“Essere pessimisti sta diventando troppo sexy”. Tra i protagonisti del Forum Ambrosetti di Cernobbio, che ogni anno raduna sulle rive del lago di Como i big della finanza e della politica internazionali, c’è anche Giovanni Bossi, 55enne amministratore delegato di Banca IFIS, istituto veneto specializzato nel finanziamento alle imprese che ha visto i propri utili moltiplicarsi da 18 a quasi 100 milioni dal 2010 al 2014 e il cui titolo in Borsa (è quotato nel segmento Star) è salito in maniera costante e vertiginosa realizzando oltre il 350% in 5 anni.
Bossi si iscrive al partito della nuova linea dettata dall’economista Nouriel Roubini: basta pessimismo, la Cina non è così vicina e i segnali di ripresa ci sono. Basta leggerli. “La fase acuta della crisi è passata e non mancano gli spunti positivi: per esempio la Cina preoccupa, ma allo stesso tempo la sua transizione a un modello economico più sostenibile e basato sulla domanda interna ha fatto sì che non chieda più materie prime”.
Meno industria, meno infrastrutture e dunque calo dei prezzi delle commodities, dal petrolio in giù. “Il ribasso delle materie prime – spiega Bossi – incide sulla popolazione come un taglio delle tasse. Soprattutto per le imprese, che hanno costi più bassi. E secondo me il calo è ormai stabile: non immagino il greggio risalire sopra i 100 dollari, non ne vedo proprio il motivo”.
Ad aiutare ancora di più le imprese c’è poi il quasi azzeramento del costo del denaro, grazie all’intervento delle banche centrali. “Anche questo sta diventando normalità, nessuna banca centrale ora come ora si azzarderebbe a alzare in maniera sostanziale i tassi di interesse. Le banche faranno fatica, ma l’economia reale ne beneficia”. Anche perché l’economia reale viene sempre meno supportata dal credito bancario, nonostante le politiche espansive attuate dalla Bce, che insiste con il Quantitative Easing.
“Il problema è demografico: l’Europa è un continente troppo vecchio per età media, e questo influisce sulle possibilità delle banche di fare credito: la popolazione anziana, sempre più preponderante, è per ovvi motivi meno propensa agli investimenti di medio-lungo termine, che invece sono nelle corde dei più giovani”, argomenta l’ad della banca veneta. Ma i giovani sono pochi e molti di loro faticano a entrare nel mercato del lavoro. “Il Pil non cresce proprio per questo motivo: perché gli incentivi scelti, pur validi, non funzionano in questo tipo di società: funzionerebbero in una società più giovane”.
Può dunque l’immigrazione essere una risorsa, come ha sostenuto lo stesso Roubini? “Il tema è delicato, bisogna riflettere su altre realtà come gli Usa, che hanno saputo attirare flussi migratori di qualità. In Italia ed in Europa oggi i migranti vengono intesi come un problema quando potrebbero diventare un’opportunità”.
Tornando alle banche, Bossi passa in rassegna le ultime novità del settore. “La riforma delle Popolari secondo me è importantissima e va nella direzione giusta. Il legame con il territorio – spiega l’ad di Banca IFIS – è fondamentale per gli istituti popolari: dunque ha ancora senso per le piccole realtà, molto meno per quelle che hanno dimensioni più grandi e si sono estese a livello nazionale. Tuttavia la riflessione sul modello di governance non è più prorogabile”.
La riforma è dunque promossa ed è soltanto uno dei tasselli che il governo dovrà cambiare, per andare incontro a uno scenario che secondo Bossi vedrà gli istituti di credito “molto più snelli tra una decina di anni. Ora le banche sono ipertrofiche e si stanno snaturando: la banca in teoria fa raccolta e credito, e solo marginalmente vende altri prodotti”.
Qualcuno ha sbagliato e ora per non lasciare le banche zavorrate dai crediti deteriorati, si pensa alla bad bank. A discapito di chi, come Banca IFIS, “ha fatto le cose per bene”. “Non sono favorevole alla bad bank o quantomeno – precisa Bossi – auspico una soluzione rispettosa delle banche più efficienti e non troppo premiante di quelle mal gestite. La strada intrapresa dalla Ue mi sembra quella giusta, anche se la logica di mercato imporrebbe che chi sbaglia paga. Gli istituti dovrebbero in definitiva fare aumenti di capitale, ma il problema sarebbe: chi lo sottosrive questo aumento?”.
Riflessioni che potrebbero essere rivolte al premier Matteo Renzi, che proprio oggi esordisce nella platea di Cernobbio, l’anno scorso “snobbata” per fare visita a una fabbrica nel bresciano. Cosa aspettarsi da questo debutto nel gotha del Forum Ambrosetti? “Mi aspetto che il premier stimoli le imprese a fare innovazione e soprattutto che rivolga una chiamata allo spirito imprenditoriale. Se avessimo spirito d’impresa, saremmo tutti molto più ricchi”.