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Cairo vuole imitare Berlusconi: la politica nel suo futuro. Sarà il Cav 2.0

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Chi gli sta vicino racconta che da un po’ di tempo Urbano Cairo, patron di Rcs, de La7, del Torino calcio e naturalmente della Cairo Communication, ha preso l’abitudine di farsi testare ogni settimana il suo indice di popolarità. Vanità? Non proprio. Del resto già nel maggio scorso, intervistato da La Stampa, Cairo aveva confessato la sua passione per la politica, anche se – aveva sornionamente precisato – “il tempo ancora non ce l’ho”.

Gli indizi per una discesa in campo politico del sessantenne Urbano Cairo ci sono tutti e nella business comunity milanese non è più un segreto, anche se l’appuntamento non è per oggi. Ma verrà il giorno in cui Cairo coronerà il suo sogno di imitare il suo maestro, Silvio Berlusconi (di cui fu assistente personale agli inizi della carriera e poi direttore generale di Publitalia) e di diventare a tutti gli effetti il Cav 2.0. Non per caso nei mesi scorsi, con il sostegno del ministro Carlo Calenda che ne ha proposto la nomina al Presidente della Repubblica, Cairo è diventato Cavaliere del Lavoro, come in precedenza Berlusconi, prima che il leader di Forza Italia fosse defenestrato per le condanne giudiziarie.

In passato qualche guaio con la giustizia l’ha avuto anche Cairo, quando negli anni ’90 fu coinvolto nell’inchiesta Mani Pulite con l’accusa di appropriazione indebita, fatturazioni inesistenti e falso in bilancio e scelse di patteggiare la condanna a 19 mesi con la condizionale, salvo poi venire riabilitato cinque anni dopo che la sentenza era diventata definitiva e oggi la sua fedina penale è pulita. La linea soft adottata in occasione di Tangentopoli in controtendenza rispetto alla strategia dura dell’alta dirigenza Fininvest lo spinse ad allontanarsi da Berlusconi e a mettersi in proprio.

Adesso gli ingredienti per una discesa in campo di Cairo ci sono tutti: come Berlusconi ha una televisione (La7), ha un grande giornale (Il Corriere della sera, senza dimenticare la Gazzetta dello sport, due quotidiani spagnoli e un’infinità di settimanali di gossip), ha una squadra di calcio (il Toro), ha il profilo del self made man e ha una gran voglia di sfondare anche in politica.

L’appuntamento però non è per oggi e Cairo non ha in programma di presentarsi alle elezioni politiche di marzo: l’obiettivo è di farlo al turno successivo, nell’ipotesi che il prossimo Parlamento, alle prese con problemi di ingovernabilità, non duri a lungo e che la possibilità di tornare al voto nel giro di sei mesi o un anno non sia poi così peregrina.

Ma anche se il suo appuntamento con le urne non è per l’immediato, da grande editore Cairo il suo peso sulla campagna elettorale lo fa sentire eccome. Basta vedere come si stanno comportando La7 e il Corriere della Sera per intuire quale sarà il futuro identikit politico di Cairo che si potrebbe riassumere in tre aspetti cruciali: aggredire il Pd di Renzi, strizzare l’occhio ai grillini, proteggere Berlusconi nella speranza di raccoglierne l’eredità politica ma in forme più creative e spregiudicate anche se forse illusorie, come il recupero di parte dell’elettorato dei Cinque Stelle.

I primi esperimenti politici Cairo li ha fatto con La7 dove i grillini sono di casa, come rivela la presenza fissa di Marco Travaglio e di Andrea Scanzi dalla Gruber in “Otto e mezzo” ma come testimoniano anche le serenate ai Cinque Stelle nei talk show di Floris e di Formigli. Enrico Mentana, che diventò direttore la prima volta nelle tv di Berlusconi, non manca mai di attenzione ai grillini e non lesina picconate a Renzi, ma il suo tg lo fa con più abilità.

All’inizio l’orientamento de La7 sembrava avesse un’origine prevalentemente commerciale e del resto Cairo è nato e cresciuto professionalmente nella pubblicità e il calcolo di rivolgersi a un pubblico, come quello dei Cinque Stelle che non ha referenti nelle reti Rai e in quelle Mediaset, aveva un senso. “Sarebbe assurdo ignorare una parte della nazione” diceva Cairo a La Stampa. Ma di mese in mese, con il crescere delle sue ambizioni politiche, si è capito che dietro le scelte dell’editore di origini alessandrine c’era altro.

La riprova è nella piega che ha assunto la linea editoriale del Corriere della Sera che, sospinto dai suoi animosi notisti politici, non perde occasione per attaccare ossessivamente Matteo Renzi e il Pd ma anche per proteggere dolcemente Silvio Berlusconi, senza rinunciare a ripetuti segnali di benevolenza verso il leader grillino Luigi Di Maio.

Che tutto questo sia o no compatibile con l’anima del giornale della borghesia milanese è da vedere ma, alla fine delle fini, l’obiettivo del patron di Rcs non è vendere qualche copia in più del Corriere ma molto altro. Anche se la seducente immagine di editore puro dovesse, poco alla volta, svanire dietro le quinte.

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