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Borse ostaggio del voto. Tassi Fed saliranno a dicembre

370 economisti, tra cui diversi premi Nobel, giudicano “una catastrofe” l’eventuale vittoria di Trump alle presidenziali americane, la cui incertezza agita i mercati – La Fed rinvia a dicembre l’aumento dei tassi – Su Piazza Affari pesa l’incognita referendum – Tiene la diga dei Btp su cui vigila Mario Draghi

Borse ostaggio del voto. Tassi Fed saliranno a dicembre

“Il comitato ritiene che si stia rafforzando la prospettiva di un rialzo dei tassi, ma ha deciso di attendere altre conferme dei progressi in arrivo”. Ovvero, la Fed conferma che tutto è pronto per un rialzo dei tassi, ma, a maggioranza (due i voti contrari), ha scelto di attendere la riunione del 13-14 dicembre, quando il quadro politico sarà più chiaro, per dare il via all’operazione, giustificata dal trend dell’inflazione in ripresa e dal buon andamento del mercato del lavoro. Anzi, secondo i falchi, i dati giustificano un cambio di passo ben più robusto di un modesto aumento di un quarto di punto.

Ma l’operazione, pur scontata e preparata con la massima cura, rischia di risultare intempestiva a causa della possibile svolta politica degli Usa al termine di una campagna elettorale matta in un anno matto, come dimostra la vittoria dei Chicago Cubs nelle World Series di baseball: non accadeva da 108 anni. Nell’ultima settimana Hillary Clinton ha perso 10 punti percentuali nei favori degli elettori americani, azzerando di fatto il vantaggio nei confronti del concorrente, nonostante l’intervento di Barack Obama che ha chiamato a raccolta il voto dei cittadini di colore.

Il risultato nella sfida elettorale potrebbe avere un immediato impatto sulla Banca centrale. Paul Ashwort, di Capital Economics, non esclude in quel caso le dimissioni a breve di Janet Yellen, sostituita dal numero due Stanley Fischer. Intanto 370 economisti tra cui diversi premi Nobel hanno sottoscritto una lettera aperta in cui si sostiene che la vittoria di Trump sarebbe “una catastrofe”. Peter Navarro della Irving University, consigliere economico dello sfidante repubblicano, ha definito il documento “imbarazzante per la nostra corporazione”.

Di qui il mercoledì nero delle Borse, frutto dell’incertezza elettorale che minaccia di accompagnate i mercati, non solo quelli Usa, almeno fino al voto dell’8 novembre. Lo stress si è trasmesso un po’ ovunque, mettendo a dura prova le Borse più fragili, a partire da Piazza Affari, condizionata anche dalle tensioni sul referendum e dal braccio di ferro con la Ue sui conti, a sua volta reso drammatico dall’emergenza terremoto. Tiene, unica nota positiva, la diga dei Btp, su cui vigila Mario Draghi. Ma si qui al voto del 4 dicembre l’allarme è d’obbligo.

Per ora non si vedono schiarite sui listini dopo il diluvio di ieri. La chiusura dei mercati giapponesi, fermi per festività, ha limitato l’impatto sui listini asiatici. Il dato più rilevante è la discesa del dollaro, in flessione su tutte le valute. L’indice Morgan Stanley Asia Pacific arretra dello 0,3%. Fa meglio Shanghai (+1%), grazie ai dati confortanti in arrivo dal Pmi servizi. Hong Kong è in rialzo dello 0,1%. Seul guadagna lo 0,3% e Mumbai lo 0,2%.  

A Wall Street L’indice S&P 500 è scivolato sotto i 2,100 punti, per la prima volta dal 7 luglio. I listini Usa hanno chiuso in ribasso per la settima seduta consecutiva: Dow Jones -0,43%, S&P -0,65% e Nasdaq -0,93%.

I capitali si sono spostati sui beni rifugio, a partire dall’oro, in rialzo dell’1,3% a 1.305 dollari l’oncia: è la quinta giornata consecutiva di rialzo. In ribasso il dollaro sia nei confronti dell’euro (1,1098) che dello yen (103,30). Solo il peso messicano, vittima dell’effetto Trump, perde un altro 0,9% sulla moneta Usa.

Il calo del dollaro e gli attacchi terroristici in Nigeria hanno consentito il rimbalzo del petrolio: il Brent tratta stamane a 47,37 dollari al barile (-3,3%) e il Wti a 45,73, entrambi in lieve ripresa dopo il tonfo del 3% in scia alla pubblicazione dei dati sulle scorte settimanali di greggio Usa. Il comparto energetico è il fanalino di coda del mercato: Chevron -1,1%. A Milano Eni ha perso l’1,4%, Saipem -0,7%, Tenaris -2,4%. 

A completare il quadro nero sono arrivati i dati della trimestrale di Facebook. Gli utili sono triplicati (1.05 dollari per titolo contro una previsione di 0,97 cent) mentre i ricavi, grazie alla pubblicità sul mobile, sono saliti del 56%. Ma questi numeri non hanno soddisfatto gli operatori: nel dopo Borsa il titolo è sceso dell’8%. Non è affatto piaciuta l’assenza nel comunicato aziendale di una guidance sul quarto trimestre; gli analisti temono una forte caduta del traffico. Stesso destino per Alibaba:-3,3% nonostante che i ricavi del trimestre si siano rivelati più solidi delle attese.

