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Brasile, 10 anni fa il disastroso Mondiale che ha lasciato debiti e opere incompiute

Dieci anni fa esatti si teneva la Coppa del mondo di calcio nel Paese sudamericano, che come spesso accade con i grandi eventi ne è uscito a pezzi: opere mai realizzate, soldi persi per sempre e debiti monstre anche per i club

Brasile, 10 anni fa il disastroso Mondiale che ha lasciato debiti e opere incompiute

Del grande investimento che fu la Coppa del mondo di Brasile 2014, oltre al disastro in campo della Seleçao (sconfitta 1-7 dalla Germania) è rimasto ben poco anche a livello infrastrutturale. Il capitolo di spesa maggiore, infatti, più ancora che per gli stadi fu per gli interventi su mobilità urbana e collegamenti con aeroporti e porti: solo a queste opere, che dovevano rappresentare il valore aggiunto del dopo Mondiale, furono destinati quasi 9 miliardi di reais (non molto meno di 2 miliardi di euro, col cambio attuale).

Infrastrutture Brasile 2014: 13 opere non realizzate

Il risultato è che delle 59 infrastrutture previste, solo 30, la metà, sono state consegnate in tempo, peraltro molte delle quali all’ultimo secondo, mentre 16 sono state realizzate molto dopo (la seconda corsia di un viale di Porto Alegre è stata completata pochi mesi fa) e soprattutto 13 non sono proprio state fatte. Di queste 13, scrive la stampa brasiliana nel fare il bilancio dell’eredità del grande evento, addirittura 6 non saranno mai più realizzate: nonostante i fondi già stanziati, i progetti sono stati stracciati.

Uno dei casi più clamorosi è quello della rete tramviaria di Cuiabà, città che peraltro ospitò solo 4 partite e nessuna di cartello. L’opera, mai realizzata, è costata 1 miliardo di reais, con i treni che erano già stati comprati dalla Polonia. Ma ci sono esempi in altre città, compresa San Paolo, mentre Rio de Janeiro che due anni dopo ospitò anche le Olimpiadi ebbe un destino migliore.

Tutta colpa dell’austerità dei governi

Secondo gli esperti, i ritardi e l’abbandono totale di alcuni progetti sono imputabili all’austerità imposta dai governi di quegli anni, dopo che il Brasile era stato travolto dallo scandalo Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana: non si poteva più sgarrare, e molti politici e imprenditori per non sgarrare hanno pensato bene di lasciar perdere. Poi c’è stata la pandemia Covid, ma rimane il fatto che anche il caso del Brasile dimostra le insidie nell’organizzare eventi di una certa portata: per i conti pubblici, per l’immagine, per le lacune infrastrutturali che non vengono risolte a dispetto delle promesse.

Brasile: la situazione degli stadi mondiali

Anche sugli stadi, peraltro, ci sarebbe da discutere. Costruirli o ammodernarli costò quasi quanto le infrastrutture di cui sopra, ma in quel caso furono coinvolti gli stessi club che poi ne sarebbero rimasti proprietari. E a qualcuno è andata decisamente male, come al leggendario Corinthians, il club di Socrates e della “democrazia corinthiana”, una delle squadre più tifate del Brasile (lo stesso presidente Lula ne è tifoso), che si costruì un impianto nuovo di zecca, oggi chiamato Neo Quimica Arena.

Lo stadio di San Paolo, che ospitò la partita di esordio della Seleçao contro la Croazia (3-1), fu annunciato nel 2010 al costo di 335 milioni di reais, ma finì per costare praticamente il triplo, quasi 1 miliardo di reais. Il risultato è che oggi, secondo una stima di Ernst&Young, il Corinthians deve ancora alle banche 700 milioni di reais solo per lo stadio, con un debito complessivo che è salito ad una cifra insostenibile, 1,6 miliardi di reais (300 milioni di euro), facendo dei bianconeri il club più indebitato del Brasile e che infatti non riesce più ad occupare le posizioni nobili della classifica.

Meno drammatico ma abbastanza significativo è il caso dello stadio Mané Garrinchia di Brasilia: la capitale non ha nessun club in massima serie, per cui si è deciso di affittare le aree lounge dell’impianto alle aziende per riadattarle ad uffici e sale riunioni. Lavorare con vista sul campo da calcio: bello, ma a che prezzo.

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