Per gli oltre 700 mila italiani residenti in Inghilterra si profila un esodo in massa verso l’Italia per votare alle prossime e imminenti elezioni europee. Perchè privati della possibilità di poter votare lì. La loro colpa? Nessuna. E’ un’altra delle conseguenze – sinora passata praticamente sotto silenzio – della Brexit, hard o soft che sia.
Una premessa. Per le elezioni europee non vale il voto per corrispondenza: gli elettori italiani aventi diritto e residenti nei Paesi dell’Unine europea sia stabilmente che per motivi di lavoro o di studio possono sì votare, ma recandosi alle apposite sezioni elettorali istituite sul posto dalla rete diplomatico-consolare italiana.
Ed ecco il punto. Con il referendum nel 2016 la Gran Bretagna ha deciso l’uscita dall’Unione europea e dunque: se non ci sarà alcun slittamento rispetto al termine del 29 marzo, al momento delle elezioni europee fissate tra il 23 e il 26 maggio la Gran Bretagna di fatto è paese extra-comunitario.
E questo comporta che per la prima volta dal 1979 al voto continentale non parteciperà il Regno Unito proprio come conseguenza di quel referendum. E automaticamente, i nostri concittadini residenti oltre Manica non potranno votare – visto che l’Inghilterra non sarà coinvolta nelle elezioni – a meno di non intraprendere un viaggio alla volta della nostra Penisola.
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Per ovviare a questa situazione – che potrebbe incidere anche negativamente, scoraggiando i nostri connazionali a votare – è possibile – hanno chiesto tre deputati del Pd, Massimo Ungaro, Angela Schirò e Nicola Carè, rivolgendosi al ministro degli Esteri con una interrogazione – “adottare iniziative per prevedere forme transitorie di allestimento dei seggi elettorali” in quel paese per “permettere e favorire la partecipazione al voto degli italiani residenti in Gran Bretagna”?
C’è da aggiungere che con l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue verranno redistribuiti 27 seggi e sebbene il totale dei parlamentari europei scenderà – in base a una decisione del consiglio europeo del 28 giugno scorso – dagli attuali 751 a 705, il numero degli italiani da eleggere al Parlamento europeo passerà da 73 a 76, dunque 3 in più. E quindi il voto dei nostri connazionali all’estero acquista un peso maggiore.
Ma al momento non si profila all’orizzonte una soluzione al problema dei nostri concittadini in Inghilterra. Lo ammette il governo, nella veste del sottosegretario per gli affari esteri Riccardo Antonio Merlo: “Gli elettori italiani residenti nei paesi extra Unione europea possono attualmente votare esclusivamente in Italia. Non sono previste – dice Merlo rispondendo alla interrogazione dei tre parlamentari del Pd – in base alla normativa vigente, iniziative per adottare forme transitorie di allestimento di seggi elettorali per i paesi non Unione europea, quali a breve la Gran Bretagna. Ma – aggiunge – la Farnesina è ovviamente a disposizione per implementare eventuali modifiche normative alla legge in vigore, in base alle decisioni che vorranno essere assunte in sede parlamentare”.
Ma è difficile immaginare che da qui a maggio il Parlamento riesca a varare una norma che consenta ai nostri concittadini in Gran Bretagna di votare in loco. E’ quanto succede anche agli italiani residenti in Svizzera: sono quasi 300 mila e anche per loro vale- e non da ora- la regola che, se vogliono votare per le europee, devono venire in Italia. E sinora non c’è stato alcun intervento normativo nostrano per modificare la loro situazione. E se poi, invece, la Brexit venisse prorogata di qualche mese, oltre le elezioni europee, e l’Inghilterra quindi partecipasse alle votazioni salvo poi uscire successivamente dalla Ue? Questo è un altro capitolo, non meno complicato.