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Brexit, Juncker: Johnson e Farage eroi tristi

Continuano gli attacchi di Jean Claude Juncker ai protagonisti della Brexit, definiti “radiosi eroi di ieri, che ora sono eroi tristi”. Al centro del mirino del presidente della Commissione, nel discorso pronunciato durante la sessione Plenaria di Strasburgo, ci sono Boris Johnson e Nigel Farage.

I due maggiori sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, infatti, sembrano usciti dalla scena britannica dopo quello che sembrava essere il loro “trionfo” personale: l’ex sindaco di Londra non si è candidato alla leadership del partito conservatore, mentre Farage si è dimesso da leader dell’Ukip.

Per Juncker i due “hanno lasciato il palcoscenico ora, dopo aver portato il Regno Unito alla Brexit. Sono retro-nazionalisti, non sono patrioti perchè i veri patrioti non abbandonano la nave quando la situazione diventa difficile” e ha, poi, auspicato che “il Regno Unito presenti al più presto la sua richiesta formale di uscire dall’Ue”.

Il presidente della Commissione europea è a sua volta, l’obiettivo di un fuoco incrociato. Juncker, infatti, è finito sotto attacco dopo la Brexit, deve fronteggiare ora le critiche della Germania, per bocca del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, e quelle di Polonia e Slovacchia (che nei giorni scorsi ne hanno chiesto le dimissioni, sui temi della ripartizione degli immigrati e sulla flessibilità delle regole di bilancio.

Per Schaeuble “l’Unione europea si trova ad affrontare un test cruciale, forse il più grande della sua storia. Di fronte alla demagogia e all’euroscetticismo sempre più diffuso, l’Europa semplicemente non può continuare come prima”. Secondo il ministro tedesco è “giunta l’ora del pragmatismo” e di “smettere di giocare ai soliti giochi di Europa e Bruxelles”. “E’ il momento – ha concluso Schaeuble – in cui i Governi devono assumere le loro responsabilità, anche se la Commissione non dovesse seguirli”.

Il presidente della Commissione ha parlato agli europarlamentari riuniti a Strasburgo, chiarendo che l’esecutivo Ue “non sta lavorando all’insegna del “business as usual”. Juncker ha poi rintuzzato gli attacchi puntando il dito sui governi nazionali: “Il problema dell’Unione europea è che si prendono decisioni che poi non sono attuate” da quegli stessi governi che le hanno prese.

Oggi, inoltre, la Commissione dovrà decidere sulla ratifica dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e il Canada, oltre a scegliere se far scattare sanzioni contro Spagna e Portogallo per violazione ripetuta degli impegni di bilancio, uno degli argomenti, quest’ultimo, al centro delle accuse a Juncker, per l’eccessiva discrezionalità.

Accuse rilanciate anche dai governi polacco e slovacco, che, oltre alla Brexit, contestano a Juncker di aver alterato l’equilibrio tra Stati membri e Commissione sulla gestione della ripartizione dei rifugiati.

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