X

Borse: Milano e Madrid nel mirino, aspettando il vertice Bce. La Fed: niente Qe in vista

FIRSTonline

Martedì nero per Italia e Spagna. La Borsa di Milano -2 % e quella di Madrid -2,6% sono state le più bersagliate a causa di un ritorno di sfiducia sulla capacità dei due Paesi di proseguire sulla strada delle riforme e del consolidamento del bilancio pubblico. La disaffezione verso l’Italia ha colpito anche i titoli di Stato: il rendimento del Btp a 10 anni è salito di 5 punti base a 5,13% e lo spread con il Bund si è allargato a 335 punti base. Il rendimento del Btp a 2 anni è salito di 4 punti base al 2,79%: era sceso a fino a 1,65% a inizio di marzo. Preoccupa la tendenza al rialzo delle scadenze più brevi: sia il Btp biennale (2,89% il rendimento) che il 5 anni (4,33%) rendono di più dell’analogo titolo spagnolo. E’ la conferma che il mercato ritiene l’Italia più solida nel lungo termine, ma crescono, nel breve, le preoccupazioni sulla tenuta del governo tecnico. Cresce intanto l’attesa per la riunione della Bce. E’ assai improbabile, nonostante la congiuntura negativa delle economie della Ue, un ritocco dei tassi. Ma sarà importante il messaggio che, per l’occasione, verrà lanciato da Mario Draghi dopo che si va affievolendo l’impatto dei prestiti Ltro.

La luna di miele del governo Monti è finita. Così titola una corrispondenza romana del Financial Times in cui si rileva che i mercati tornano a guardare con inquietudine all’Italia. Il problema non è il nodo della riforma del lavoro, bensì la sensazione che il premier sia costretto a gettar la spugna anzitempo. Intanto lo stesso Financial Times tira un colpo basso all’esecutivo: Il ribasso della Borsa di Milano è stato alimentato dalle indiscrezioni di oggi del Financial Times. Secondo il quotidiano, esiste sull’Italia un “rapporto riservato”, circolato durante l’Ecofin di Copenagen del weekend scorso, da cui emerge la convinzione per cui Roma dovrà fare una manovra aggiuntiva per raggiungere il target prestabilito del pareggio del bilancio pubblico nel 2013. Un’ipotesi smentita in maniera categorica dal ministro Corrado Passera e dal portavoce Ue, ma che getta una luce diversa sulla pioggia di vendite che lunedì ha anticipato la frana dei titoli di Piazza Affari.

Un rapporto molto severo di S&P sulla capacità del sistema bancario italiano di assicurare un livello di redditività decente, ha accentuato la pressione sul settore del credito: Unicredit ha chiuso in calo del 4,9%, Intesa -4,7%, Banco Popolare -6,7%, Pop. Milano -6,6%.

Niente Quantitative Easing 4 a meno che l’inflazione Usa non scenda sotto il 2 per cento e, soprattutto, che l’espansione dell’economia non s’inceppi di nuovo. Questo, in sintesi, risulta dalle minute della Federal Reserve relative alla riunione del Fomc dello scorso 13 marzo. Non c’è dunque stata, come era successo nella riunione di gennaio, un riferimento esplicito alla possibilità di una nuova espansiva nel caso le condizioni economiche lo richiedano. Al contrario, nessuna voce si è levata a favore di un’ulteriore iniezione di liquidità nel sistema.

La delusione di Wall Street non si è fatta attendere: l’indice S&P ha perduto lo 0,40%, il Dow Jones lo 0,49%. Il Nasdaq limita la caduta allo 0,20%. Lunedì l’indice americano S&P500 aveva chiuso al livello più alto da metà maggio del 2008, mentre il Dow Jones aveva terminato ai massimi da fine dicembre 2007 e il Nasdaq ai massimi da fine 2000. Ma ancor prima delle minute della Fed l’entusiasmo era stato raffreddato dal dato, appena deludente, sugli ordini all’industria Usa per innescare un flusso di vendite: gli ordini sono saliti a febbraio dell’1,3%, meno dell’1,5% previsto dagli economisti.

In forte ribasso anche i listini asiatici. La Borsa di Tokyo registra un calo del 1,66%, seguita dagli altri listini del Continente. Fa eccezione Hong Kong +1,31% trainata dalle notizie in arrivo da Pechino.

L’Europa, Italia in testa, invoca l’arrivo dei capitali di Pechino. Il Drago, al contrario, si appresta ad attrarre investimenti da fuori. La Cina, infatti, ha portato da 30 a 80 miliardi di dollari il tetto degli investimenti consentiti ai fondi di investimento stranieri nel tentativo di rivitalizzare la Borsa di Shanghai, una delle peggiori dall’inizio del 2011 ad oggi.

Il malessere di Italia e Spagna si è fatto sentire, seppur in tono minore, sugli altri mercati del Vecchio Continente. La Borsa di Londra è scesa dello 0,6%, Parigi -1,6%, Francoforte -1%

Le vendite sono fioccate su banche (Stoxx del settore -2,4%), e assicurazioni (-1,4%). Deutsche Bank ha chiuso in ribasso del 3%, le francesi SocGen e Bnp Paribas hanno perso rispettivamente il 3,7% e il 2,1%. Fra le assicurazioni, Generali ha chiuso in ribasso del 3%. E’ rimbalzata Unipol +5,6% dopo il ribasso del giorno precedente. FondiariaSai + 1,3%. Balzo di Premafin, che dopo una lunga sospensione ha chiuso in rialzo del 25%.

In controtendenza Autogrill +2,3% e Ferragamo +2,7%. Finmeccanica ha chiuso in calo dello 0,7% nonostante la promozione di Hsbc a neutral .

A2A -2,7% ha segnato il nuovo minimo storico. Si attende a giorni il verdetto della Consob sulla congruità del prezzo dell’Opa su Edison da parte di Edf. Sull’offerta esiste un esposto in Comissione da parte della Tassara di Romain Zaleski, Se l’authority guidata da Giuseppe Vegas dovesse chiedere un rialzo del prezzo, Edf denuncerà l’intera operazione e tornerà d’attualità l’ipotesi dell’asta tra Edf e i soci italiani. Intanto prosegue il calo di Enel – 1,79% afflitto dalla “spagnola”. Sul titolo, infatti, pesa l’incognita di un possibile intervento del governo di Madrid sulle tariffe dell’energia che colpirebbe la controllata Endesa.

In calo Fiat -0,7%, Fiat Industrial -1,1% e Pirelli -1,3%. Forte ribasso di Telecom Italia – 2,8%, declassata da Mediobanca a “selected underperformer”.

Related Post
Categories: Finanza e Mercati