X

Borsino degli artisti: Marisa Merz, la First Lady dell’ Arte Povera

Unica rappresentante femminile del movimento dell’Arte Povera e protagonista della scena artistica italiana dalla fine degli anni Sessanta, Marisa Merz (Torino 1926) esordisce nel 1966 esponendo nel suo studio di Torino sculture di lamine di alluminio: strutture spiraliformi in alluminio, mobili e irregolari, che oppongono al rigore del minimalismo un’immagine metamorfica, enigmatica, aerea. Queste installazioni – si legge nel sito ufficiale della Fondazione Merz –  composte da più elementi che dialogano insieme, sono concepite in funzione del luogo specifico che le ospita e sono riproposte successivamente in diversi allestimenti. Fondato sull’interesse per le qualità dei materiali e su una progettualità essenziale, questi primi lavori preparano la partecipazione ufficiale dell’artista al movimento dell’arte povera.

Nel 1968, in occasione della collettiva Arte Povera + Azioni Povere curata da Germano Celant agli Arsenali dell’Antica Repubblica di Amalfi, Marisa Merz espone sulla spiaggia coperte arrotolate e imballate con filo di rame o scotch (Senza Titolo, 1966) e opere legate all’infanzia della figlia Beatrice fatte di filo di nylon, rame o lana. L’artista introduce nel linguaggio della scultura contemporanea tecniche tradizionalmente considerate artigianali o appannaggio del lavoro femminile, sovvertendone però la destinazione e attribuendo alle procedure e ai materiali di volta in volta adottati piena dignità artistica. Raccogliendo la lezione degli assemblaggi di Pablo Picasso [1881–1973] e dei Mobile di Alexander Calder[1898–1976], l’opera introduce nella scultura la nozione del gioco e del piacere marcando ulteriormente la distanza dell’artista dalle strutture primarie, razionali e autorefenziali, del minimalismo.

Anche rispetto al gruppo dell’Arte Povera, però, Marisa Merz mostra sin d’ora una sensibilità eccentrica. La componente temporale intimamente presente già nei lavori a maglia acquista una valenza decisiva nelle installazioni successive, nelle quali Marisa Merz procede a raccogliere, combinare e ridefinire proprie opere precedenti. Come accade in Tavole: due tavoli rettangolari sui quali sono collocate le coperte arrotolate del 1966 e una scrivania in legno piena di oggetti raccolti nel tempo dall’artista, opera presentata per la prima volta alla galleria L’Attico di Roma nel 1969 e poi esposta nel 1970 al Museo Civico di Bologna per la III Biennale Internazionale della Giovane Pittura. O come accade nel 1972 alla XXXVI Biennale di Venezia, dove l’artista presenta Ad occhi chiusi gli occhi sono straordinariamente aperti (1975), che riunisce le sculture in filo di rame, la Scodella di sale (1967), Bea e Scarpette (1968). Usate per comporre discorsi sempre nuovi, queste opere intrattengono tra loro un dialogo serrato, creano un campo di forze scandito dalla presenza di diverse temporalità: quella obbiettiva del presente e quella affettiva del ricordo volontario (quando include tasselli dell’esistenza privata dell’artista) e involontario (quando mostra archetipi legati al mondo femminile).

Altalena per Bea, 1968
Legno, ferro
Photo: Andrea Guermani
Courtesy l’artista

Dopo la partecipazione nel 1973 alla collettiva Ricerca estetica dal 1960-1970 ordinata in Palazzo delle Esposizioni a Roma nell’ambito della X Quadriennale Nazionale d’Arte, gli interventi di Marisa Merz acquistano un carattere compiutamente ambientale nella serie di “stanze” che l’artista contestualmente realizza in spazi complementari: quello aperto e pubblico della galleria e quello sotterraneo e privato della cantina (1977) o del proprio studio (1979). Spazi che l’artista trasforma in un grande mosaico di cui lei stessa è la figura centrale e l’animatrice. Questo movimento continuo dalla dimensione personale a quella pubblica, secondo un’oscillazione di forme e opere che di volta in volta trovano una loro specifica e sempre diversa dimensione espositiva, costituisce una delle chiavi di lettura principali del lavoro di Marisa Merz. Da allora l’artista espone le proprie opere solo in occasione di importanti collettive, come la XXXIX Biennale di Venezia del 1980, dove è invitata da Herald Szeemann nell’esposizione L’arte degli anni settantaIdentité italienne. L’art en Italie depuis 1959, curata al Centre Georges Pompidou di Parigi da Germano Celant nel 1981; Avanguardia. Transavanguardia curata da Achille Bonito Oliva a Palazzo delle Esposizioni a Roma (1982). A Documenta 7 a Kassel, nel 1982, Marisa Merz articola una piccola stanza parallelamente a Meret Oppenheim, inaugurando una modalità espositiva di tipo dialogico a cui ricorrerà più volte negli anni successivi.

Invitata a numerose edizioni della Biennale di Venezia  (2013, 2001, 1986, 1980, 1976; 1972),  nel 2013 gli viene assegnato il Leone d’Oro alla carriera. Nel 2017 è andata in scena  la mostra “Marisa Merz: The Sky is a Great Space  realizzata dal MetropolitanBreuer di New York e dallo Hammer Museum di Los Angeles in collaborazione con la Fondazione Merz.

Attività espositiva e presenza nelle collezioni. 

