Continua a rinforzarsi l’asse Brasile-Cina, persino in maniera ambigua e non del tutto trasparente. Lo confermano due notizie recenti: il Paese sudamericano, primo esportatore globale di caffè, negli ultimi 12 mesi ha triplicato l’export verso Pechino, superando il milione di sacchi e più che decuplicando il dato del 2017; ma soprattutto le imprese del Dragone hanno deciso di investire sempre di più in Brasile, al punto che una di loro, la Brasil CRT, è arrivata ad annunciare un investimento pari all’intero Pil 2022 di Brasilia. Il Brasile è già il primo partner commerciale del gigante asiatico nel mondo, ma l’intenzione da parte di Brasil CRT di spendere addirittura 9 trilioni di reais, pari a quasi 2.000 miliardi di euro, ha destato più di un sospetto, spingendo la magistratura brasiliana ad aprire un fascicolo per vederci chiaro. Anche perché lo stesso consolato cinese, appena uscita la notizia, ha precisato che Pechino non ha alcun legame con l’impresa e che anzi nemmeno gli stessi diplomatici nel Paese sudamericano ne erano a conoscenza: “Ci sono motivi per credere che sia una truffa”, recitava il comunicato ufficiale.
Brasil CRT, progetto incredibile
L’impresa Brasil CRT, attiva da anni in Brasile con sede a Belo Horizonte, ha in effetti proposto un progetto ai limiti del credibile, soprattutto per investimenti e tempistiche: vorrebbe costruire ex novo nel Nord del Brasile, nello Stato di Paraiba, una nuova Dubai, una città futuristica in grado di ospitare 3 milioni di abitanti, più del triplo di quelli attualmente residenti a Joao Pessoa, la capitale di Paraiba. Il tutto in “soli” 5 anni (3 anni per intanto completare il porto) e con “soli” 9.000 miliardi di reais, una cifra che quasi pareggia il prodotto interno lordo di tutto il Brasile, tra le prime dieci economie al mondo. La località esatta dove sorgerà “la città più moderna del continente americano”, secondo quanto promesso dal gruppo cinese, si chiama Mataraca, che oggi di abitanti ne ha meno di 10 mila. I dubbi però sono tanti, ad incominciare dalla disponibilità finanziaria: Brasil CRT dichiara un capitale sociale equivalente a circa 150 miliardi di euro, che è il quadruplo di quanto fa risultare Petrobras, la più grande impresa brasiliana e tra i maggiori gruppi petroliferi al mondo.
Mentre la stampa brasiliana si interroga sulla provenienza del denaro e sull’affidabilità di un’impresa che non sembra avere l’avallo diretto di Pechino, le perplessità sono anche ambientali: Mataraca infatti, dove CRT vorrebbe costruire un grande porto, non è nemmeno sul mare ma ad una decina di chilometri di distanza, per cui andrebbero fatte opere di enorme impatto sul territorio. Il CEO di Brasil CRT è Jianing Chen, che gestisce il gruppo insieme al figlio Ruotian Chen, il quale parlando alla stampa locale ha legato il progetto a quello, più ampio, della “Nuova Via della Seta”, la cosiddetta Belt and Road Initiative, dalla quale l’Italia si è recentemente sottratta e alla quale il governo brasiliano non ha mai formalmente aderito, pur intensificando – di fatto – i legami con Pechino negli ultimi anni. La Cina utilizza iniziative come queste per espandere la sua sfera di influenza nel mondo, ma stavolta né la stampa, né la politica, né l’opinione pubblica brasiliane si stanno fidando ciecamente: per ora, come operazione-trasparenza CRT si è limitata ad aprire un profilo Facebook per rispondere ai dubbi degli utenti.