Ha vinto per un soffio, Lula. Per poco più di 2 milioni di voti, sul totale di circa 120 milioni di voti espressi dagli elettori brasiliani nel ballottaggio delle elezioni presidenziali: 60,3 milioni (50,9%) per il 77 enne ex sindacalista, già presidente dal 2003 al 2011 e 58,2 milioni (49,1%) per il presidente uscente Jair Bolsonaro, che diventa così il primo nella storia del Brasile a mancare l’appuntamento col secondo mandato. Sarà invece di nuovo il leader del Partito dei Lavoratori a guidare la prima economia del Sudamerica, minata sotto la presidenza Bolsonaro non solo dalla pandemia e dalle tensioni sociali, ma anche da un preoccupante rallentamento della crescita, per non parlare dell’inflazione e della disoccupazione a livelli da record.
BRASILE, IL PRIMO DISCORSO DI LULA DOPO IL VOTO: “LA VITTORIA NON E’ MIA MA DELL’IMMENSA MOBILITAZIONE DEMOCRATICA”
Poco dopo l’esito delle urne, Lula si è presentato sulla Avenida Paulista di San Paolo, atteso da milioni di simpatizzanti in festa: visibilmente provato dall’emozione e con un filo di voce, ha fatto un discorso improntato alla coesione sociale e all’unità nazionale, dopo una stagione di fortissime divisioni: “La vittoria non è mia, ma di una immensa mobilitazione democratica – ha detto Lula -. Non esistono due Brasile, lavorerò per riconciliare il Paese”. Il trionfo di Lula contiene persino un paradosso: ha vinto con il margine più stretto da quando, negli anni ’80, il Brasile è tornato ad essere una democrazia, ma proprio in questa occasione è risultato il presidente più votato di sempre. Superando i 60 milioni di voti ha infatti battuto il suo record del 2006, quando sconfisse Alckmin (che adesso sarà il suo vice) con 58,3 milioni di voti. Ed ha anche scritto una pagina di storia: a 77 anni, dopo averne passati quasi due in carcere per una condanna che poi è stata annullata, è il primo presidente brasiliano ad ottenere il terzo mandato.
BRASILE, LULA ENTRERA’ IN CARICA IL PRIMO GENNAIO 2023
Sull’Avenida Paulista l’ex leader sindacale, che entrerà in carica il 1° gennaio 2023, esattamente 20 anni dopo la prima volta, ha ribadito i capisaldi dell’Agenda Lula: lotta contro le disuguaglianze, contro la fame che è tornata a far paura (in Brasile secondo l’Onu ci sono 33 milioni di persone che non hanno regolarmente accesso al cibo), contro il disboscamento dell’Amazzonia che sotto Bolsonaro è avanzato a livelli spaventosi. L’intervento di Lula è stato anche di ampio respiro internazionale: si è impegnato a riportare il Brasile al centro della comunità occidentale, dalla quale si stava isolando sotto la presidenza sovranista di Bolsonaro. Lula ha parlato di “re-industrializzare il Paese, puntando sull’economia verde e digitale”, parole chiave che in Italia siamo abituati a sentire grazie al Pnrr e alle cosiddette transizioni energetiche e digitali, alle quali il neo presidente brasiliano sembra volersi ispirare, riportando il suo Paese su orizzonti di sviluppo sostenibile e di relazioni internazionali. Non a caso la sua elezione è ben vista anche dai mercati finanziari.
Lula ha poi strizzato l’occhio al mondo religioso, prima ringraziando Dio in apertura di comizio, poi citando Gesù e Papa Francesco, che proprio pochi giorni fa aveva mandato un messaggio al popolo brasiliano per liberarsi dall’odio e dall’intolleranza: in Brasile la Chiesa, soprattutto evangelica, è potentissima, e già in campagna il candidato della sinistra si era giocato la carta religiosa, firmando un impegno a non liberalizzare l’aborto, che nel Paese sudamericano è tuttora un tabù. Così come potrebbe essere un tabù riportare l’armonia nel Paese più grande dell’America Latina: Bolsonaro ha ottenuto oltre il 49% dei voti vincendo in 14 Stati su 27, segno che il bolsonarismo è ormai ben radicato, e si è portato a casa anche i governatori dei due Stati più importanti, San Paolo e Rio de Janeiro, oltre che una folta rappresentanza al Congresso Federale che sarà pronta a sgambettare il governo alle prime occasioni utili. “I brasiliani hanno scelto più democrazia, non meno”, confida Lula.