Emesso in questi giorni, il BTP 2067 ha certamente destato l’attenzione dei risparmiatori italiani, storicamente abituati ad investire in titoli di Stato domestici. E questo sia per il rendimento relativamente elevato, sia per la scadenza, davvero lunghissima: mezzo secolo. Vale la pena passare ai raggi X questa obbligazione.
IDENTIKIT DEL BTP 2067
Il nuovo BTP (codice ISIN IT0005217390) è del tutto simile ad altri già in circolazione, se non per la scadenza, lontanissima: marzo 2067. Corrisponde a una “duration modificata” di 27 anni – torneremo sull’argomento tra poco.
Il tasso cedolare è del 2,8% annuale (ma pagato semestralmente, cioè la cedola è 1,40% a semestre), numero che può ingolosire i risparmiatori affamati di reddito corrente – non pochi, a giudicare dal demenziale successo dei prodotti a cedola. Il taglio minimo è pari a 1.000 euro, sicché si tratta di un titolo accessibile ad un ampio pubblico di investitori, in linea di principio.
IL RENDIMENTO
Il rendimento nominale lordo a scadenza è ora pari al 2,9% annuo, oltre il doppio del rendimento del BTP decennale, e sarà incamerato con certezza – se il titolo non va in default – dall’eventuale investitore cassettista (ma, diciamocelo… quanti risparmiatori intendono fare i cassettisti mirando al 2067? Certo non io, che per allora sarò probabilmente morto, stando alle affidabili tavole di mortalità dell’Istat).
In termini reali, cioè tenendo conto dell’effetto erosivo dell’inflazione, si otterrà verosimilmente un rendimento reale lordo di poco inferiore all’1%, ipotizzando un’inflazione intorno al 2% (pari all’obiettivo attuale della Banca Centrale Europea). Non è malaccio, in fondo: si tratta di un rendimento reale in linea con i valori storici di lungo termine per l’Europa, secondo il Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook 2016. Va però detto che il BTP 1/3/2047, che scade ben vent’anni prima, rende il 2,4% annuo lordo. Insomma, c’è da domandarsi se, per un mero 0,4% di rendimento lordo in più, ha senso assumere rischio tasso e rischio controparte nei confronti dell’Italia per ulteriori 20 anni.
IL RISCHIO
La prima cosa da chiedersi è: che cosa succede se improvvisamente i tassi d’interesse a lungo termine si muovono? Come ne risentirebbe la performance di questo BTP a lunghissimo termine? La risposta è nel grafico seguente, che pone sull’asse orizzontale possibili shock ai tassi d’interesse e su quello verticale le conseguenze sul BTP in esame, in termini di performance.
È una reazione degna di un mamba nero. Per capirci, se i tassi d’interesse a lungo termine si alzassero dell’1%, questo BTP a cinquant’anni perderebbe il 22% abbondante (nota tecnica: qui si vede un effetto benefico della convexity, che è relativamente elevata). Anche solo un rialzo di 0,5% nei tassi d’interesse farebbe perdere oltre il 12% del valore a questo titolo. Si tratta di volatilità, e possibili perdite, degne di un investimento azionario. E questo è solo il rischio tasso.
Poi c’è il tema del rischio controparte: qual è la probabilità di default dell’Italia su un arco temporale del genere? Bene, stando al mercato dei CDS, la probabilità di default a 10 anni dell’Italia è pari a 23% (fonte Bloomberg). Ora, se si proietta questa stessa probabilità di default su un arco temporale di 50 anni (è una catena di Markov, algebretta), salta fuori una probabilità di default del 72%. Sia chiaro, per me si tratta di valori che si collocano nel dominio dell’assurdo, credo che la realtà sia un po’ meno lugubre di così.
Ma anche se la probabilità di default a 5 anni fosse la metà rispetto a quanto quota il mercato dei CDS oggi, e cioè fosse poco più dell’11%, verrebbe comunque fuori che la probabilità di default in 50 anni è del 45% circa. Insomma, giratela come volete, ma su mezzo secolo il rischio di default di un Paese come l’Italia non si può ignorare. Banalmente, può succedere di tutto, a livello geopolitico.
A CHI CONVIENE QUESTO BTP?
Sicuramente al Tesoro, che ha colto perfettamente l’opportunità di rifinanziare il debito pubblico italiano a lungo termine, sfruttando al meglio i tassi d’interesse sui minimi storici di sempre. Davvero una lectio magistralis in gestione del debito pubblico, una bella mossa della quale beneficeranno i Governi italiani da oggi al futuro.
Emissioni di questo tipo fanno poi generalmente molto comodo a investitori istituzionali, come le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, che devono fronteggiare pagamenti lontani nel tempo. Bond così sono una boccata d’ossigeno puro per assicurazioni che devono pagare minimi garantiti a lungo termine e sono a rischio dissesto, se i tassi d’interesse perdurano su questi livelli da microscopio. Infatti, a fronte dei 5 miliardi di euro offerti dal Tesoro, la richiesta (prevalentemente di istituzionali) è stata di oltre 18 miliardi di euro, con un rapporto domanda/offerta pari a 3,7, molto elevato.
Invece, ad oggi, non credo si tratta di un’obbligazione particolarmente interessante per il risparmiatore: il rendimento a scadenza odierno è su livelli storicamente non esaltanti, per usare un eufemismo, dato che altri BTP con scadenza più breve offrono rendimenti analoghi, e i rischi sono importanti. Il titolo è appetitoso per chi vuole cimentarsi nel trading, perché con duration 27 l’effetto leva sui movimenti dei tassi d’interesse è grandissimo (in prima approssimazione la performance del bond è pari a: -duration modificata x variazione del tasso d’interesse). Ma è un gioco difficile e pericolosetto: il rischio volatilità è grande come un condominio.
Mettiamola così: secondo me, se e quando si assisterà ad un aumento dei tassi d’interesse (e di conseguenza il prezzo di questo BTP scenderà drasticamente), allora potrà essere un investimento di lungo termine da considerare con attenzione.
Dal blog di Advise Only.