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Brexit e made in Italy, ecco chi rischia di più

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Brexit, quali sono i rischi per le imprese italiane in caso di barriere tariffarie o difficoltà di sdoganamento? Innanzitutto, una cosa va messa in chiaro: tra i grandi paesi Ue, l’Italia è tra i meno esposti a Londra, sia sul piano commerciale che su quello degli investimenti. Dal punto di vista degli scambi di beni, secondo i dati ICE il Regno Unito pesa infatti per poco più del 5% sull’export italiano, mentre raggiunge il 7% per Francia e Germania, e supera quota 10% per Olanda e Irlanda. Stando ai dati del 2017, l’Italia è il settimo Paese per volumi dal quale Londra importa, mentre rappresenta solo il decimo mercato di sbocco per le esportazioni britanniche.

Questo però non significa che l’Uk non sia un mercato interessante, per un semplice motivo: l’Italia, che è il quinto Paese al mondo per avanzo commerciale (nel 2020 secondo alcune stime sfiorerà i 100 miliardi di euro), vanta un surplus consistente proprio con la Gran Bretagna, pari a oltre 11 miliardi l’anno, con le esportazioni che nel 2017 hanno raggiunto un valore pari a oltre 23,1 miliardi di euro, in aumento rispetto all’anno precedente di quasi 1 miliardo.

BREXIT E L’EXPORT: L’ALIMENTARE

Tra i settori più esposti, c’è quello dell’agroalimentare: il Regno Unito rappresenta il quarto mercato di sbocco per le esportazioni agroalimentari made in Italy complessive, e il terzo all’interno dei confini comunitari. L’export di cibo e bevande made in Italy verso il Regno Unito, secondo l’Ufficio Studi Cia, vale più di 3,3 miliardi di euro, e circa un quarto del totale dei prodotti italiani venduti Oltremanica (24% per un fatturato superiore a 810 milioni di euro) è rappresentato dal vino. Ogni 100 bottiglie made in Italy vendute nel mondo, ben 14 finiscono sulle tavole britanniche. Secondo dati della Coldiretti, 1 bottiglia su 2 esportate in Uk riguarda il prosecco. Le vendite di Prosecco Dop nel 2018 in Gran Bretagna secondo l’associazione sono vicine ai 350 milioni di euro.

Di assoluto rilievo anche il nostro export verso Londra di ortofrutta trasformata (13%) e ortofrutta fresca (4%), così come dei prodotti da forno e farinacei (11%). Da notare anche che, nonostante il referendum sulla Brexit sia datato 2016, anche nel 2017 le esportazioni verso Londra e dintorno sono continuate a crescere, del 3%. Ad andare per la maggiore sono stati cioccolato e confetteria (+14%), prodotti caseari (+10%) e appunto il vino, che ha registrato un ulteriore +6% confermando l’Uk come mercato a dir poco strategico.

Secondo Confagricoltura il valore dell’export agroalimentare vale anche di più, 3,5 miliardi, ed è composto per quasi un terzo da prodotti a indicazioni geografica e di qualità. Un mancato accordo sulla Brexit avrebbe conseguenze drammatiche soprattutto per alcune regioni come la Campania (dove le esportazioni alimentari verso il Regno Unito pesano per il 12,5% sulla formazione del valore aggiunto agroalimentare), ma anche il Veneto e il Piemonte (dove tale incidenza vale rispettivamente l’11% e il 7,4%).

BREXIT E L’EXPORT: LE AUTOMOBILI

Non c’è però solo l’agroalimentare ad essere a rischio. Sull’asse Italia-Regno Unito si esportano anche molte automobili: nei primi nove mesi del 2018 abbiamo esportato per un miliardo e importato per 1,2 miliardi di euro, entrambi i dati in calo di circa l’8-10% rispetto allo stesso periodo del 2018. Quello automobilistico è peraltro, insieme al comparto dei prodotti chimici, l’unico mercato in cui la bilancia commerciale pende a sfavore dell’Italia: nel caso delle quattro ruote, il deficit è stato nei primi nove mesi del 2018 pari a quasi 160 milioni, in aumento rispetto ai 141 milioni dell’anno prima.

BREXIT E L’EXPORT: LA MODA

Contribuisce invece cospicuamente all’avanzo commerciale italiano il settore moda e abbigliamento, che continua a crescere anche nel 2018, arrivando nei primi mesi a sfiorare il miliardo di euro di prodotti esportati in Gran Bretagna, in aumento dal 2017 nonostante tutte le perplessità legate alla Brexit. Sono cresciute ancora di più però le importazioni, di quasi il 50%, a oltre 200 milioni di euro.

Un altro mercato che potrebbe soffrire di un mancato accordo di uscita del Regno Unito dall’Europa è quello dei mobili, con il design made in Italy che ha sì rallentato nel 2018 (-4%) ma che vale 658 milioni di euro di export e praticamente altrettanto sulla bilancia commerciale. Il comparto che più è andato in crisi già lo scorso anno è quello dei farmaci: ha perso il 18% dell’export, dal miliardo dei primi 9 mesi del 2017 agli 810 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso (ultimo valore disponibile).

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Categories: Economia e Imprese