Frena, almeno in Asia, lo tsunami provocato dalla Brexit. Perde ancora colpi la sterlina sui mercati asiatici (-2,2% rispetto allo yen) ma, grazie all’intervento delle banche centrali, sia la discesa della valuta britannica (1,3377 ai minimi da 31 anni) che dell’euro (-1,1%) sono per ora sotto controllo. Recupera la Borsa di Tokyo (+1,9%) dopo il tracollo di venerdì (-7,9%), in attesa di misure per frenare la corsa dello yen. Limitate le reazioni delle piazze cinesi e del resto dell’Asia.
Ancora in forte crescita l’oro, a quota 1,324,69 dollari l’oncia (+0,7%). Ma i riflettori sono già puntati sull’apertura di Londra: i futures segnalano nuovi diffusi ribassi sia alla City (-170 punti a 5. 967 punti) che sulle altre piazze europee. Tira aria grama anche per Wall Street. La seduta di oggi, spiegano gli esperti, sarà dominata dalle vendite dei trading automatici, che rivedranno le posizioni alla luce dei ribassi di venerdì.
SPAGNA, RESTA L’INCERTEZZA. I BIG D’EUROPA A CONSULTO SULLA BREXIT
A complicare il quadro contribuisce anche il puzzle spagnolo. Le elezioni non hanno sciolto il nodo della governabilità. Avanza, ma non abbastanza, il Partito Popolare (33%), davanti ai socialisti (22,7%) che hanno però evitato il sorpasso di Podemos (21,1%): l’onda populista non ha sfondato.
Si riparte dopo un venerdì da incubo, in cui sui listini sono andati in fumo 2.100 miliardi di dollari di valore di Borsa. Si riparte, ma in realtà nessuno ha staccato la spina nel weekend. Non lo hanno fatto i banchieri centrali, i ministri finanziari e i vertici del Fondo Monetario, in costante contatto per garantire le riserve di liquidità necessarie per evitare che la crisi degeneri in recessione. Intanto, dalla politica arrivano segnali contrastanti. Oggi Italia, Francia e Germania dovranno elaborare una linea comune nei confronti della Gran Bretagna. Intanto a Londra David Cameron prende tempo sulla Brexit, ma sale la rabbia della Scozia che minaccia il potere di veto sulla decisione.
FINANZA, GIÀ IN CORSO IL GRANDE TRASLOCO DALLA CITY
Le tensioni si scaricano soprattutto sul comparto bancario. A Londra si fanno i preparativi per un trasloco collettivo dalla City che potrebbe scatenare un drammatico effetto domino: buona parte della comunità bancaria più forte del mondo si è infatti ritrovata all’improvviso senza passaporto finanziario. A Milano dalle grandi banche sono partite migliaia di e-mail a correntisti e risparmiatori per raccomandare prudenza e sconsigliare vendite affrettate. Ma c’è anche chi, come Banca Mediolanum, ha presentato l’attuale emergenza come un’opportunità d’acquisto da cogliere senza esitazioni, a fronte della paura che regna tra gli operatori.
BANCHE ITALIANE OGGI IN TRINCEA: PESA IL VINCOLO DEL BAIL IN
La tenuta del sistema bancario italiano è infatti una delle partite-chiave di questi giorni. Venerdì Unicredit è sprofondata del 23,7%, poco meglio hanno fatto Intesa (-22,9%) e Mediobanca (-21%). Monte Paschi ha accusato un calo del 16% mentre, fra le banche popolari, i ribassi sono stati compresi fra il -24% di Pop.Emilia e il -20% di Ubi. Lo shock ha investito anche il resto del comparto europeo, ma l’impatto su Piazza Affari è stato aggravato dalle perdite precedenti: da inizio anni Unicredit e Monte Paschi hanno lasciato sul terreno il 70%, Intesa, il titolo più solido, il 40%. La crisi del comparto bancario è la prima causa della discesa di Pizza Affari: -12,4% venerdì, la peggior discesa in una sola giornata da quando esiste l’indice Ftse Mib (anno 1998). Da inizio anno la performance è -26%.
Sulle banche, insomma, si scarica la sfiducia sul sistema Italia, gravato da un debito pubblico che non è calato (anzi è ancora in marginale ascesa) nonostante anni di tassi in calo, gli interventi della Bce (ogni mese 10 miliardi di acquisti di Btp) e il contributo dei prestiti Ltro. L’azione di Mario Draghi ha impedito un assalto in pieno regola al debito pubblico (come nel 2011/12) ma nulla può di fronte ad incagli e sofferenze (200 miliardi) che pesano sugli istituti del Paese, finora restii a cedere i non performing loans.
