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Brics, il momento della rivincita non è ancora arrivato

Sembrava fosse giunto il momento della rivincita. Alcuni Paesi considerati fino allo scorso decennio “sottosviluppati” finalmente riuscivano a emergere e assurgere a una posizione dominante nell’economia globale. Invece, i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) dovranno aspettare ancora. Le loro economie, fortemente dipendenti dall’export, hanno rallentato con la frenata di Ue e Usa. La crescita del Pil di Pechino non supererà il 7,5% quest’anno, quando a inizio anno si stimava un +8,5%. In India, la corruzione politica e la lenta burocrazia stanno minando la fiducia degli investitori nel Paese. In Brasile si parla di un calo di oltre 4 punti percentuali sulla crescita del 2012. La Russia, con l’entrata nel Wto, dovrà mettere in atto ampie riforme strutturali che peseranno sul Pil. Il Sudafrica è quello più legato all’Europa e che risente, più di tutti, della crisi del debito.

Sembra inoltre sia iniziato un cambiamento di rotta dei flussi finanziari che, dai Paesi emergenti, stanno ritornando alla Vecchia Europa. Come ha ricordato il Ceo di Intesa SanPaolo Enrico Cucchiani qualche giorno fa al meeting del Fondo monetario internazionale (Fmi), “il clima di fiducia verso l’Italia è migliorato” e i fondi di investimento “stanno acquistando debito italiano”. E non c’è alcun dubbio sul fatto che, se i due giganti mondiali, Usa e Ue, torneranno a crescere ne beneficieranno anche i Brics. Il problema rimane sempre il come e il quando.

Eppure, le debolezze che mostrano ultimamente questi cinque Paesi, non sembrano spaventare tutti allo stesso modo. Jim O’ Neill, ideatore dell’acronomino Brics, vede nel rallentamento cinese un cambiamento verso una “migliore qualità” della crescita rispetto all’eccessiva attenzione sulla quantità degli ultimi anni. Inoltre, nell’ultimo anno, i Brics hanno cercato di trovare un accordo per creare una propria banca multilaterale che finanzierebbe progetti nei loro Paesi. Nonostante Pechino si fosse inizialmente opposta alla proposta lanciata da Nuova Dheli, secondo O’ Neill “la Cina potrebbe saltare sulla nave”. Soprattutto se gli Stati Uniti continuano a rifiutarsi di dare ai Brics un maggiore peso nel Fondo monetario internazionale e nella Banca Mondiale.

Proprio questo possibile aumento di investimenti sud-sud e scambi reciproci tra i Brics è uno dei segnali che fanno sperare in un superamento dei problemi più immediati, legati alla crisi europea. Inoltre i governi di questi Paesi emergenti hanno ancora un ampio spazio di manovre macroeconomiche per stimolare l’economia. Con la caduta dei prezzi delle commodities potrebbero allentare la politica monetaria e adottare politiche fiscali espansive, dal momento che il loro debito pubblico è in media il 30% del Pil.

Finora le loro economie sono ampiamente legate a quelle europee e statunitensi e, se non dovessero trovare forme alternative di sviluppo, è inevitabile che le loro sorti rimangano legate all’andamento dei paesi occidentali. Ma i Brics provano a cercare una via alternativa, uno sviluppo diverso che parta da loro stessi. E a quel punto potrebbero davvero ottenere la loro rivincita.

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