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Cadono le roccaforti del debito sottozero. Borse sotto pressione

FIRSTonline

Cadono le roccaforti del debito sottozero. Stamane, per la prima volta dal maggio 2019, il Bund tedesco decennale, punto di riferimento pe eccellenza dell’Eurozona, è trattato a rendimento zero. Resiste la roccaforte di Tokyo, ma ancora per poco. Per la prima volta dal 2014, la Banca centrale ha modificato le sue previsioni sull’inflazione: i prezzi non sono più “orientati verso il ribasso”, come ripetuto fino alla noia da otto anni a questa parte, ma “in equilibrio”. Ed è bastato questo per spostare il titolo a dieci anni a 0,13%, massimo degli ultimi dodici mese mentre lo yen è sceso ai minimi da 5 anni. Più o meno lo stesso capita all’euro, scivolato sotto quota 1,14 sul dollaro. Intanto, nonostante il rialzo dei bund, si muove lo spread, risalito a 134 punti. E i mercati, sempre meno convinti delle previsioni di Christine Lagarde, prezzano un aumento dei tassi europei (20 punti) entro la fine dell’anno. 

L’azione della Federal Reserve, insomma, comincia a dare i suoi frutti.  Il Treasury Note Usa a dieci anni torna sui livelli precedenti la pandemia a 1,84% di rendimento, sei punti in più della chiusura di venerdì 1,78%. Il governativo degli Stati Uniti a due anni, il titolo più sensibile alle oscillazioni dei tassi ufficiali, tratta a 1,03% (+ 7 punti base). Si appiattiscono le curve del rendimento su tutte le scadenze: due anni-dieci anni a 80 punti base, comprimendo i guadagni del comparto finanziario.   

Il cambio di rotta della politica monetaria non ha colto impreparato il Tesoro. Stamane il Mef lancia un’emissione riservata agli specialisti fino a 1,75 miliardi di euro per le riaperture del BTP a 10 e 20 anni, mentre continua la raccolta corporate, a conferma che il mercato punta a fare il pieno a condizioni che, probabilmente, non si rivedranno per un bel po’. Oggi è stata la volta di Terna che ha autorizzato l’emissione di uno o più prestiti non convertibili subordinati ibridi, riservati agli istituzionali. Fa il pieno anche la Germania che metterà a disposizione fino a 4 miliardi di euro del nuovo Bobl (Bundesobligation) a 5 anni. 

Fin qui la cronaca in attesa della reazione del Nasdaq, il listino che ha finora pagato a più alto prezzo il cambio di rotta: quasi il 40 per cento delle società trattate sul mercato di Time Square ha peso almeno il 50% dai massimi segnati nel 2021, l’anno d’oro del denaro “quasi a gratis” che ha senz’altro contribuito a dar la carica a Netflix piuttosto che a far lievitare i prezzi delle Ipo più gettonate, come l’auto elettrica Rivian che, pur precipitata da 179 a 71 dollari in un paio di mesi, vale comunque ancora assai di più di Stellantis ( 79 miliardi di dollari contro 60 miliardi di euro).

C’è da chiedersi, a questo punto, se l’evoluzione dei mercati abbia già spazzato via le previsioni di inizio anno: la crisi dei tecnologici, combinata con le tensioni sui bond e la spinta dei prezzi dell’energia premessa per un nuovo balzo dell’inflazione, sono segnali sufficienti per stare alla larga dalle azioni e rifugiarsi sotto l’ombrello dei mercati obbligazionari?

Per il momento una svolta del genere sembra prematura. Non si segnalano novità grafiche di rilievo sui listini principali. E’ probabile che le vendite colpiranno ancora i settori legati all’hi-tech e/o quelli ad elevata crescita come il Lusso, mentre tenderanno a favorire i settori più esposti a materie prime, materie di base e energia. Anche banche e i finanziari dovrebbero continuare ad attirare liquidità in virtù di uno scenario più favorevole legato al maggior costo del denaro, ma anche per i contraccolpi meno gravi del previsto prodotti dalla variante omicron. Niente panico, insomma. Anche se va messo nel conto che le banche centrali hanno smesso di negare l’evidenza e di girarsi dall’altra parte di fronte agli aumenti dei prezzi e hanno aperto, accanto al fronte della crescita da stimolare, anche il fronte dell’inflazione da contenere.

Per quanto riguarda Piazza Affari, che non ha una grande esposizione al settore tecnologico, le prospettive dell’azionario sembrano solide. Senz’altro più robuste del debito pubblico, nel caso la corsa per il Quirinale riservi sorprese sgradite. Ma gli appuntamenti a più alto rischio riguardano l’anno prossimo, quando i tassi dovrebbero cominciare a mordere per davvero sotto la pressione di una possibile stretta anti-inflazione della Fed. 

Ancora azioni, dunque. Ma con l’avvertenza di saper guardare oltre. Le recenti mosse della banca centrale cinese, ad esempio, suggeriscono la previsione di un progressivo allentamento delle maglie del credito combinato con la tenuta del cambio dello yuan, al punto che molti tesorieri stanno alzando la quota in obbligazioni “gialle”. Intanto sale il richiamo delle obbligazioni sostenibili sulla base dei requisiti Esg ma anche l’appeal delle emissioni inflation-linked comunque offerti a rendimenti modesti.

Un segmento interessante anche per il retail riguarda le obbligazioni societarie dei Paesi emergenti collegate ad obiettivi sostenibili che vanno dalla riduzione delle emissioni di gas serra all’utilizzo delle risorse idriche. Le obbligazioni (non mancano gli Etf in materia)  sono strutturate in modo tale da incentivare l’adozione di pratiche aziendali sostenibili. Se l’emittente non raggiunge i suoi obiettivi entro il termine predefinito, la cedola pagata all’investitore aumenta di almeno 25 punti base all’anno.  

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