Se Londra e Bruxelles non troveranno un accordo su Brexit, in Italia aumenterà dello 0,5% il numero delle imprese commerciali insolventi. Il calcolo è di Atradius, multinazionale attiva proprio nell’assicurazione del credito commerciale e del recupero crediti.
Secondo il report, a pagare il conto più salato in caso di no deal Brexit sarebbe naturalmente il Regno Unito, che vedrebbe le insolvenze crescere del 14% nel biennio 2019-2020.
Fra i partner commerciali della Gran Bretagna, i mercati più esposti sarebbero quelli più attivi dal punto di vista commerciale con Londra.
Non a caso, stando ai calcoli di Atradius, il Paese più colpito da una Brexit incontrollata sarebbe l’Irlanda, per la quale si stima una crescita delle insolvenze commerciali pari al 4%. Per Dublino i danni sarebbero concentrati soprattutto sul settore manifatturiero, dove il 44% del valore aggiunto complessivo proviene dalle esportazioni nel Regno Unito.
Seguono a pari merito con un +1,5% Olanda, Belgio e Danimarca. In, questo caso i settori più colpiti sarebbero tessile, chimico, e di produzione di macchinari per la movimentazione merci, “in quanto caratterizzati, in tutti e tre i Paesi, da un significativo export verso il Regno Unito”, si legge nell’analisi.
La posizione successiva della classifica è occupata invece da Germania, Spagna e Portogallo, dove le insolvenze aumenterebbero dell’1%.
L’incremento scende alla stessa quota dell’Italia (+0,5%) per Francia e Austria, mentre sarebbe ancora inferiore per Finlandia, Grecia, Svezia e per tutti gli altri Paesi dell’Unione europea.
In generale, secondo Atradius, una no-deal Brexit avrebbe impatti negativi sui settori che hanno catene di approvvigionamento particolarmente integrate tra il Regno Unito e il resto dell’Unione europea, come il settore manifatturiero, molto reattivo ad un incremento delle barriere commerciali, dell’automotive, food & beverage, prodotti chimici e servizi.
“In uno scenario di mancato accordo sulla Brexit – commenta Massimo Mancini country manager di Atradius per l’Italia – prevediamo che l’impatto sulle insolvenze in Europa possa essere localizzato e settoriale. La dinamica positiva dei flussi commerciali tra Italia e Regno Unito suggerisce alle nostre aziende di proteggere il proprio business soprattutto in quei settori trainanti dell’export quali macchinari, autoveicoli, agroalimentare e chimico, che sono anche quelli più esposti alle possibili ricadute negative di un’uscita a seguito di mancato accordo”.