Hans-Werner Sinn, l’influente eminenza grigia dell’economia tedesca che, tra l’altro, dà l’impronta alle pagine di economia della Bild, non ha dubbi: il prossimo patto di stabilità non deve prevedere sconti sugli investimenti. “A fronte dell’energia in crescita – dice – non possiamo rispondere aumentando le spese”. Così la voce della tradizionale austerità teutonica, ma che cade in un momento delicato di transizione del modello economico di oltre Reno.
Borse ultime notizie: Germania in recessione, ma listini in rialzo
Stamane sono arrivati altri segnali d’allarme per la Germania già in recessione tecnica: l’indice Sentix per la zona euro è sceso a -21,5 punti a settembre da -18,9 ad agosto, al di sotto della stima di -20,0 segnalata da un sondaggio Reuters tra gli analisti. “La situazione in Germania rimane particolarmente precaria. Qui stiamo misurando la situazione più debole… da luglio 2020, quando l’economia è stata rallentata dal primo lockdown contro il coronavirus”, ha detto l’amministratore delegato di Sentix Manfred Huebner. A conferma è arrivato anche il dato sul surplus commerciale di luglio, in calo nel mese di luglio a 15,9 miliardi contro l’attivo di 18,7 di giugno.
I mercati finanziari, oggi orfani di di Wall Street, rispondono con il segno più le difficoltà dell’Economia leader del Vecchio Continente: sale Francoforte, prende velocità Piazza Affari +0,7% ad un passo da quota 29 mila punti. L’indice Eurostoxx sale ai massimi da tre settimane sotto la spinta, tra l’altro di Novo Nordisk, il gruppo pharma danese che ha rafforzato la sua leadership nelle Borse europee. A far da traino al rialzo sono le misure prese dalla Cina a favore dei mercati immobiliari ma, più ancora, la sensazione che la frenata dell’Eurozona, specie del made in Germany, spingerà la Bce a moderare la spinta all’insù dei tassi nonostante l’inflazione resti oltre il livello di guardia.
La frenata tedesca spingerà la Bce alla moderazione sui tassi?
Non occorrerà attendere troppo per avere un’anticipazione del clima di Francoforte ad una settimana dalla riunione del direttorio. Nel pomeriggio parlerà Christine Lagarde seguita in giornata da Joachim Nagel, presidente della Bundesbank, ma anche dalle colombe Fabio Panetta e Philip Lane. Sarà un primo test sull’orientamento della banca centrale, uno dei territori di confronto sulle scelte dell’Europa. Ma non il solo: un conto è la politica monetaria della Bce, costretta a fare i conti con le esigenze di economie il più delle volte divergenti, Altra è la politica fiscale dei vari governi, condizionata dalla diversa condizione dei vari Paesi.
Germania: Scholtz vara un corposo pacchetto di aiuti
E qui il monito di Sinn assume un sapore politico amaro per il Bel Paese: a fronte dei limiti della finanza pubblica di casa nostra, stremata per giunta dal superbonus, figura un ben diverso spazio per il bilancio tedesco, l’unica tripla A tra i Paesi del G7. La settimana scorsa, dopo un aspro dibattito tra i partiti della coalizione di governo a Berlino, il governo ha messo a punto un pacchetto di aiuti alle aziende e di stimoli fiscali alle famiglie che comporterà un calo del gettito fiscale di circa 7 miliardi di euro nel primo anno: 2,6 miliardi per il governo federale, 2,5 miliardi per gli Stati federali e 1,9 miliardi per i Comuni.
A sostenere la congiuntura contribuirà senz’altro anche l’aumento delle buste paga: in Germania i salari sono finora cresciuti nel 2023 del 6,6%, più dell’inflazione sotto la spinta degli accordi per le categorie più forti, metalmeccanici un testa ma anche Lufthansa.
Dal canto suo l’industria festeggia, seppur con cautela, il pacchetto di misure fiscali rivolte alle piccole e medie imprese. Uno degli elementi principali è un nuovo meccanismo di sovvenzioni per gli investimenti a favore del clima – parte del programma del governo di coalizione concordato nel 2021 – per aiutare le aziende ad accelerare il processo di riduzione delle emissioni. Ma la maggior parte del piano in 10 misure presentato da Scholz martedì era già stata annunciata, compreso il Fondo speciale per il clima e la trasformazione del valore di circa 212 miliardi di euro per il periodo dal 2024 al 2027.
L’industria soffre ma l’auto a Monaco spinge sull’elettrico
Non saranno certo queste le misure decisive per invertire la rotta di un sistema industriale che sta pagando a caro prezzo la transizione dell’auto, dal motore a combustione all’elettrico che ha garantito un insperato vantaggio per i produttori cinesi, piuttosto che il ritardo nel digitale rispetto agli Usa, a partire dalla produzione di chips. Ci vorrà tempo per recuperare. Ma anche un copo di reni paragonabile a quello dell’inizio millennio, quando le riforme del mercato del lavoro (e gli spazi garantiti da Bruxelles sulle rehole di Maastricht) consentirono un salto di qualità che oggi, viste le rivalità all’interno della coalizione di governo (sull’energia in particolare) rende difficile.
Ma la tempra della Bundesrepublik resta di buona fibra. Per capirlo merità in questi giorni fare un salto a Monaco di Baviera, ove si tiene il Salone della Mobilità, erede dei vecchi saloni dell’auto. In scena salgono i colossi dell’auto di casa, pronti a sfidare a tutto volt i gruppi cinesi e Tesla, che ormai è in po’ tedesca visto lo stabilimento in Sassonia. Tra i trentanove brand presenti spicca la numerosa la squadra di costruttori automobilistici con passaporto di Pechino, che hanno deciso di tenere a Monaco, per la prima volta fuori dalla Cina, il congresso annuale dedicato ai veicoli elettrici. Ma la squadra di casa replica con Mercedes, che presenta la nuova Classe E e la potente AMG GT, e poi la Smart con la #1. Ci sono gli stand di Porsche, Audi, Volkswagen, Seat, Cupra, con la concept sportiva Dark Rebel e la city car Raval. Bmw espone la nuova Mini elettrica nelle versioni Cooper e Countryman e la nuova Serie 5, anche nella versione i5M mentre Stellantis gioca in casa con il marchio Opel e la nuova concept Experimental, oltre alla nuova Corsa Electric e la Astra Sports Tourer Electric.