I tanto attesi conti di Nvidia non hanno portato grandi reazioni: sono stati forti, ma non sensazionali, con margini lordi in calo, ma con la promessa di un aumento entro la metà dell’anno. Quel che più conta è che la domanda di soluzioni di elaborazione ad alta potenza e costo elevato, il cuore di Nvidia, è viva e vegeta, nonostante quella che era sembrata una minaccia al suo modello di business occidentale da parte del concorrente cinese dell’intelligenza artificiale apparentemente più economico, DeepSeek. Il titolo Nvidia nell’afterhours perde l’1,5%: si potrebbero vedere cali anche sui Magnifici Sette oggi, lasciano spazi ancora all’Europa che però in apertura è vista in calo. L’Europa resta nel mirino del Potus con l’annuncio di un’imposta “reciproca” del 25% “sulle auto e su tutte le altre cose” che saranno presto rivelate. Resta alta l’attenzione per gli sviluppi della situazione in Ucraina: ieri una bozza di accordo sulle terre rare ucraine.
Invece si sono mossi i rendimenti obbligazionari e il dollaro, sollevandosi dai recenti minimi mentre i trader stanno cercando di orientarsi tra le ultime, contraddittorie, voci sui dazi da Washington, ma soprattutto stanno analizzando quale sarà l’impatto sull’economia Usa temendo un effetto boomerang, e sul percorso della politica della Fed.
Nvidia: la domanda per il suo costoso business resta elevata
Nvidia ha riportato nel primo trimestre utili per azione di 0,89 dollari, 0,05 dollari in più delle stime degli analisti di 0,84 dollari. Il fatturato del trimestre è stato pari a 39,3 miliarrdi di dollari in rialzo del 78% rispetto all’anno precedente e sopra le stime di 38,02 miliardi. Quanto alla guidance Nvidia vede nel primo trimestre del 2026 fatturato un fatturato di 43,00 mliardi contro il consensus di 42,26 miliardi. I dati sono stati comunicati ieri sera dopo la chiusura delle contrattazioni a Wall Street dove le azioni di Nvidia hanno chiuso a 131.28 dollari, in rialzo del 3,67% rispetto alla seduta precedente, ma in calo del -5,04% negli ultimi 3 mesi e in crescita del 66,81% degli ultimi 12 mesi. Invece nell’afterhours il titolo è in calo dell’1,5%.
Negli Usa timori per un effetto boomerang dei dazi
A Wall Street ieri il Nasdaq è rimbalzato dopo quattro sedute di rialzo, l’S&P500 ha chiuso sulla parità. Il Dow Jones ha perso lo 0,43%, mentre incolore è l’S&P-500, che archivia la seduta a 5.956 punti, sui livelli della vigilia. Guadagni frazionali per il Nasdaq 100 (+0,22%), sulla parità l’S&P 100 (-0,03%).
A inquietare gli investitori, si sa, è soprattutto l’incertezza. E Trump dimostra di essere un grande dispensatore di messaggi incerti: per esempio i dazi a Canada e Messico che sembrava fossero spostati al 2 aprile, per poi sentire un funzionario della Casa Bianca che li ha riportatati alla data precedente del 4 marzo. L’Europa resta nel mirino del Potus con l’annuncio di un’imposta “reciproca” del 25% “sulle auto e su tutte le altre cose” che saranno presto rivelate.
Quel che più interessa agli investitori è la ricaduta della guerra commerciale di Trump sulle economie e al momento le previsioni non pauiono rosee, nemmeno per gli Usa. I dazi sulle importazioni dalla Cina potrebbero colpire l’economia americana più di quanto suggeriscano i dati commerciali ufficiali, ha detto ieri un report della Federal Reserve Bank di New York. Hunter L. Clark, l’economista autore della nota, dice che i danni maggiori potrebbero arrivare dalla fine del trattamento favorevole degli importi cosiddetti “de minimis” – ovvero quelli valutati a meno di 800 dollari. Quest’anno i trader sono passati da una stima di un solo taglio da un quarto di punto della Fed a due, con il primo entro luglio e il secondo già a ottobre. Gli investitori attendono oggi i dati sul Pil Usa, mentre venerdì uscirà il dato sull’indicatore dell’inflazione preferito dalla Fed, il deflatore PCE.
I rendimenti dei Treasury Usa a due anni sono saliti al 4,09%, ritrovando il loro equilibrio dopo un crollo al minimo dal 1° novembre al 4,065% nella sessione precedente. Il rendimento a 10 anni è salito al 4,2772% da un minimo del 4,245% di mercoledì, un minimo di 2 mesi e mezzo.
