiana quando opera in Italia. La proprietà dell’impresa riguarda l’imprenditore, l’attività di impresa riguarda anche la società. Io non devo difendere l’italianità delle imprese ma le imprese italiane. Che è cosa ben diversa”.

“IL TTIP È UN’OCCASIONE DA NON PERDERE”

La politica commerciale dell’Unione, secondo Calenda, è oggi “paralizzata dall’incapacità degli Stati membri di fronteggiare l’inquietudine dei propri cittadini. Dobbiamo invece spiegare che solo attraverso la costruzione di una alleanza economica tra Paesi che accettano le stesse regole e standard elevati, potremo finalmente riprendere il timone della globalizzazione. Di questo progetto l’accordo transatlantico, il Ttip, è l’asse portante. Non possiamo perdere questa occasione. Tra il populismo di chi strumentalizza le paure dei cittadini per rifiutare le sfide della modernità; e l’idealismo di chi non riesce ad affrontare la realtà per paura di perdere i propri ideali, esiste una diversa strada che dobbiamo percorrere: quella di una politica coraggiosa e assertiva e di istituzioni veloci e reattive”.

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