E’ un periodo fortunato per le Borse sudamericane. Mentre l’indice Merval di Buenos Aires prosegue il suo rally (+22% negli ultimi 30 giorni), a dispetto di un’inflazione che parallelamente sta distruggendo l’economia reale e il potere d’acquisto delle famiglie, nel primo semestre di quest’anno è da segnalare anche l’exploit della Borsa della prima economia della regione, ovvero l’indice Bovespa di San Paolo. La Borsa brasiliana ha appena chiuso il suo secondo miglior trimestre dal 2020, con un avanzamento percentuale del 16% tra aprile e giugno (+7,6% da gennaio a giugno), grazie soprattutto alla prospettiva ormai imminente di una riduzione dei tassi d’interesse e al dollaro che ha registrato la sua maggiore diminuzione semestrale dal 2016, perdendo dall’inizio dell’anno ad oggi quasi dieci punti percentuali. Attualmente la valuta Usa si compra con 4,8 reais, il che significa che si sta tornando di fatto ai livelli prepandemici, sebbene il taglio dei tassi non sia ancora di fatto avvenuto, ma i mercati se lo aspettano e anzi il presidente Lula sostiene che la Banca centrale stia tardando la mossa.
Brasile in ripresa: la ricetta Lula comincia a dare i suoi frutti
Lula infatti, rieletto a novembre 2022 per un terzo mandato, ha fretta di passare all’incasso, dimostrando che il Paese sta rapidamente cambiando registro dopo i difficili anni di Bolsonaro. Se il dollaro è in caduta è proprio perché le prospettive sulla crescita economica del Brasile quest’anno sono state riviste al rialzo negli ultimi mesi, attraendo dunque capitale straniero e rafforzando di conseguenza la divisa locale, il real. La ricetta Lula sta già dando i suoi frutti: nel primo trimestre di quest’anno il Pil è salito dell’1,9%, un dato sensibilmente superiore alle previsioni del mercato, ad esempio quella di Bloomberg che era ferma sull’1,3%. Ora anche le previsioni sulla crescita dell’intero 2023 sono state riviste al rialzo intorno al 2,2%, dopo che il 2022 è stato chiuso sul 2,9% ma con prospettive inizialmente più deboli per l’anno in corso.
Soia, grano trainano l’economia del Brasile, inflazione in calo
A sostenere l’economia brasiliana quest’anno è soprattutto l’agrobusiness, grazie all’aumento del prezzo delle materie prime e ai cambiamenti climatici che ad esempio stanno mettendo in difficoltà un altro grande esportatore di commodities come l’Argentina, colpita da una siccità senza precedenti. In Brasile invece la raccolta di soia, grano e altri prodotti è prevista da record e già nel primo trimestre di quest’anno il Pil del settore agroalimentare è salito del 21,6%, record dal 1996.
Il vero miracolo è però quello dell’inflazione. Mentre ad esempio l’Argentina ha toccato il record storico a maggio col +114%, per non parlare del Venezuela, in Brasile l’indice dei prezzi al consumo a maggio è aumentato solo dello 0,5% su base mensile, il dato più basso dal 2021, e del 4,07% su base annua, miglior risultato da ottobre 2020. Entrambi i dati erano previsti più alti e la tendenza deflazionistica va consolidandosi, al punto che le previsioni per l’inflazione nel 2023 sono ora del 5,6%, rispetto al 5,12% divulgato la scorsa settimana.
Il Consiglio Monetario Nazionale ha addirittura fissato l’obiettivo al 3,25% nel 2023 e al 3% nei due anni successivi, per andare incontro alle aspettative del mercato e facilitare il taglio dei tassi, che dovrebbe avvenire già ad agosto, agevolando il credito alle imprese brasiliane. In questo scenario la Borsa di San Paolo continua a salire (solo negli ultimi 30 giorni ha guadagnato quasi il 6%), spinta anche dai riconoscimenti internazionali: recentemente S&P ha confermato il punteggio B per il Brasile, migliorando però l’outlook da stabile a positivo, il che ha dato fiato in particolare ai titoli bancari (Santander, Bradesco, Banco do Brasil, Itaù) e al colosso Petrobras.