Dopo quasi un ventennio di sostanziale predominio dell’astrattismo informale, con il suo lavoro ha riportato l’attenzione verso nuove possibilità del linguaggio figurativo.
Nasce a Roma in una famiglia di artisti. Il padre Mario è scultore. La madre Francesca marionettista. Il nonno farmacista amava circondarsi di poeti, fra i quali Vincenzo Cardarelli. Giosetta frequenta l’Accademia di Belle Arti dove l’incontro con Toti Scialoja, che la dirigeva, è determinante per la sua formazione di artista. “Era un uomo incredibile, pallidissimo e tutto vestito di nero, sembrava un mimo”, così lo descrive in una bellissima intervista a Flash Art. “Faceva le lezioni sul teatro russo, sui comici americani, BusterKeaton, Charlie Chaplin. Eravamo nel 1956-57, Scialoja frequentava già New York, fu lui – prosegue l’artista – a parlarci dell’Action Painting, della grande pittura americana di ArshileGorky, di Mark Rothko. Proprio Rothko poi venne in Italia e lo ospitai io nella mia piccola casa al mare, passammo una magnifica giornata con sua moglie e sua figlia”. GiosettaFioroni non ha dubbi: in un certo senso Scialoja è stato un punto di origine di tutti i movimenti degli anni Sessanta a Roma. “È nato tutto da lui. Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli… Ci conoscemmo tutti lì. Toti ci parlava di teatro, di Čechov fatto da Stanislavskij, e naturalmente di Malevič… Insomma parlava di cose di cui nessuno conosceva nulla, eravamo tutti come assetati……è stato un grande maestro, era straordinario: saltava sul tavolo e ballava per mimare la danza di Sergej Djagilev. Tutto il mondo ci è stato rivelato da lui… Il mondo delle cose dell’arte”.
Dal 1959 al 1963 vive a Parigi, dove la galleria Denise Breteau le dedica una mostra personale. Rientrata a Roma, e l’unica figura femminile a far parte del mitico movimento della Scuola di Piazza del Popolo, insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Fabio Mauri. Con alcuni di loro partecipa alla Biennale di Venezia del 1964 ed espone alla galleria Tartaruga di Plinio De Martiis a Roma, punto di riferimento per molti artisti italiani e internazionali, tra cui Cy Twombly, e dove nel 1968 Giosettainaugura il Teatro delle Mostre con la performance La Spia Ottica. Sono di questo stesso periodo le prime esperienze con la macchina da presa e la fotografia e i suoi “giocattoli per adulti”, i Teatrini. Inizia a collaborare con poeti e scrittori, come Alberto Arbasino, Nanni Balestrini, Andrea Zanzotto, Cesare Garboli, Guido Ceronetti, Franco Marcoaldi e tanti altri, ideando con loro libri e opere grafiche.
Trascorre gli anni Settanta a Salgareda, in Veneto, con il suo compagno, lo scrittore Goffredo Parise. Legge gli studi sulla fiaba del russo Vladimir Propp ( Morfologia della fiaba) e compone i cicli degli Spiriti silvani, disegni a china nera e Le teche, scatole di legno che raccolgono piccole collezioni di oggetti trovati per boschi e campagne. Nel 1975 presenta a Roma l’Atlante di medicina legale. Espone, tra gli anni Settanta e Ottanta, alla Galleria Naviglio di Milano, Lucio Amelio a Napoli, De’ Foscherari a Bologna, Dell’Oca a Roma, Mazzoli a Modena, Corraini a Mantova, Studio Bernabo a Venezia e nel 1970 la galleria Tartaruga di Roma presenta una personale dal titolo Laguna: nascono i Paesaggi d’argento. Sempre nel 1970 partecipa alla mostra Vitalità del negativo, curata da Achille Bonito Oliva al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Raccontare l’opera di Giosetta Fioroni consente di parlare anche dell’arte italiana anni sessanta sotto un profilo diverso, meno filo-americano e più autenticamente italiano. Consente di liberare l’immagine che abbiamo degli artisti romani dal pesante fardello della Pop Art americana, che è stata sicuramente importante, ma che risulta marginale se si mettono al centro le peculiarità del fenomeno italiano.
