La sconfitta di Theresa May, travolta dal voto sul piano per Brexit, non ha sorpreso i mercati finanziari, se non per le dimensioni: 432 contrari, 202 favorevoli, il risultato peggiore per un governo dal 1924. La sterlina è invariata, sia su dollaro che su euro, sui massimi dell’ultimo mese e mezzo. Gli indicatori della paura, come l’oro, non si muovono: anche nelle ultime ore sono rimasti quasi fermi. C’è solo un modesto apprezzamento dello yen.
NUOVA LIQUIDITÀ IN ARRIVO PER LE PIAZZE CINESI
Sui mercati asiatici l’eco è stata tutto sommato modesta, oscurata dagli sforzi della Cina per contrastare la caduta dei listini e della fiducia. La Banca centrale ha immesso una nuova iniezione di liquidità. Ma a vanificare gli sforzi cinesi è arrivata una dichiarazione dagli Usa di Robert Lightizer, incaricato dei colloqui sui dazi: “Per ora – ha detto – non vedo progressi sostanziali nelle trattative”.
Poco mosse, di conseguenza, le piazze asiatiche. Le Borse del Giappone e della Cina sono in lieve ribasso, nell’ordine dello 0,1%, mentre quelle dell’India e della Corea del Sud sono in leggero rialzo.
IL BOOM DI NETFLIX TRASCINA WALL STREET
Ieri sera Wall Street ha chiuso in terreno positivo: Dow Jones +0,65%, S&P 500 +1,07%, Nasdaq +1,71%. Il boom di Netflix (+6,5% dopo l’annuncio di un aumento dei prezzi negli Usa) e il rimbalzo degli altri titoli tech hanno compensato le delusioni in arrivo dalle trimestrali delle banche. JP Morgan ha chiuso a +0,7% nonostante i dati negativi sul trading e sui bond. Arretra Wells Fargo (-1,5%).
Il petrolio Brent stamattina è invariato a 60,6 dollari il barile, mentre ieri sera ha chiuso in rialzo del 2,8%, nell’attesa di una ripresa dei consumi cinesi. Oggi verranno pubblicati i dati governativi sulle scorte settimanali di greggio Usa.
OGGI LA MOZIONE DI SFIDUCIA A THERESA MAY
Ora l’attenzione si sposta sulla mozione di sfiducia nei confronti della Premier chiesta dal leader laburista Jeremy Corbyn. Anche se molti Tories hanno votato contro l’accordo su Brexit, è poco probabile che siano intenzionati ad andare a nuove elezioni avallando la mozione di Corbyn. Se May otterrà la fiducia, si profilerà un piano B: l’Ue potrebbe concedere una proroga da tre a nove mesi per l’uscita, superando la scadenza del 29 marzo. Non è escluso un nuovo referendum, peraltro dall’esito incerto.
MEA CULPA DI JUNCKER. DRAGHI PROMETTE NUOVI STIMOLI
Nell’attesa dell’esito del confronto sulla Brexit ha fatto sensazione ieri il “mea culpa” del presidente Jean-Claude Juncker sul trattamento riservato alla Grecia (e al Portogallo) nel momento più delicato della crisi.
A sostenere i listini in terreno positivo in una nuova giornata turbolenta per le banche italiane e i segnali di recessione in arrivo dalla Germania, resta la Draghi put. Il banchiere ha assicurato ieri che la politica monetaria non cambia: “I reinvestimenti degli asset acquisiti con il Qe continueranno a fornire il grado necessario di accomodamento monetario per far convergere l’inflazione al nostro target”.
MILANO REGGE ALL’URTO DELLE RICHIESTE DELLA BCE
Anche Milano ha così assorbito nel finale le difficoltà legate al mondo del credito. Piazza Affari (-0,03%) il 15 gennaio ha chiuso a 19.165 punti. Le prospettive di breve termine per l’economia italiana sono sempre meno brillanti: ieri Bank of America Merrill Lynch ha tagliato a +0,2%, da +0,7%, la previsione sulla crescita del PIL nel 2019. In rialzo il resto d’Europa, complice il buon andamento di Wall Street: Francoforte sale dello 0,6%; Parigi +0,49%; Madrid +0,43%.
