Il British Museum che ha oggi 266 anni, essendo stato fondato nel 1753 da Sir Hans Sloane, un facoltoso medico e scienziato di Giorgio II e che aveva messo via una fortuna con il chinino della Giamaica. Sloane aveva raccolto quasi 50 mila libri e manoscritti oltre a oggetti rari, che per testamento cedette al Parlamento per 20 mila sterline.
Con una lotteria pubblica furono raccolte 100 mila sterline che servirono ad acquistare, oltre a quella di Sloane, altre due collezioni e così sistemarle nella sede più adatta. Queste costituirono il primo nucleo del British Museum.
Nel 1757 il Museo si arricchisce anche dell’apporto della Vecchia Biblioteca Reale, grazie a Giorgio II, il quale istituì anche l’obbligo che presso di essa venisse depositata una copia di ogni libro protetto dai diritti d’autore, obbligo poi esteso a tutte le biblioteche edite in Gran Bretagna.
L’800 fu il secolo d’oro delle scoperte archeologiche e molti ricchi collezionisti inglesi donarono al British Museum diversi tesori raccolti dentro e fuori i confini dell’Impero.
Ad esempio, i cosiddetti Elgin Marbles, portati in Inghilterra ai primi dell’800 da Thomas Bruce, settimo Conte di Elgin, rappresentante diplomatico di Gran Bretagna a Costantinopoli. I turchi che in quel momento occupavano Atene, gli diedero il permesso di togliere dal Parteno e i pannelli del fregio, le metope e le statue frontali e inviare il tutto in Inghilterra, dove fu accusato di aver commesso un arbitrario vandalismo. Più tardi Lord Elgin vendette le sculture allo Stato per 35 mila sterline, la metà di quanto gli era costato portarle in Gran Bretagna.
La storia però ci racconta anche che alla vigilia della seconda guerra mondiale, un vagone ferroviario dalle luci schermate lasciò furtivamente Londra, sotto scorta, trasportando alcune opere più preziose che costituiscono il patrimonio dell’intera umanità. Imballati e sigillati, c’erano tesori di valore inestimabile, il primo in-folio di Shakespeare, la Magna Charta e le tavolette assiro-babilonesi di 2500 anni fa che narrano, in caratteri cuneiformi, la storia della creazione del diluvio universale.
Avvertito dal Ministero dell’Interno dell’approssimarsi del pericolo, il British Museum stava mettendo in salvo i suoi tesori secondo piani prestabiliti nei minimi particolari. Il 26 agosto 1939, otto giorni prima della dichiarazione di guerra, un centinaio di tonnellate di oggetti preziosi erano già al sicuro in galleria antiaerea presso Alberyzwyth, nel Galles. Nel frattempo il personale del museo lavorava senza concedersi alcun riposo per trasferire sculture importanti, fra cui quelle famose dell’Acropoli di Atene, in una galleria in disuso, imbottita di sacchi di sabbia, della metropolitana di Londra. Una misura tempestiva, perché durante i bombardamenti nazisti, il British Museum fu colpito da sette bombe incendiarie.
Il British Museum rappresenta un ricco forziere della cultura occidentale e orientale, oltre ad essere biblioteca nazionale, museo archeologico nazionale e museo di arte che va dalla preistoria ai tempi nostri.
I frequentatori della sala lettura della biblioteca, dove si innalza una cupola decorata in oro e colore azzurro che ben supera di 67 cm quella di San Pietro, hanno a disposizione chilometri di scaffali di libri e ogni anno aumenta. Qui hanno cercato documenti e studiato personaggi come Charleston Dickens, Robert Browning o Johannesburg Ruskin. Si dice inoltre che Marx abbia scritto Il capitale al tavolo M-7 diventata quasi una reliquia per molti comunisti russi. Anche Lenin venne a studiare in questa sala ma col nome di Jacob Richter.
Due mete importanti che attirano da sempre visitatori al Museo, sono la Magna Charta e la stele di Rosetta. Il documento più importante della Magna Charta (la carta della libertà concessa nel 1215 da re Giovanni Senza Terra), quello cioè dell Clausole dei Baroni, andò ad arricchire la collezione del British Museum nel 1769.
La stele di Rosetta fu acquistata dall’Inghilterra come bottino di guerra. Scoperta nel 1799 dai soldati di Napoleone durante gli scavi per la costruzione di un forte su una foce del Nilo, Rashid – è una lastra di basalto nero con un’iscrizione, risalente al 196 a.C., in tre scritture diverse: egiziano geroglifico, egiziano demotico e greco. Dopo la sconfitta di Napoleone ad Alessandria la stele fu trasferita in Inghilterra e Giorgio III la donò al British Museum. La pietra per quasi venti anni fu materia di studio di molti studiosi poi in seguito grazie a degli egittologi, tra cui il francese François Chamellion, si riuscì a decifrare il segreto di questi geroglifici.
Ma come fare per andare alla scoperta dei favolosi tesori del British Museum? Inutile cercar di vedere tuttoin una volta, un buon metodo può essere quello di cominciare da qualche collezione di interesse specifico e poi via via passare ad altre collezioni più impegnative. Ad esempio, tra i documenti di interesse letterario vi è un atlante alto quasi due metri, donato a Carlo II nel 1660 e che si ritiene sia il libro più grande al mondo; le istruzioni di battaglia di Nelson che dovevano portare alla clamorosa sconfitta delle flotte francese e spagnola a Trafalgar; e, l’ultima commovente pagina del diario tenuto da Scott durante la sfortunata spedizione in Antartide.
Nel 1939 il British Museum si arricchì di un importante tesoro archeologico. Incuriosita dalla presenza di alcune strane colline nella sua terra di Sutton Hoo, nel Suffolk intraprese degli scavi con l’aiuto di esperti del museo di Ispwich. Furono ritrovati antichi oggetti di bronzo e di ferro, chiamati gli esperti del British Museum capirono che si trattava della sepoltura di un re sassone in una nave del VII secolo. Nonostante il fasciame di legno fosse completamente distrutto, accanto vi erano gioielli d’oro e d’argento, frammenti di stoffe e di cuoio, piatti di bronzo e di ferro, due recipienti enormi per bere ricavati da corna di un grosso bue selvatico dell’Europa settentrionale, oggi estinto.
E la visita continua, perché di oggetti e opere da scoprire c’è ne sono ancora molte al British Museum e forse questo museo più di altri testimonia le differenze e le fondamentali somiglianze fra gli uomini di tutto il mondo.