1966 

Prima esposizione, nel suo atelier

1969

Stedelijk MuseumAmsterdam

Museum Folkwang, Amsterdam

1972

II Biennale Internationale della Giovane Pittura, Museo Civico, Bologna

Biennale di Venezia

1973

quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma

1980

Biennale di Venezia

1981

Centre Georges-Pompidou, Parigi 

1982

Palazzo delle Esposizioni di Roma

Documenta 7  Kassel

1983

Museo marittimo di Los Angeles, Harbor Museum, Los Angeles

1985

Biennale di Venezia

Castello di Rivoli, Torino

1986

Chambre d’amis, Museo municipale d’arte contemporanea, Gand

Related Post

1988

Biennale di Venezia

1989

Museum Ludwig, Colonia

1992

Documenta 9  Kassel

Musée d’art contemporain de Lyon

1993

Biennale di Venezia

1994

Centre Georges Pompidou (monografica)

Guggenheim Museum, New York

1995

Kunstmuseum Wolfsburg

Kunstmuseum Wintherhur, Svizzera (monografica)

1996

Stedelijk Museum d’Amsterdam (monofrafica)

2001/2003

Biennale di Venezia: Premio speciale della giuria spécial (2001)

Zero to InfinityTate Modern, Londra  

Walker Art Center, Minneapolis 

Museo d’arte contemporanea di Los Angeles 

Hirshhorn Museum, Washington, D.C.

Kunstmuseum Wintherhur (monografica)

2007

Palazzo Fortuny, Venezia

Museo d’arte contemporanea DonnaREgina, Napoli (monografica)

2008

Biennale di Sydney

2010

Kunstmuseum Liechtenstein

2011

Castello di Rivoli, Torino

2012

Fondazione Merz, Torino (monografica)

2012/2013

MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo

Biennale di Venezia: Leone d’oro, menzione speciale della giuria (2013)

2017

The Metropolitan Museum of Art, New York (retrospettiva)

Il suo lavoro è presente nelle più prestigiose collezioni pubbliche e private italiane e internzionali, dalla Tate Modern al Walker Art Center al Castello di Rivoli.

Mercato e prezzi

Marisa Merz,  unica donna tra gli esponenti dell’arte povera, per moto tempo è stata identificata più come moglie di Mario Merz che come artista con una sua voce. Dopo più di mezzo secolo di scarsa attenzione, negli ultimi anni,  la critica internazionale  ha iniziato a riconoscere il  valore della sua ricerca, facendola emergere come l’artista più vivace del movimento tenuto a battesimo da Germano Celant. Ma parliamo appunto di storia recente. Infatti se andiamo indietro solo di un quinquennio, ad Art Basel 2013, nonostante la recente assegnazione del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, l’attenzione del mercato sul lavoro di Marisa Merz era  ancora debole. Una sua scultura degli anni ’70 è stata venduta dalla Galleria  Bernier/ Aliader per 60mila euro. Ma tra gli addetti ai lavori stava maturando la convinzione che le sue quotazioni erano destinate a “crescere nel breve periodo”. E infatti verso la fine dello stesso anno, dopo il successo della grande mostra messa in scena alla Serpentine gallery, la prima personale dell’artista in Gran Bretagna, a Frieze Art Week di Londra la galleria Monica de Cardenas ripercorreva i cinquant’anni di attività di Marisa Merz  attraverso dipinti, disegni, sculture e installazioni con prezzi che variavano da 45 a oltre 200 mila euro. E’ nel 2014, con il suo debutto sul mercato delle aste ( fino ad allora nessun lavoro di Marisa Merz era  andato all’incanto) il lavoro di Marisa Merz  comincia a catturare l’attenzione del grande collezionismo internazionale. Quello stesso anno – secondo Artprice – il suo fatturato in asta sfiora i 500 mila dollari. Da allora ad oggi sono una quindicina le opere dell’artista torinese andate all’incanto (soprattutto sulla piazza londinese)  con una percentuale di invenduti vicina allo zero e realizzando cifre di tutto rispetto (vedi capitolo top price in asta). Naturalmente i prezzi sono lievitati anche sul mercato primario e attualmente per acquistarli in galleria occorre prevedere un investimento medio  che va da 50 mila a oltre 300 mila euro. Tanto per fare un esempio, nel 2017 a Miart,  la Gladstone Gallery offriva un’opera di Marisa Merz “ undated”  a 225’000 euro, riscuotendo “forte interesse”.

Top Price in asta: Untitled, 1988  -Grafite, charcoal and acrylic/paper  165,5 x 150 cm. –  è passato di mano a 273.603 euro (diritti compresi) da Christie’s London nel giugno 2015. A oltre il doppio delle stime. Untitled, 1977  – Costruzione (lead, wax violin, copper wire, gauzes, electric motor and water)  30 x 100 x 50 cm.-  da Cristie’s a Londra, nel febbraio 2014, ha sfiorato i 250 mila euro. Untitled, 1986  – una scultura di dimensioni contenute: 20x20x20 cm Creta (unbaked) – nell’ottobre 2017,  ha fermato il martello del banditore da Phillips London a 182.170 euro, a fronte di una stima massima inferiore ai 40 mila euro.

Gallerie: La sua storica galleria di riferimento di Marisa Merz è Barbara Gladstone di New York (gladstonegallery.com). Suoi lavorti tuttavia si possono trovare in primarie gallerie italiane e straniere come Bernier/Eliades gallery con sedi a Bruxelles e Atene (bernier@bernier-eliades.com); Tucci Russo di Torre Pellice (0121 953 357) e Monica de Cardenas con sedi a Milano, Lugano e Zouz (02 290100689).

Categories: Arte