La geopolitica torna di peso all’interno delle preoccupazioni degli investitori. Se le elezioni Usa, qualunque sia l’esito, non muoveranno granché delle decisioni delle mani forti degli investitori mondiali, le dinamiche geopolitiche globali stanno creando un contesto di incertezza dove le vere minacce spesso non sono quelle su cui i mercati corrono a vendere. E’ stato così per la bomba all’idrogeno del Nord Corea, che ha pesato sui listini. E’ stato così per la crisi cinese, su cui gli investitori hanno reagito in maniera esagerata.
Lo ha spiegato Ian Bremmer, fondatore del think tank Eurasia e politologo di fama internazionale che ha creato il primo indice sul rischio globale di Wall Street (GPRI). Bremmer ha parlato oggi con la stampa in occasione dell’incontro annuale della Società di gestione del risparmio Kairos in programma questa sera a Milano di cui il politologo è ospite d’onore.
“In queste circostanze il mercato vende, tu compri. Non sono questi i veri fronti geopolitici per i mercati, chi conosce la situazione compra – ha detto Bremmer – Per la Borsa ora il rischio più urgente arriva dalla situazione europea. L’instabilità che viene dal Medio Oriente in Europa non si può comprare sui mercati. Nel più lungo termine il problema è invece il mondo G-Zero”. L’espressione, coniata dallo stesso Bremmer e da David F.Gordon, si riferisce al vuoto di potere emergente nella politica internazionale causato dal declino dell’influenza occidentale e dal focus domestico dei Governi dei Paesi in via di sviluppo (il tema è trattato da Bremmer nel suo libro del 2012 Every Nation for Itself: Winners and Losers in a G-Zero World, Portfolio). Una situazione in cui il rischio geopolitico si alza molto.
Per Bremmer ci sono infatti ragioni strutturali per la situazione geopolitica a cui stiamo assistendo, dalle crisi in Medio Oriente a quella dei rifugiati. In primo luogo sotto i riflettori c’è la crisi di identità che stanno attraversando sia gli Usa sia l’Europa. “Non dico che c’è una minaccia all’Europa o all’Euro come istituzioni ma come idea, l’Europa non è più qualcosa per cui le persone lotterebbero”, ha detto Bremmer sottolineando che il problema è che ci sono grandi rischi, non molto probabili ma possibili. E sono molti: dalla Brexit, che Bremmer non ritiene probabile ma possibile, alla Grexit, la cui probabilità invece sta crescendo, anche se creerà meno danni economici perché nel frattempo Paesi e banche hanno alzato le difese, fino alla crescita dei populismi, per quanto Bremmer non ritenga possibile che i partiti estremisti possano andare al Governo nei tre maggiori Paesi europei (Francia, Uk, e Germania).
Bremmer non ha poi voluto sbilanciarsi sull’Italia commentando però che il nostro Paese ha una delle migliori traiettorie di politiche riformatrici e questo porterà benefici.
Due sono le cose che preoccupano di più il politologo sul fronte europeo, perché sono strutturali: Schengen, (se venisse sospeso costerebbe sia economicamente sia politicamente); l’abilità dell’Europa di reagire alla prossima crisi. “Ho paura che l’Europa, come anche gli Usa – ha detto – non sia più in grado di rispondere come hanno fatto l’ultima volta sulla crisi greca o gli eventi di Parigi”. Per colpa proprio dell’assenza di leadership. “Le istituzioni europee non moriranno – ha detto – ma non saranno più forti, non ci ispireranno più, perderanno di significato”, ha detto rispondendo a una domanda di FIRSTonline.
Al contrario la Cina, sa bene per cosa “stand for”: il suo interesse economico. La Cina e l’Asia nel complesso, ha spiegato Bremmer, sono meno toccate da questa instabilità geopolitica e hanno forti leader, il che permette di agire in modo strategico senza giocare la carta dei populismi, il che è una buona notizia. “Tutte le preoccupazioni del mercato sulla Cina – ha precisato Bremmer – sono reali ma non per quest’anno, sono più a lungo termine. Il mercato ha reagito in maniera esagerata alla crisi cinese per motivi economici non politici ma quello cinese è un mercato politico”.