L’ultima conferma è arrivata da Philip Lane, il capo economista della Bce che è ormai l’interprete più affidabile delle linee di politica monetaria della Banca centrale. Una volta superata l’emergenza della pandemia, ha dichiarato, i tassi europei resteranno bassi ancora un bel po’. Queste parole, contenute in un’intervista al Wall Street Journal di giovedì, hanno dato un’ulteriore spinta agli acquisti sui titoli di Stato europei e di quelli italiani in particolare, i favoriti dai mercati in questa improvvisa primavera del debito. Lunedì mattina il rendimento del Btp decennale scende per la prima volta nella storia sotto lo 0,70%, mentre quello del trentennale scende a 1,60%, anche qui si tratta del nuovo minimo record. Il trend, peraltro, dura ormai da settimane: il Btp 10 ha chiuso venerdì la quinta settimana positiva di seguito con un progresso cumulato dello 0,55%.
Insomma, nonostante il debito pubblico italiano sfiori il 160% del pil, i mercati attribuiscono alla carta italiana quel valore loro negato in passato. Nel novembre 2011, a esempio, quando lo spread toccò quota 530, travolgendo il governo Berlusconi, o al debutto della maggioranza giallo-verde quando la forbice toccò quota 320. Oppure, ultima impennata, il 17 marzo quando il lockdown favorì un balzo a quota 276. Altri tempi. Oggi vari fattori giustificano il gradimento dei mercati per il debito Italia: le aspettative sul Recovery Fund, la maggiore stabilità di governo (dopo l’esito elettorale delle regionali) e la corretta gestione dell’emergenza Covid (apprezzata anche da media come il Financial Times spesso critici nei confronti dell’Italia) hanno impresso la svolta sulla credibilità del nostro sistema Paese con il risultato di favorire la rimonta anche nei confronti della Germania, il motore della rinnovata politica economica espansiva di Eurolandia. Politica fiscale e politica monetaria, una volta tanto, sembrano andare d’accordo, anche se non bisogna sottovalutare le resistenze dei “falchi”, l’unico fattore secondo Fitch che può interrompere la luna di miele.
Ma il rischio, per ora, sembra remoto. Per più motivi.
- Il mercato si aspetta un nuovo round di stimoli da parte della Banca Centrale Europea alla luce degli ultimi preoccupanti numeri della pandemia che rischiano di frenare la difficoltosa ripresa avviata la scorsa primavera.
- Ma il costo del debito italiano è ancora notevolmente più alto di quelli di Spagna e Portogallo, mentre era ad essi inferiore appena pochi anni fa. È un tema da affrontare, perché vuol dire che c’è ancora spazio perché scenda ancora, visti i conflitti tra Madrid e la Catalogna e l’esplosione del contagio in Spagna.
- Dal punto di vista grafico, secondo gli esperti lo sfondamento al ribasso del precedente minimo storico risalente al 2019 intorno allo 0,80% ha aperto la strada a ulteriori progressi. Stante lo scenario attuale possiamo stimare un azzeramento dello spread nei confronti della Spagna (oggi 55) e una discesa sotto quota 100 dello spread Italia/Germania (oggi 124).
Queste previsioni aiutano a rispondere alla domanda più logica: è il caso di insistere ancora sull’obbligazionario di casa nostra? Oppure chi investe e non si rassegna a rendimenti da prefisso telefonico deve indirizzare i risparmi verso altri lidi?
- La situazione, in linea di massima, favorisce una maggior propensione al rischio. le Banche Centrali manterranno il proprio orientamento accomodante ancora a lungo un po’ dappertutto. Negli Stati Uniti, il nuovo obiettivo di “inflazione media” delineato dalla Federal Reserve (Fed) punta in realtà a un quadro assai raro: negli ultimi 50 anni, infatti, l’indice della spesa per consumi personali ha raggiunto o superato il 2% solo in 22 mesi. Altre Banche Centrali, come la Reserve Bank of Australia, hanno lasciato intendere che presto potrebbero apportare ulteriori tagli ai tassi, mentre la Bank of England continua a contemplare tassi negativi. A prescindere dallo strumento di allentamento scelto, è chiaro che le politiche monetarie continueranno a limitare i rendimenti. Gli sviluppi più recenti sul fronte della pandemia lasciano inoltre supporre che sia improbabile un significativo aumento dei rendimenti dei titoli di Stato nel breve termine.
- “I titoli di Stato dei Mercati Sviluppati forse non offrono più la stessa copertura di una volta, ma sono comunque riusciti a generare rendimenti positivi in un mese in cui i mercati azionari hanno ceduto” si legge in un report di JP Morgan. Insomma, i titoli governativi sono più redditizi di quanto non si creda. In particolare: a settembre, mentre la fase positiva per l’azionario subiva un’inversione con un rendimento mensile di -3,8% per l’S&P 500, i titoli di Stato dei Mercati Sviluppati registravano un rendimento totale dello 0,7%”. In particolare, i Bund tedeschi, che avevano iniziato il mese con un rendimento di -0,4% nel segmento decennale della curva, hanno poi generato un rendimento dell’1,0%, dimostrando che anche le obbligazioni con rendimenti negativi possono costituire un elemento stabilizzante per un portafoglio. Il Bot people che non si limita a guardare al rendimento ma sa muoversi in ottica di capital gain non ha di che lamentarsi. Non è facile per i non professionisti. Ma è per quello che esistono i fondi.