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Botti di Capodanno, una provocazione per l’ambiente. Appelli contro e alternative. Divertirsi sì ma con giudizio

Pixabay

Un tempo Napoli senza botti di fine anno era inimmaginabile. Invece oggi è l’Italia intera a non saper fare a meno di salutare il passaggio dall’anno vecchio al nuovo, sparando tutto quello che offre il mercato. Già, il mercato.

È il caso di dire i mercati, perché ormai ne esistono almeno tre sui fuochi d’artificio. Quello dei fuochi legali, quello degli illegali e quello dei semi-illegali. Questo terzo, è un incrocio tra vendita dei fuochi consentiti e quelli vietati nei negozi autorizzati solo alla vendita dei primi. I sequestri degli illegali, come ogni anno, non si contano e sono concentrati tanto al Nord quanto al Sud. Il giro d’affari è stimato in centinaia milioni di euro ed è su scala internazionale.

Si sa che la tradizione delle manifestazioni pirotecniche arriva dalla Cina, ma poi si è diffusa in tutto il mondo. L’organizzazione trasparente e legale dei fuochi è uno spettacolo avvincente e sono sempre più rari gli eventi, sportivi, musicali, anche politici, che non si concludano con fuochi pirotecnici.

Fuochi d’artificio: una tradizione anche ai danni dell’ambiente

Nemmeno in questo fine anno se ne farà a meno nelle piazze, in mare, sulle piste da neve. “E perché mai dovremmo rinunciare alla tradizione?”, dicono organizzatori e promoter di eventi. Chi può biasimarli? Quello che però c’è da sapere è che i fuochi non fanno bene all’ambiente, alla salute, agli animali. Colorano il cielo, fanno sognare, tracciano comete e filamenti stellari, ma nello stesso momento appesantiscono l’aria. Fumo molto pernicioso.

Non è questa la sede per ribadire la cautela con la quale chi compra i botti deve maneggiarli. Ma ad ogni accensione vengono liberate nell’aria sostanze tossiche come alluminio, piombo, manganese, stronzio. Al balcone, in piazza, sul lungomare si respirano quelle sostanze. Nessuna crociata, ognuno faccia come crede. Per autocompiacimento, esibizione, buonaugurio.

Italiani, popolo di sparatori

L’Epa- l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente- ha detto però che nei fuochi d’artificio c’è una concentrazione di metalli e sostanze chimiche che possono causare il cancro, se inalate in alte concentrazioni. Nessuna persona di buon senso si mette ad aspirare volontariamente il fumo di bengala, bombe, tric-trac – legali, speriamo – “ma è la somma che fa il totale” per dirla con Totó, napoletano doc, che i botti li mimava alla perfezione.

Sempre gli americani dell’Atmospheric Environment hanno scritto che i fuochi d’artificio incrementano l’inquinamento dell’aria di circa il 42% delle particelle inquinanti fini. Mentre i medici ambientali del SIMA hanno lanciato un appello ai sindaci per vietarli. Molti Comuni hanno già disposto le ordinanze e un appello è arrivato anche dagli scout dell’Agesci della Sicilia. Le ordinanze vengono rese note, affisse in città, ma è come prosciugare l’oceano con il cucchiaio. Gli italiani sono sparatori, fai da te e amano il rischio

Ci sono alternative per non farsi del male? Si. Spettacoli di luci, fontane luminose come gli SparK inventati da un’artista olandese. Creano effetti simili ai fuochi ma non contengono polvere da sparo. Oppure i droni, che disegnano effetti luminescenti. Bisogna organizzarli e affidarsi a professionisti che usano tecnologie e sanno come far divertire il pubblico. Non è la stessa cosa che accendere la miccia di un qualsiasi petardo, sentirsi profeta di un anno di successi armeggiando con sostanze che combattiamo e per non sentircele addosso siamo diventati tifosi di Greta Thumberg. Ma a fine anno non rinunciamo alla botta (di vita?) dei botti.

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