La Commissione europea ha avviato un’indagine preliminare per verificare se la Cina abbia fornito sussidi ingiustificati alla fabbrica ungherese di Byd, la casa automobilistica cinese in forte espansione nel settore dell’auto elettrica. L’iniziativa si inserisce nell’ambito del Regolamento sulle Sovvenzioni Straniere, introdotto nel 2023, con l’obiettivo di garantire una concorrenza equa nel mercato unico europeo. Lo riferisce il Financial Times, spiegando che se l’indagine dovesse confermare la presenza di aiuti di Stato sleali, Bruxelles potrebbe imporre misure correttive, tra cui la riduzione della capacità produttiva, la vendita di asset, il rimborso dei sussidi ricevuti e possibili sanzioni economiche.
Il ruolo dell’Ungheria e le tensioni con Bruxelles
L’investimento di Byd in Ungheria prevede la realizzazione di uno stabilimento nella regione meridionale di Szeged, con un impegno finanziario fino a 4 miliardi di euro e la creazione di circa 10 mila posti di lavoro (operativo entro fine 2025). I funzionari europei, però, hanno sollevato dubbi sull’effettivo valore aggiunto per l’economia locale, poiché la fabbrica sarebbe stata costruita con manodopera cinese e utilizzerà principalmente componenti importati, incluse le batterie.
Il governo ungherese, guidato da Viktor Orbán, ha attratto molti investimenti cinesi in Europa e consolidato legami sempre più stretti con Pechino. Orbán, spesso in contrasto con Bruxelles, ha criticato le politiche comunitarie in materia di aiuti di Stato e ha ribadito che l’Ungheria valuta attentamente le sovvenzioni concesse alle imprese.
Il ministro per l’Europa, János Bóka, ha dichiarato che Budapest non è stata ufficialmente informata dell’indagine. “Non è sorprendente” – ha commentato Bóka al Financial Times – “ed è noto che ogni investimento che viene effettuato in Ungheria appare sul radar della Commissione molto rapidamente, e la Commissione segue con raddoppiata attenzione ogni decisione di aiuto di Stato che viene effettuata in Ungheria”.
Le implicazioni per il mercato europeo
L’indagine su Byd rappresenta un banco di prova per la strategia industriale dell’Ue nei confronti degli investimenti cinesi. Da un lato, Bruxelles vuole attrarre produttori di veicoli elettrici per stimolare la transizione ecologica; dall’altro, intende evitare che questi stabilimenti si trasformino in semplici centri di assemblaggio senza trasferimento tecnologico né benefici concreti per l’industria europea. La Commissione ha già stabilito che Byd e altri produttori cinesi di auto elettriche hanno ricevuto sussidi statali, imponendo a fine 2024 dazi del 17% sulle importazioni della casa di Shenzen.
Il Regolamento sulle Sovvenzioni Straniere consente all’Ue di indagare su aziende che ricevono finanziamenti diretti o indiretti da governi extra-Ue, inclusi sussidi, prestiti agevolati, incentivi fiscali e finanziamenti per ricerca e sviluppo. Bruxelles ha, già, chiarito che le aziende cinesi possono investire nel continente, ma devono rispettare le regole europee. Sabine Weyand, responsabile del commercio nella Commissione Europea, ha sottolineato che Bruxelles non accetterà investimenti privi di valore aggiunto per il mercato locale.
I numeri di Byd
Byd sta attraversando una grande fase di espansione. A febbraio 2025, ha venduto oltre 322 mila veicoli elettrici, registrando un incremento del 164% rispetto allo stesso mese del 2024. Con una quota di mercato del 32% nel settore dei veicoli a nuova energia (NEV) in Cina, l’azienda si sta consolidando come leader, mentre la sua rivale Tesla, complice anche le “uscite” di Elon Musk, ha registrato un calo del 19%, scivolando al quarto posto.
L’azienda sta inoltre rivoluzionando il settore con innovazioni tecnologiche. Proprio in questi giorni ha presentato la Super e-Platform da 1.000 kW, una tecnologia di ricarica ultraveloce che consente di aggiungere 400 km di autonomia in soli cinque minuti, superando di gran lunga le prestazioni dei Supercharger V4 di Tesla.
E la strategia di espansione della casa di Shenzhen non si ferma all’Ungheria. Oltre allo stabilimento ungherese, è prevista la costruzione di un impianto in Turchia e un terzo sito produttivo in un Paese ancora da definire. Anche l’Italia è in lizza, con il coinvolgimento di aziende come Pirelli, Brembo e Prime Industrie nella catena di fornitura del gruppo cinese.