A due giorni dalla Brexit la tensione tra Unione Europea e Regno Unito torna alle stelle. Archiviati i festeggiamenti per lo storico divorzio, Boris Johnson alza di nuovo il tono dello scontro facendo ripiombare sul tavolo – più forte che mai – l’ipotesi No deal, mentre Michel Barnier, capo negoziatore Ue per la Brexit, reagisce a muso duro: “Nessun vantaggio né diritto fuori dal mercato unico”.
“Non abbiamo bisogno di un accordo di libero scambio che imponga l’allineamento con le norme Ue su concorrenza, protezioni sociali, aiuti di Stato, ambiente e simili o comunque nulla di più di quanto l’Ue sarebbe obbligata ad accettare in cambio le norme del Regno Unito”, ha detto il Premier britannico che però ha assicurato l’intenzione di predisporre per Londra standard elevati in grado di scongiurare qualsiasi rischio di concorrenza sleale per i 27. Questi standard però non saranno regolati “in un trattato”.
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Primo e fondamentale punto dei negoziati sarà infatti il commercio, su cui bisognerà trovare un accordo entro la fine del periodo di transizione, fissata per il 31 dicembre 2020. Sotto questo punto di vista, la volontà dell’Unione Europea, è quella di non fare sconti. “Il Regno Unito non potrà più beneficiare dei diritti e dei vantaggi economici se il 31 dicembre lascerà il mercato unico e l’unione doganale. Questo è il quadro in cui ci muoviamo”, ha ribadito lunedì 3 febbraio il capo negoziatore della Ue Michel Barnier presentando la bozza di mandato per la trattativa sulle relazioni future col Regno Unito che Consiglio e Commissione Ue dovranno approvare nelle prossime settimane.
La linea di Bruxelles è chiara: ok a un’intesa solo se il Regno Unito rispetterà alcune condizioni. Nel dettaglio, Londra dovrà applicare standard ambientali, sanitari e fiscali simili a quelli dell’Unione Europea e rispettare le norme sui lavoratori e sugli aiuti di Stato, evitando di dare troppa mano libera alle sue aziende. Il timore è che, allo scopo di favorire il rilancio dell’economia ed evitare i possibili contraccolpi della Brexit, la Gran Bretagna offra alle sue società condizioni impossibili da rispettare per le aziende comunitarie, ignorando de facto le regole sulla concorrenza in vigore al di qua della Manica.
Johnson però pare intenzionato a percorrere un’altra strada: “La scelta, sia chiaro, non è tra deal e no deal. Vogliamo un accordo di libero scambio, possibilmente sul modello del Canada, ma qualora non riuscissimo a raggiungere un’intesa con l’Ue potremmo uscire anche con un accordo stile Australia“, ha affermato il primo ministro britannico. Peccato che “un accordo stile Australia” a livello pratico si trasformerebbe in un quasi-No deal, un’intesa minima che allontanerebbe anni luce i due blocchi.
Nel corso del suo discorso Bernier ha però lasciato la porta aperta: “Il nostro obiettivo è di concludere un partenariato ambizioso con il Regno Unito“, ma “restiamo lucidi. La migliore relazione con l’Ue è e resterà di restare nell’Ue. Quando non si è membri dell’Ue si ha una situazione diversa e meno favorevole”, ha detto. “Siamo pronti ad offrire un accordo molto ambizioso che includa tariffe e dazi zero su tutte le merci”, ha continuato parlando della possibilità di realizzare “un accordo ambizioso sui servizi con un ampia copertura settoriale”.
“Il Regno Unito non potrà beneficiare dei vantaggi economici di uno Stato membro alla fine dell’anno”, ha però specificato Barnier. “Avremo due mercati separati, invece di un unico mercato. Le regole di origine e le formalità doganali si applicheranno. L’accesso al mercato Ue sarà soggetto a certificazione e autorizzazione di mercato”.
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