Segnali sconfortanti in arrivo dal Brasile. Il gigante verdeoro, che negli ultimi anni si era affermato come un vero e proprio Eldorado per gli imprenditori, comincia a mostrare sintomi sempre piú forti di un indebolimento generale della propria economia.
In settimana infatti la Banca Centrale ha ridotto ulteriormente le stime di crescita del Prodotto interno lordo, ora scese ad un +1,9%. Un taglio effettuato anche dal Fondo Monetario Internazionale che prevede un +2,5% per il 2012. Anche il governo brasiliano, dopo l’ottimismo mostrato ad inizio anno (+4,5%), probabilmente nei prossimi giorni sará costretto a ridurre le stime al 3% o addirittura al 2,7%.
A pesare è senza dubbio la congiuntura internazionale negativa, con segnali preoccupanti in arrivo dall’Europa, ma il calo di fiducia si deve anche ad una situazione interna poco confortante. L’Istituto brasiliano di Geografia e Statistica (IBGE) ha infatti pubblicato in settimana i dati relativi alla produzione industriale: a maggio di quest’anno era identica a quella di agosto 2007.
In un anno la produzione è calata del 4,3%: a nulla sembrano valse le misure del governo di Dilma Rousseff per stimolare il consumo interno di beni durevoli. La produzione ha subito un crollo in molti settori: cellulari (-37%), automobili (-5,3%) e motociclette (-16,8%) solo per citare i cali piú evidenti.
Dati che si riflettono anche sull’ottimismo mostrato dagli imprenditori brasiliani: se ad inizio dell’anno, l’86% di loro si dichiarava fiducioso verso il 2012, oggi questa percentuale è scesa al 61%. Un crollo che colloca il Brasile all’ottava posizione del ranking mondiale sull’ottimismo delle imprese contenuto nell’International Business Report 2012 stilato dal Grant Thornton International.
Nonostante l’enorme potenziale infatti, il Brasile convive con problemi strutturali che ne minano la capacità di crescita: mancanza di mano d’opera qualificata e salari che crescono ad un ritmo superiore alla produzione, grande carenza di infrastrutture (porti, strade e aeroporti) ed un cuneo fiscale che ricade pesantemente sulle imprese.
Nel frattempo la presidente Dilma, partecipando alla Conferenza dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti, ha provato nei giorni scorsi a gettare acqua sul fuoco: “Un grande Paese deve essere misurata per quello che fa per bambini e adolescenti. Non è il Pil, ma la capacità del Paese, del governo e della società di proteggere quello che è il suo presente e il suo futuro”.