La notizia delle dimissioni di Sajid Javid, il cancelliere dello scacchiere britannico, ha fatto in pochi minuti il giro del mondo. Sia per l’importanza del ruolo che ricopriva – era il responsabile della politica economico-finanziaria del Regno Unito – sia per le implicazioni che il suo addio avrà sulla politica economica di Londra e sui negoziati per la Brexit.
Javid, sostengono all’unisono i media britannici, è stato spinto a lasciare il suo incarico a causa delle fortissime pressioni che il premier Boris Johnson e il potentissimo Dominic Cummings, capo consigliere speciale del Primo Ministro, hanno esercitato su di lui. Già sostituito da un altro fedelissimo di Johnson, Rishi Sunak, per restare al suo posto l’ormai ex cancelliere avrebbe dovuto licenziare in tronco i suoi consiglieri speciali, sostituendoli con uomini di fiducia di Downing Street. Un commissariamento in piena regola attuato allo scopo di dare al Governo conservatore – che ormai gode di una maggioranza nettissima in Parlamento – il totale controllo sulla politica economica del Regno Unito, lasciandogli mano libera sulle misure da attuare in vista della Brexit. “Nessun ministro con un minimo di rispetto di sé avrebbe accettato”, ha sottolineato una fonte vicina a Javid subito dopo l’annuncio.
Alla base dello scontro non c’è dunque il mini rimpasto di Governo deciso dal Primo Ministro, ma una visione opposta su quella che dovrà essere la gestione della spesa pubblica britannica per far fronte al divorzio con l’Unione Europa dal prossimo 31 dicembre. Cummings e Johnson vogliono che Londra diventi “la Singapore del Tamigi” grazie a un piano di bilancio fatto di poche tasse, molti finanziamenti e un sostanziale ammorbidimento delle restrizioni normative. Un progetto da attuare anche in deficit, nel caso in cui ce ne fosse bisogno, e in barba a qualsiasi raccomandazione di Bruxelles. Javid, al contrario, si è sempre fatto promotore di una politica economica molto più prudente.
Determinante a questo punto sarà la posizione del nuovo cancelliere dello scacchiere. Sunak dovrà decidere se attenersi all’approccio finanziario oculato portato avanti fino ad oggi dal Tesoro o se “attivare i rubinetti di spesa”, attuando una politica di stimoli finanziari molto più aggressiva. I giornali inglesi scommettono sulla seconda opzione anche perché il modo in cui è arrivato al Tesoro ha fatto sorgere oltremanica molti dubbi sulla sua reale libertà di movimento.
Da oggi “Sarà molto più difficile tenere sotto controllo gli aumenti della spesa: più prestiti e più spesa sono diventati molto più probabili”, hanno spiegato al Financial Times alcuni analisti. Sulla stessa linea anche i mercati che sembrano scommettere sull’arrivo nel Regno Unito di “manovre in pieno stile Trump”, continua il giornale britannico.
Bisogna inoltre tenere in considerazione altri due aspetti più generali, ma legati a doppio filo con la Brexit. Con le dimissioni di Javid e l’arrivo di Sunak le quattro cariche di Governo più importanti sono ormai occupate da Brexiters duri e puri. Un segnale che non piace per niente a Bruxelles in vista dei negoziati sui futuri accordi commerciali tra Regno Unito ed Unione Europea che partiranno a marzo.
I progetti di spesa di Johnson inoltre potrebbero far morire sul nascere qualsiasi tentativo di intesa tra le due parti. L’Ue d’altronde è sempre stata chiara. Per arrivare ad un accordo, la Gran Bretagna dovrà rispettare condizioni stringenti, evitando di garantire alle sue società regole impossibili da rispettare per le aziende comunitarie che ignorino le norme sulla concorrenza in vigore al di qua della Manica. Le prospettive non sono incoraggianti.