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Brics, Civets e Carbs – Ecco i nuovi giganti mondiali

CARBS – E’ l’ultima novità. L’acronimo si deve a Citigroup e raggruppa i maggiori provider di commodities al mondo: con una quota che oscilla dal quarto alla metà del totale della produzione globale di ogni materia prima. Nel complesso possiedono una quantità di commodities quantificabili per 60mila miliardi di dollari – al livello delle quotazioni attuali. I loro mercati azionari hanno seguito il ciclo di questi beni e dal 2003 hanno più che raddoppiato il loro peso complessivo e aumentato di oltre 20 volte i valori dei volumi trattati quotidianamente. Il valore reale delle loro valute rispetto al dollaro si è quasi raddoppiato. Infine le  riserve di valuta pregiata accomulate hanno superato complessivamente 1000 miliardi di dollari. 

Canada – Il Paese nordamericano possiede immense riserve di petrolio, gas, potassio e uranio. Le commodities rappresentano il 74% dell’export e il 17% del Pil. L’unica pecca è il loro principale partner commerciale, gli Stati Uniti, il cui rallentamento rischia di pregiudicare le esportazioni canadesi.

Australia – E’ il maggiore produttore mondiale di minerale di ferro e di carbone, che insieme rappresentano quasi un decimo del Pil australiano. Tuttavia nei mercati azionari le commodities rappresentano solo una piccola parte, il 37%, quindi non hanno influenzato in maniera decisiva l’andamento degli indici principali. 

Russia – Le commodities rappresentano il 92% dell’export russo. Il totale degli assets in materie prime supera di 13 volte il Pil: il valore più alto tra tutti i Carbs. Ma Mosca vanta anche un record negativo: il rapporto debito pubblico/Pil più alto (85%). Le materie prime più importanti: petrolio, gas e palladio. 

Brasile – Il Paese sudamericano è cresciuto sull’onda del boom delle commodities, ma adesso ne sta risentendo. Infatti il Brasilie soffre della cosiddetta “malattia olandese“, ovvero il declino del settore manifatturiero a seguito dell’eccessivo sfruttamento nelle risorse naturali. Ma bisogna riconoscere che anche la politica economica messa in atto da Lula e proseguita da Dilma Rousseff è stata cautelosa e ha portato i risultati sperati.  

Sudafrica – E’ il paese che vanta il diritto di anzianità nello sfruttamento di commodities. Il Sudafrica è tra i Carbs quello che è cresciuto meno, +2,9% nel 2011. Possiede il 10% delle riserve mondiali di oro e diamanti, il 40% di cromo e l’80% di platino. Ma le difficoltà nel settore dei preziosi, da cui è ancora troppo dipendente, ha obbligato il Governo a rivedere le proprie strategie, cercando di incentivare di minerale di ferro e carbone dove gioca un ruolo importante la domanda cinese (in pieno boom di costruzione di infrastrutture).

BRICS – Sono i Paesi emergenti, così denominati dal capo economista di Goldman Sachs undici anni fa. Li accomunano alti tassi di crescita, i grandi investimenti in ricerca e sviluppo e l’accumulazione di grandi riserve monetarie. Da non sottovalutare però le differenze, dall’assetto politico all’andamento demografico, che negli ultimi tempi sembrano prevalere. Il Brasile sta lottando e ottenendo buoni risultati per estirpare la povertà, la stessa cosa non si può dire dell’India. La Russia è fortemente legata all’andamento europeo, mentre Sudafrica, Cina e India sono concentrate sul nuovo centro degli scambi: il Pacifico. 

Cina – Sul gigante asiatico è importante soffermarsi. Continua a essere l’economia che cresce al tasso più elevato, +9,2% nel 2011. Ma soprattutto è dal suo andamento che dipende la sorte dei Carbs. La sua quota di domanda per il petrolio è dell’11%, per alcuni cereali si aggira al 20% e supera il 40% per la maggior parte dei metalli industriali.  

CIVETS  – La denominazione si deve a Michael Geoghegan, l’ex Ceo del gruppo americano Hsbc. Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica sono quei Paesi per cui si attende nel futuro una crescita frizzante. Sono accomunati da un’alto tasso di popolazione giovanile, sistemi finanziari abbastanza sofisticati, mercati azionari in via di maturazione e soprattutto le loro economie non sono basate sullo sfruttamento di un’unica risorsa. Insomma gli zibetti sembrano aver tutte le carte in regola per dominare la scena mondiale nei prossimi anni.

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