Cosa succede sui principali mercati finanziari sudamericani, nell’anno del terzo governo Lula in Brasile e in vista delle elezioni presidenziali argentine del 22 ottobre? I segnali dei primi nove mesi del 2023 sono tendenzialmente positivi.
Brasile: Bovesta +9% nel terzo governo Lula
Partendo dal Brasile, che è la prima economia dell’area: l’indice Bovespa di San Paolo da quando è tornato in carica il presidente Lula ha guadagnato un buon +9%, toccando il picco a 122.000 punti a fine luglio (quasi il massimo storico) e assestandosi sui 116.000 punti la settimana scorsa. C’è stata dunque solo in parte l’attesa luna di miele tra il leader socialista e i mercati, però la cura Lula dopo gli anni difficili di Bolsonaro sta tutto sommato convincendo la comunità finanziaria: l’economia è ripartita, col Pil sopra le attese quest’anno (al 3% secondo l’Ocse), il real si è rinforzato sul dollaro (sceso sotto i 5 reais dopo aver toccato 6,4 nel precedente governo), l’inflazione è tenuta sotto controllo sotto il 5% ed è arrivato l’attesissimo taglio dei tassi d’interesse, che in Brasile erano tra i più alti al mondo al 12,75%.
L’economia del Paese lusofono sta ritrovando il giusto abbrivio anche e soprattutto grazie al fatto che sono tornati e stanno aumentando gli investimenti esteri, in particolare cinesi ma pure del mondo arabo, dopo che un leader navigato come Lula ha ricollocato il Brasile sullo scenario internazionale, ridandogli credibilità anche – seppur in maniera non sempre convincente – sui temi ambientali. Restano le incertezze sulla tenuta di un esecutivo già molto eterogeneo, visto che il partito del presidente non conta su una maggioranza solida in Parlamento, e non esaltano i mercati nemmeno le posizioni talvolta anti-occidentali di Lula, che è arrivato quasi allo scontro col presidente americano Joe Biden sul sostegno all’Ucraina e ha recentemente tenuto un incontro freddissimo con lo stesso Zelenski, a New York. Nel frattempo, il Brasile ha invece intensificato i rapporti con Pechino, persino con la Russia attraverso i Brics (all’interno dei quali sono stati inclusi nuovi membri, tra cui l’Argentina e gli Emirati Arabi), e ha riallacciato i rapporti con Paesi palesemente ostili agli Usa come Cuba e Venezuela.
Argentina: la Borsa triplica il suo valore e scommette su Milei
L’attenzione di queste settimane, però, più che sul Brasile è sull’Argentina. Buenos Aires è da decenni osservata speciale della comunità internazionale e sotto il governo di Alberto Fernandez la crisi finanziaria ha raggiunto i livelli di vent’anni fa, quando il Paese piombò in un drammatico default e ci fu il famoso corralito: quest’anno l’inflazione ha raggiunto il primato di sempre al 115% su base annua a giugno. L’Argentina torna al voto tra poche settimane, il 22 ottobre, e la sensazione anche a vedere l’indice di Borsa Merval è che stia per succedere qualcosa: Fernandez non si ricandida e il suo delfino, Sergio Massa, attuale ministro dell’Economia e fautore dell’austerità e dei buoni rapporti col Fondo Monetario Internazionale, è sfavorito nei sondaggi contro l’outsider di estrema destra Javier Milei, che ha trionfato alle primarie del 13 agosto. Proprio dopo le primarie, che in Argentina sono obbligatorie e dunque di fatto un voto anticipato, la Borsa – che nei primi 9 mesi del 2023 ha quasi triplicato il suo valore (+183%), grazie agli energetici e alla speculazione – ha registrato una impennata, raggiungendo un picco storico il 28 agosto a 685.000 punti.
Da molti questo è stato interpretato come il chiaro segnale che l’anarcocapitalista, come definisce se stesso Milei, inizi a piacere anche alle elite finanziarie, oltre che a buona parte della popolazione che vede in lui il candidato anti-sistema, alla Trump o alla Bolsonaro, per restare in Sudamerica.
Successivamente, l’indice Merval di Buenos Aires ha ritracciato, restando però vicino ai 600.000 punti base, molto più in alto rispetto alla vigilia delle primarie, quando non arrivava a 500.000 punti. Il mercato dunque scommette su Milei, contro ogni pronostico visto che il sovranista vuole mettere in atto una vera e propria rivoluzione anche nei rapporti tra l’Argentina e il mondo: addio peso, dollarizzazione totale dell’economia, rapporti privilegiati con gli Usa e più freddi, se non del tutto da interrompere, con Cina e Mercosur. Questo proprio mentre dal Brasile stava partendo uno sforzo per ricompattare l’area latino-americana: prima coinvolgendo Buenos Aires nel mondo Brics (quindi più lontano dagli Usa e più vicino a Pechino e Mosca, il contrario di ciò che vorrebbe Milei), poi ipotizzando una moneta comune tra Brasile e Argentina per tutelare gli intensi scambi tra i due Paesi.
A Milei però sembra non importare nulla di tutto questo. Il suo approccio è da falco e se eletto, come è alquanto probabile stando ai sondaggi, potrebbe stravolgere gli equilibri politici ed economici in tutta l’America Latina. E la Borsa, per il momento, specula.