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Brexit: battaglia su legge anti no-deal ed elezioni anticipate

Imagoeconomica

Quella che si apre oggi in Gran Bretagna è una settimana decisiva per la Brexit. Al centro dello scontro fra il premier conservatore, Boris Johnson, e le opposizioni c’è la legge anti no-deal varata venerdì scorso dal Parlamento. Se Londra e Bruxelles non raggiungeranno un nuovo accordo entro il 19 ottobre (ipotesi più che probabile), il provvedimento imporrà al Primo ministro di chiedere all’Europa un nuovo rinvio di tre mesi per l’addio del Regno Unito all’Unione, spostando la data ufficiale del divorzio dal 31 ottobre al 31 gennaio 2020.

L’obiettivo è naturalmente impedire la cosiddetta Hard Brexit, ossia l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue senza un accordo che attutisca il colpo. Da un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo è emerso infatti che una Brexit incontrollata costerebbe ai britannici 16,6 miliardi di sterline solo in mancate esportazioni verso l’Ue.

Johnson però non ci sta e continua a insistere sulla necessità di uscire dall’Unione il 31 ottobre, con o senza accordo, costi quello che costi. Pur di raggiungere questo obiettivo, il Premier sta compromettendo anche la coesione del suo stesso partito: una ventina di deputati conservatori contrari alla no deal Brexit (fra cui anche suo fratello Jo) lo ha già abbandonato, privandolo della maggioranza parlamentare.

La giornata di oggi si apre con il via libera definitivo da parte della Regina alla legge anti no-deal. Nelle stesse ore, Johnson metterà ai voti a Westminster una nuova mozione per chiedere elezioni anticipate il 15 ottobre, dopo aver fallito un tentativo analogo la scorsa settimana.

Il piano è evidente: formare una nuova maggioranza per avere la forza di abrogare la legge anti no-deal. Se davvero si tornasse alle urne sarebbe proprio questo l’esito più probabile, considerando che gli ultimi sondaggi danno il Partito Conservatore al 35%, addirittura 14 punti percentuali sopra i Laburisti di Jeremy Corbyn.

Il tutto avviene a poche ore dalla chiusura del Parlamento britannico per la cosiddetta Prorogation, sospensione lunga 5 settimane chiesta e ottenuta da Johnson. Westminster riaprirà i battenti il prossimo 14 ottobre, due settimane prima della scadenza sulla Brexit.

Intanto, alle prese con la formazione della nuova Commissione europea, gli organismi comunitari non prendono posizione sul caos che regna a Londra. Si è espresso invece il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, che ha respinto l’ipotesi di un nuovo rinvio per la Brexit.

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