È arrivato il momento di riparlare di Brexit. Nonostante l’emergenza coronavirus abbia spento i riflettori sui negoziati tra Unione Europea e Regno Unito, il tormentone Brexit non è mai realmente uscito di scena. Anzi, in sottofondo, i colloqui tra le parti sono continuati. Il problema è che finora non si è arrivati a nulla e il tempo per trovare un accordo è sempre meno. Pochi giorni fa, il Primo Ministro britannico, Boris Johnson, ha confermato nuovamente l’intenzione di non chiedere un allungamento del periodo di transizione che scadrà il 31 dicembre, nonostante la pandemia di coronavirus abbia per forza di cose rallentato i lavori e messo in ginocchio l’economia Uk (il pil ad aprile è calato di oltre il 20%). Tradotto: a fine anno il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea con o senza accordo commerciale e le probabilità che si verifichi una hard Brexit salgono dunque di ora in ora.
Per cercare di concordare azioni volte a far avanzare le trattative, il 15 giugno, Johnson, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, si sono riuniti in una videoconferenza interlocutoria. I quattro hanno concordato sulla necessità di dare “nuovo slancio ai colloqui” e “creare le più favorevoli condizioni per concludere e ratificare un accordo entro la fine del 2020. Questo dovrebbe includere, se possibile, una un’intesa preliminare sui principi alla base di qualsiasi accordo”.
Le speranze però al momento sono ridotte al minimo. Non a caso, pochi minuti dopo la videoconferenza, tramite Twitter, Charles Michel ha affermato che “un accordo ampio e ambizioso, in linea con le linee guida del Consiglio europeo è nel nostro mutuo interesse”. Utilizzando un detto (“Ready to put a tiger in the tank but not to buy a pig in a poke”), il numero uno del Consiglio Ue ha però ribadito che Bruxelles non è disposta a firmare un accordo a qualsiasi costo.
Secondo Johnson invece il Regno Unito e l’Ue hanno “ottime possibilità” di raggiungere un accordo di libero scambio post Brexit entro la scadenza della transizione di fine anno, ma “a patto” che entrambe le parti si “concentrino ora davvero” sul negoziato, “vadano avanti e facciano quello che c’è da fare”, ha detto ha detto il premier britannico. Secondo un portavoce di Downing Street il termine possibile per arrivare a una svolta sarebbe “la fine dell’estate”. Il problema è che se da una parte Londra ribadisce la volontà di trovare un’intesa, dall’altra non apre nessuno spiraglio sul suo no all’allineamento normativo del cosiddetto ‘level playing field’ o sulla pesca; e avverte che il Regno sarà “pronto a recuperare il controllo delle sue leggi, dei suoi confini e del suo denaro, qualsiasi cosa succeda”, alla scadenza del periodo di transizione. Che lo psicodramma Brexit ricominci.