Il Bitcoin resta sotto quota 85.000 dollari, a 84.742 dollari, dopo un crollo di oltre l’11% registrato finora questa settimana. L’oro è rimasto pressoché invariato a 2.912 dollari l’oncia. Il petrolio greggio è risalito rispetto ai minimi degli ultimi due mesi, in seguito all’inaspettato aumento delle scorte di carburante negli Stati Uniti. Il greggio Brent ha guadagnato lo 0,26% a 72,72 dollari al barile. I future sul greggio US West Texas Intermediate hanno guadagnato lo 0,23% a 68,78 dollari.
Borse asiatiche in calo preoccupate per i dazi
La maggior parte dei titoli azionari asiatici è in calo, con le azioni di Hong Kong che si allontanano dal picco di tre anni dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di imporre ulteriori dazi commerciali globali, mentre gli utili positivi di Nvidia non hanno contribuito a sostenere i titoli tecnologici. Le borse della Cina sono in calo: l’Hang Seng di Hong Kong, spintosi sui massimi dal 2022 in avvio di seduta, perde lo 0,4%. Il CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen -0,2%. L’Indice Taiex di Taipei -1,5%. La borsa di Seul perde l’1%, l’azionario indiano è sulla parità. I fornitori asiatici di Nvidia, tra cui TSMC, SK Hynix Inc e Advantest Corp. sono scesi tra lo 0,4% e il 4%
Pechino si prepara a iniettare almeno 400 miliardi di yuan in alcune grandi banche del paese, la Agricultural Bank of China, nella Bank of Communications e la Postal Savings Bank, riporta Bloomberg. L’intervento statale è parte di un piano più ampio di rafforzamento delle riserve di capitale dei principali istituti di credito statali. Complessivamente, l’iniezione di fondi potrebbe arrivare a un totale di 1.000 miliardi di yuan.
In Giappon la borsa di Tokyo ha girato al rialzo nel finale di seduta, +0,2%. Lo yen si è rafforzato a 149,2 sul dollaro, in prossimità dei massimi da inizio anno. L’anno scorso il Giappone ha speso circa 15.000 miliardi di yen (101 miliardi di dollari) per sostenere la valuta. Nel briefing con la stampa a margine della riunione dei ministri del G20 in Sudafrica, Il vice ministro delle finanze per gli affari internazionali, Atushi Mimura, considerato dai media, il guardiano dello yen, ha parlato in modo generico della necessità di vigilare su eventuali movimenti eccessivi dei tassi di cambio.
Borse europee viste aprire in calo. Occhi a Eni e Prysmiam
Le Borse europee sono attese in calo in avvio di seduta (-0,78% il future sull’Eurostoxx50) dopo che Donald Trump ha deciso di imporre dazi all’Europa al 25% “sulle auto e altre cose”, ma il calo è visto come una buona opportunità per rientrare.. L’Europa ha parecchi dati da digerire oggi, tra cui i dati sull’occupazione in Germania, i prezzi alla produzione in Francia e l’inflazione al consumo in Spagna, oltre al Pil elvetico.
Eni: utile netto adj 2024 a 5,26 mld (-37%). L’utile netto adjusted si attesta a 5,26 miliardi con una flessione del 37% sul 2023 e l’utile netto a 2,46 miliardi (-45%). Nel 2024 il gruppo ha conseguito le previsioni di utile operativo adjusted di 14,3 miliardi con il contributo della E&P, la performance di GGP superiore del 40% rispetto alla guidance iniziale e ai significativi contributi di Enilive/Plenitude in uno scenario sfavorevole. I risultati sono inferiori alle stime, il buyback da 2 miliardi è terminato il 20 febbraio. Eni e Petronas uniranno gli asset upstream in Indonesia e Malesia,
Mfe-MediaForEurope chiude il 2024 con un utile di 251 milioni di euro, in crescita del 15% rispetto ai 217 milioni del 2023, e ricavi netti consolidati per 2.949 milioni di euro (+5% sul 2023).
Prysmian ha registrato ricavi per 17,03 miliardi di euro (+0,5% la crescita organica), con la business unit Transmission (+18,3%) che ha compensato la frenata di Electrification (-2,8%) e Digital Solutions (-12,6%). L’ebitda adjusted ha toccato quota 1,93 miliardi, con un ebitda margin salito dal 10,6% all’11,3% anno su anno.