Ieri è stata una giornata di ribassi anche per i listini europei, a partire dall’Italia. Piazza Affari ha chiuso la seduta aggiornando il minimo i a 16.475 punti, in calo del 2,5%, molto peggio delle altre Borse: Parigi -1,2%, Francoforte -1,4% e Londra -1% (oggi si riunisce la Bank of England e non sono attese variazioni nella politica monetaria).

La produttività del lavoro in Italia è aumentata al tasso medio annuo dello 0,3% tra il 1995 e il 2015, contro l’1,6% registrato dall’Ue. Lo riferisce Istat, sottolineando che il valore è la sintesi di una crescita media dello 0,5% del valore aggiunto e dello 0,2% delle ore lavorate. Tassi di crescita in linea con la media europea, spiega Istat, “sono stati registrati per Germania (+1,5%), Francia (+1,6%) e Regno Unito (+1,5%). Per la Spagna, il tasso di crescita è stato più basso (+0,6%) della media europea ma più alto di quello dell’Italia”.

La nota positiva è arrivata ieri dal mercato del debito, in recupero dopo un avvio molto debole che aveva fatto lievitare lo spread su Bund ai massimi dal 27 giugno. Poi c’è stato il recupero della carta italiana, con lo spread che ha stretto fin di 10 pb, a quota a 146. Il tasso sul Btp decennale ha sfiorato in mattinata l’1,70% (massimo da metà febbraio), ritracciando poi fino a un minimo di 1,59%, con un generalizzato appiattimento della curva.

Per spiegare gli acquisti gli operatori indicano diversi fattori concorrenti: la voce, poi smentita dallo stesso Matteo Renzi, di un possibile rinvio del referendum costituzionale del 4 dicembre; le ricoperture dopo il forte calo della seduta precedente e un possibile, ma non confermato, robusto intervento sul mercato della Bce. Intanto lo spread Italia/Spagna si conferma in area 40, ai massimi da fine ottobre 2014. La carta spagnola approfitta dello sblocco del lungo stallo politico a Madrid sancito domenica dal voto di fiducia al nuovo governo di Mariano Rajoy.

Il settore bancario italiano, scrive Mediobanca Securities, è “ostaggio” sia per la pressione sui crediti deteriorati, in assenza di un mercato delle sofferenze funzionante, sia “del rischio di instabilità politica legata al referendum costituzionale italiano che probabilmente metterà sotto pressione il mercato nelle prossime settimane”.  L’analisi è stata confermata dall’andamento pesante del comparto: -4,2%, peggio del resto dell’Europa (Stoxx -2,3%), dove BnpParibas ha perso il 3,4%, Deutsche Bank il 2,8% e la spagnola Bbva il 3,7%.

Nel listino italiano Monte Paschi ha perso il 4,2%, mentre salgono i timori sulla buona riuscita dell’aumento di capitale da 5 miliardi in un mercato così volatile. L’ad Marco Morelli è negli Usa per presentare il piano di ristrutturazione e l’aumento di capitale. Il roadshow farà tappa la prossima settimana in Asia. Il Cda, ha detto il presidente Massimo Tononi, ha approvato all’unanimità la risposta a Corrado Passera dopo l’annuncio del ritiro della sua proposta di intervento sulla Banca senese.

Particolarmente colpite dalle vendite anche Pop Milano (-7,69%) e il Banco Popolare (-7,05%). Unicredit ha perso il 4,95%. In controtendenza Carige (+2%), che ieri sera ha elaborato la lettera di risposta da inviare alla Bce che chiede alla Banca di ridurre l’esposizione ai crediti deteriorati a 5,5 miliardi di euro lordi entro fine 2017, cifra che scende poi a 4,6 miliardi a fine 2018 e a 3,7 miliardi a fine 2019. Nella risposta Carige chiede in sostanza più tempo, sottolineando gli sforzi in corso. Nelle ultime settimane è entrata in fase operativa la dismissione di un portafoglio di crediti problematici per oltre un miliardo di euro lordi.

L’intero settore Automotive è finito sotto pressione in Europa: Bmw è scesa del 3,7%, Daimler -2,6%. Sotto tiro Fiat Chrysler (-6,2%) dopo il calo delle vendite negli Usa (-10%) a ottobre rispetto allo stesso mese del 2015. Pesa anche la notizia dell’alleanza tra Uber e Maven, il car sharing della General Motors. Mediobanca Securities rileva che si pensava che Fca “potesse essere un candidato a partner per Uber, soprattutto per lo sviluppo di auto a guida autonomia”.

I dati sulle immatricolazioni in Italia, comunicati ieri a Borse chiuse, sono più confortanti. Le vendite del gruppo Fca in Italia superano il mercato anche in ottobre con un aumento pari al 12,4% su anno, a oltre 41.400 unità, rispetto al +9,75% del mercato. Nel 2016 con 300.000 immatricolazioni in più rispetto al 2015 il mercato italiano si conferma in piena ripresa. In ribasso anche Brembo (-2,2%) e Cnh Industrial (-1,6%).

Nel resto del listino, in calo Enel (-1,8%), Terna (-2,8%) e Snam (-2,7%). Telecom Italia, alla vigilia del Cda, ha perduto il 2%. Mediaset -3,8%. Stefanel precipita in ribasso del 39% a 0,105 euro. Il Cda del gruppo di abbigliamento presenterà domanda di ammissione al concordato preventivo lasciando aperta la possibilità di ricorso in caso si trovasse un accordo di ristrutturazione dei debiti. Secondo la società questa decisione rientra nelle iniziative finalizzate alla ristrutturazione del debito e al rafforzamento patrimoniale della società.

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