In occasione del simposio di Jackson Hole, la Federal Reserve ha comunicato con chiarezza la sua intenzione di alzare i tassi e, soprattutto, di mantenerli alti, per gran parte del 2023. Il mercato, invece, si era convinto che già nella prossima primavera la Fed, rassicurata dall’andamento dell’inflazione e preoccupata per le prospettive della crescita e dell’occupazione, avrebbe dato avvio a un ciclo di tagli dei tassi. Per questo motivo, per qualche tempo, il mercato non toccherà più i recenti massimi che hanno visto l’indice Standard and Poor’s superare per qualche ora quota 4300. M nell’immediato non tornerà nemmeno a rivisitare i minimi di giugno di 3666 punti base. Sono le parole di Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos, che analizza l’attuale scenario macroeconomico nel suo podcast mensile Al 4° piano, dal titolo: “L’EQUILIBRIO NERVOSO DELLE BORSE: a metà strada tra i minimi di giugno e i massimi di agosto“.
L’errore del mercato: anticipare la recessione ma anche i tempi di ripresa
Secondo Fugnoli, questo è l’errore che il mercato ha fatto e continua a fare: immaginare la recessione con molti mesi di anticipo rispetto alla realtà e di conseguenza, anticipare erroneamente anche i tempi della ripresa.
In pratica il mercato si è preoccupato troppo nella prima metà del 2022 e si è convinto di essere già in recessione quando in realtà abbiamo visto solo un rallentamento del manifatturiero per un eccesso di scorte, mentre i servizi, che costituiscono i tre quarti delle economie avanzate, hanno continuato ad andare bene.
In cambio il mercato si è preoccupato troppo poco per il 2023, che ha immaginato come un anno di ripresa quando invece sarà l’anno in cui la recessione dispiegherà davvero i suoi effetti.
Se questo scenario è corretto, tuttavia, il mercato non avrà nemmeno motivo per ritornare subito verso i minimi di giugno, a patto che l’inflazione americana prosegua la veloce discesa che abbiamo iniziato a vedere.
Equilibrio nervoso delle Borse: le differenze tra Europa e America
L’Europa è purtroppo in una situazione diversa. Mentre l’America è infatti autosufficiente sull’energia, l’Europa sta entrando in una crisi dovuta sia alla scarsità, sia alla precarietà, sia al costo delle fonti energetiche.
Conseguenza di questa situazione è che l’inflazione europea, a differenza di quella americana, crescerà ancora nei prossimi mesi e inizierà a scendere solo nel 2023. L’inflazione così alta obbligherà la Banca Centrale Europea ad alzare comunque i tassi pur con un’economia già vicina alla recessione.
L’azionario continua a rappresentare una difesa grazie al suo valore reale
L’azionario europeo sconta già le prospettive difficili del prossimo inverno e si tiene prudentemente su livelli di valutazione più bassi di quelli del mercato americano. Chi investe in Europa farà però bene a introdurre un secondo livello di prudenza e a concentrarsi sulle società più solide.
Un certo sollievo verrà all’Europa dalla debolezza dell’euro, che si protrarrà ancora per qualche tempo nella sua forma acuta e che diventerà però strutturale se la bilancia delle partite correnti dell’eurozona, storicamente in forte attivo, continuerà nei prossimi anni a essere indebolita dai forti costi dell’energia importata.
Il 2023 offrirà molte interessanti occasioni di acquisto sui mercati azionari globali. Per poterle sfruttare, sarà bene creare la liquidità necessaria alleggerendo le posizioni nei momenti in cui i mercati festeggeranno la discesa dell’inflazione americana.
Questi alleggerimenti non dovranno però essere troppo aggressivi. Come ci insegna l’esperienza degli anni Settanta, dice Fugnoli, in periodi di turbolenza e instabilità l’azionario rappresenta comunque una difesa grazie al suo valore reale.