Non è da escludere, secondo Francesco Giavazzi, un intervento di sistema, da concordare con l’Unione Europea magari attraverso l’intervento del fondo Salva Stati. Ben diversa l’opinione di Carlo Messina, ad di Intesa: il sistema è solido, ma frenato da “regole stupide” che ostacolano, ad esempio, la garanzia unica sui depositi, necessaria per frenare le tensioni speculative sul settore. Una partita più politica che tecnica cui è chiamato il ministro Pier Carlo Padoan.
PREVISIONI AL RIBASSO PER LE MATERIE PRIME, BENE I CORPORATE BOND
Intanto fioccano le previsioni più negative sulla seconda parte del 2016. Il Crédit Suisse ha rivisto al ribasso i target 2016 per la Borsa inglese (-6,5%) l’Eurozona (-14%) e gli Usa (-7,5%). Per Morgan Stanley la Borsa inglese perderà il 19%, i listini europei il 14% con punte assai più elevate per i titoli finanziari (ma si salverà il settore salute).
Pessime le prospettive per le commodities, a partire dal petrolio, già in calo venerdì (Brent -5% a 48,2 dollari al baril). Secondo Jeff Kleintop, chief global investment strategist di Charles Schwab, la conseguenza sarà un forte rialzo del dollaro parallelo al calo delle materie prime. Di conseguenza, si svaluterà lo yuan su cui peseranno anche i minori acquisti di beni cinesi dell’Europa. Anche la Cina, insomma, contribuirà ad appesantire il quadro.
Gli operatori scommettono sul rialzo dello yen, più che mai il porto sicuro per eccellenza, e sul calo dell’euro sul dollaro (1,05 a fine anno secondo Deutsche Bank). Il Crédit Suisse non ha dubbi: i titoli del debito giapponese e i Bund tedeschi sono destinati a scendere ancor di più in terreno negativo “fino a livelli finora inesplorati”.
In questa situazione, si legge in un report di Morgan Stanley, vanno considerati con grande attenzione i corporate bond: dopo un ribasso iniziale, è la tesi, il mercato apprezzerà lo scudo garantito dalla Bce.
OCCASIONI D’ACQUISTO: PER EXANE BRILLA IL LUSSO
Ma non mancano gli ottimisti che invitano a valutare, anche a Piazza Affari, le opportunità di acquisto dopo la grande discesa. È il parere di Exane, ad esempio. Il broker francese ritiene che il panic selling dovrebbe portare a un discesa delle Borse europee di circa il 15% a giudicare dai precedenti degli ultimi dieci anni (crack di Lehman Brothers, la svalutazione dello yuan e primo salvataggio della Grecia). Buona parte della correzione di breve periodo, dunque, è già alle spalle: ci saranno ancora ribassi, ma non cadute rovinose. Ian Richards, lo strategist che firma il report insieme ad altri cinque analisti, segnala che non siamo davanti ad una crisi sistemica di natura finanziaria, come quella di Lehman Brothers.
Inoltre, ci sono le banche centrali, pronte a tutto pur di evitare tracolli dei mercati. Con molta cautela, e magari dopo aver lasciato trascorrere una settimana, si potrà tornare a investire in Borsa con un’avvertenza: evitare del tutto le banche, a partire da quelle italiane. Da evitare anche le compagnie assicurative e le società finanziarie. Meglio girare al largo da tutte le aziende legate al ciclo economico, tra cui quelle dell’automotive. Via libera invece all’investimento nelle utility regolate, nel Lusso, nelle società dell’alimentazione ed in quelle esposte agli Stati Uniti.
Perciò Exane consiglia di guardare, senza fretta, a Atlantia, Luxottica, Ferragamo, Tod’s e Moncler. Le società italiane del Lusso sono aiutate dall’euro debole. Un occhio di riguardo anche per Snam e Terna favorite dagli acquisti della Bce sul mercato delle obbligazioni emesse da società private.
STRESS TEST SULLE BANCHE USA. RCS, ULTIMA PAROLA PER CAIRO
Di fronte alla situazione eccezionale perdono peso alcuni appuntamenti, pur rilevanti. Tra questi il prossimo esito degli stress test della Fed sulle banche americane e sulle filiali Usa delle banche europee. Per quanto riguarda Piazza Affari, continua la gara per Rcs (-2,9% venerdì, sensibilmente meglio del resto del listino). La cordata composta dalla Investindustrial di Andrea Bonomi, Diego Della Valle, Mediobanca, Pirelli e UnipolSai ha alzato l’asticella dell’Opa da 0,70 euro per azione a 0,80 euro. Ora Cairo Communications avrà tempo fino a venerdì prossimo per un nuovo rilancio.