Parigi e Roma. Basta il nome queste due città dove l’artista ha vissuto ( a Roma vive e lavora tutt’ora) e coltivato la sua ricerca visionaria, a rendere l’idea della distanza che separa Giosetta Fioroni dall’immaginario Pop cui si è soliti associarla. Spiega lo storico dell’arte Giulio Vaccher. Parigi, capitale della cultura europea negli anni in cui il testimone sta passando a New York, è una città vivace, laboratorio del presente e al tempo stesso luogo della tradizione. Nella capitale francese Fioroni si lega ai pittori informali Joan Mitchell e Jean Paul Riopelle ed entra in contatto con il critico d’arte Pierre Restany che la introduce al lavoro di Yves Klein, approfondendo il contatto dell’artista con l’avanguardia artistica del suo tempo, divisa tra le esperienze informali e le nuove sperimentazioni del Nouveau Realisme. Tra Parigi e Roma, negli anni che vanno dal 1957 al 1962, GiosettaFioroni – prosegue Vaccher – traccia le basi fondamentali del proprio percorso artistico. Emerge l’attenzione al ricordo e agli strati della memoria, evocati attraverso estese campiture di colore, scarabocchi e piccoli segni. Una sorta di “tono narrativo” guida in maniera sotterranea schizzi e scarabocchi, macchie, forme e piccoli emblemi. Segni che diventano parole, parole che diventano figure. Una pittura astratta che non rinuncia, in definitiva, al messaggio e alla narrazione. D’altronde è la stessa Fioroni – in una dichiarazione del 1964 – a prendere le distanze dai suoi compagni di strada: “Tra le esperienze della Pop Art e ciò che faccio io non mi sembra che ci sia niente in comune, anche perché quello è un fatto legato ad un tipo di società americana. Personalmente mi ha influenzato di più un certo tipo di letteratura, un certo tipo proprio di sequenza e di apparizioni”. Più che Pop, l’arte di Giosetta Fioroni – sottolinea quindi Giulio Vaccher – ci sembra essere l’espressione figurativa di un tempo unico e irripetibile della cultura italiana. Il tempo in cui una società reduce dal Fascismo, dalla guerra e da una faticosa ricostruzione, alza la testa e conosce finalmente il benessere. Un tempo in cui gli artisti sentono di dover adeguare il loro modo di sentire a una società in rapido cambiamento. Un’arte che parla di un nuovo modo di vedere e di un nuovo rapporto con l’immagine, che, a ben vedere, significa un nuovo rapporto con la storia e con la propria memoria. Un fenomeno vario e complesso che sarebbe riduttivo chiudere dentro la definizione di Pop Art Italiana.
Giosetta Fioroni (Roma 1932 )
Studia all’Accademia di belle arti di Roma, allieva di TotiScialoja. Espone alla VII Quadriennale di Roma del 1955. Nel 1956 lavora come costumista per la nascente televisione italiana. Dal 1959 al 1963 vive a Parigi. Rientrata a Roma, è l’unica figura femminile a far parte della cosiddetta “Scuola di Piazza del Popolo”, insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Fabio Mauri, Giuseppe Uncini. Con alcuni di loro partecipa alla Biennale di Venezia del 1964. La sua vicenda è umanamente contrassegnata dalla ricercata vicinanza con gli scrittori e i letterati, appartenenti al Gruppo 63, e soprattutto con Goffredo Parise (scrittore tradotto in russo già dalla fine degli anni Sessanta) che diventa il suo compagno dal 1963 sino alla morte nel 1986. Dal 1970 partecipa ad importanti esposizioni. Nel 2009 viene pubblicata un’importante monografia storico-biografica dell’artista, curata da Germano Celant. Nel 2013 il Drawing Center di New York le dedica l’antologica “Giosetta Fioroni. L’argento”, curata da Claire Gilman. Nel 2015 il MADRE di Napoli presenta, in una delle sale del museo, la mostra “teatrini-presepi”, opere in ceramica realizzate dall’artista alla bottega Gatti di Faenza, accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo con testi di Giorgio Agamben, Marzio Breda, Erri De Luca, Raffaele La Capria ed Ermanno Rea. Lo stesso anno una sua personale curata da Piero Mascitti e Marco Meneguzzo va in scena al MARCA di Catanzaro. Nel frattempo il Centre Pompidou di Parigi acquisisce una sua opera, una tela del ciclo degli Argenti degli anni Sessanta intitolata Gli occhiali. Nell’ottobre 2017 il MMOMA – Moscow Museum of Modern Art di Mosca ospita una sua personale dal titolo “Roma anni ’60”. E’ poi la volta di Milano che nell’aprile 2018, al Museo del Novecento, le dedica una esposizione monografica dal titolo “Viaggio Sentimentale” a cura di Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi.
Mercato
Dopo un lungo periodo di calma piatta, da qualche anno ( due – tre) le quotazioni delle opere di Giosetta Fioroni hanno iniziato una graduale e costante ascesa . Un percorso virtuoso che segue da vicino quello dei suoi ex compagni di strada della Scuola di Piazza del Popolo ( Angeli, Festa, Schifano tra gli altri) e che è alimentato dall’attivismo di alcune gallerie che trattano il suo lavoro e dalla recente attività espositiva dell’artista che – grazie anche all’impegno di alcuni importanti critici d’arte – negli ultimi due anni ha messo a segno mostre personali in istituzioni pubbliche e private italiane e internazionali di rilievo. Oltre 500, ad oggi, i suoi passaggi in asta nelle diverse tipologie con una percentuale di venduto (soprattutto negli ultimi due anni) intorno al 70% e un fatturato che nel 2017 – secondo Artprice – ha superato i 370 mila euro.
Gallerie di riferimento: Marcorossi arte contemporanea di Milano; Mucciaccia di Roma; De Foscherari di Bologna e Corraini di Mantova.
Prezzi: In galleria le carte realizzate dall’artista negli anni sessanta si possono acquistare a cifre che vanno da 15 mila a 30 mila euro a seconda delle dimensioni, mentre i lavori su tela – sempre di quel periodo – richiedono un investimento tra 80 e 100 mila euro ( per i grandi formati). Le opere recenti su carta di medio formato quotano da 10 a 15 mila euro. Quelle su tela 30-40 mila euro.
Top price in asta: “Interno Familiare” , un dipinto su tela del 1960 (11,54×146,5 cm.) battuto 86.557 euro ( diritti compresi) nell’aprile 2017 ha stabilito il nuovo record dell’artista. Pochi mesi prima, nell’ottobre 2016, da Phillips a Londra un suo lavoro, “Gli Occhiali (The Glasses), 1968 – una tecnica mista su tela di 130 x 85 cm è passato di mano a 71 mila euro.