Mercoledì 16 gennaio si è aperto invece con le Borse in rialzo nonostante il voto del Parlamento inglese su Brexit nasconda ben più di un’insidia: Milano +0,7%, Francoforte +0,13%, Parigi +0,4%, Madrid +0,27%.
CONFERMATA LA FRENATA DEL PIL TEDESCO
A novembre l’Eurozona ha registrato un surplus commerciale di beni per un valore di 19 miliardi euro. Il dato è in contrazione rispetto ai 23,4 miliardi euro dello stesso mese di un anno fa, ma in salita rispetto ai 14 miliardi di ottobre 2018. Le esportazioni complessive dell’area euro sono salite a 203 miliardi (+1,9%), mentre le importazioni si sono attestate a 183 miliardi (+4,7%).
Sotto i riflettori anche i dati in arrivo dalla Germania. Il Pil nel 2018 è salito dell’1,5% (in linea con le attese), il tasso più basso degli ultimi cinque anni e in decisa decelerazione rispetto al 2,2% del 2017.
IL TESORO FA IL PIENO: CHIESTI 35,5 MILIARDI DI TITOLI LUNGHI
Martedì movimentato per il mercato del debito. Il lancio del nuovo Btp 15 anni, che ha registrato una domanda record, ha messo sotto pressione l’obbligazionario italiano, soprattutto nel tratto lungo della curva. Ma si è trattato di un calo contenuto e nel finale di seduta i prezzi del decennale hanno recuperato un po’ terreno chiudendo a 2,87% (contro 2,84%).
È stata comunque una giornata trionfale per il Tesoro: la domanda per il titolo a 15 anni, scadenza marzo 2035, ha raggiunto quota 35,5 miliardi, tre volte l’offerta.
A lungo negativo, il “vecchio” quindici anni ha recuperato nel finale (-0,005, con un rendimento del 3,206%). Il trentennale invece lascia sul terreno quasi un punto. Sulle scadenze brevi è proseguito invece il rafforzamento del biennale, il cui rendimento è sceso a 0,39%, sui minimi da giugno.
SBANDANO LE BANCHE: 7 ANNI DI TEMPO PER LE SOFFERENZE
In Piazza Affari martedì è stata una giornata di tribolazioni per le banche italiane, sospese in alcuni casi per eccesso di ribasso nel corso della mattinata, a seguito delle indiscrezioni sulle ultime richieste arrivate dalla BCE. La Vigilanza avrebbe dato sette anni di tempo alle banche, per portare a zero i crediti in sofferenza. Nel corso della giornata, Intesa Sanpaolo (-1,2%), Banco Bpm (-4%), Ubi Banca (-5%) e Bper Banca (-4,7%) hanno precisato che le ultime comunicazioni della Bce non avranno impatti significativi sugli obiettivi del 2018 e degli anni seguenti, una rassicurazione che ha permesso al settore di allontanarsi dai minimi della seduta, ma non di azzerare le perdite: il comparto ha accusato in Italia un calo del 2,19%, invariato il dato europeo.
La vicenda è arrivata anche in Parlamento. La decisione della Bce di alzare progressivamente le coperture sui crediti deteriorati produce “gravi danni all’Italia” secondo i deputati della commissione Finanze della Camera del Movimento 5 Stelle. “L’ennesimo intervento a gamba tesa della Bce può creare un danno all’Italia da 15 miliardi”, ha scritto il vicepremier leghista Matteo Salvini.
La debacle del 15 gennaio sembra però archiviata e a Milano le banche rimbalzano. Unicredit, miglior titolo del Ftse Mib, guadagna il 3,18%. Bene anche Finecobank (+1,9%), Banco Bpm (+1,81%) e Intesa Sanpaolo (+1,57%).
(Ultimo aggiornamento: ore 10.12 del 16 gennaio).