Le banche e i titoli petroliferi frenano Piazza Affari, che chiude in calo dello 0,12% a 25.958 punti, in un contesto globale incerto e tenuto in scacco dagli stessi dubbi delle ultime settimane, a partire dalla crescita dell’inflazione e dalle sue conseguenze sulle scelte delle banche centrali.
Oggi sono usciti i dati sui prezzi al consumo negli Usa, che si sono ulteriormente rafforzati a settembre, senza però sconvolgere le previsioni (+0,4% rispetto ad agosto, contro attese di +0,3%. L’inflazione core, ovvero quella depurata dalle componenti volatili come energia e alimentari, è stata dello 0,2%). L’indice annuale si aggira ai massimi da 13 anni con un progresso annuo del 5,4%, in gran parte a causa delle strettoie nella catena di approvvigionamento. Persino Apple, come si legge in altro articolo di FIRSTonline, sarà probabilmente costretta a tagliare la produzione di iPhone 13 per carenza di chip.
Per ridurre gli arretrati nelle forniture le grandi aziende statunitensi si stanno impegnando a estendere l’orario di lavoro, mentre l’amministrazione Biden garantisce l’impegno di Walmart, UPS e FedEx a lavorare 24 ore su 24.
In ambito politico si segnala che la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, controllata dai democratici, ha dato l’approvazione finale alla legislazione che aumenta temporaneamente il limite di indebitamento del governo a 28.900 miliardi di dollari, posticipando la scadenza per l’insolvenza del debito solo fino a dicembre.
Nell’azionario è partita intanto la stagione delle trimestrali, con profitti in rialzo per JP Morgan e BlackRock. Dopo un avvio positivo, Wall Street si muove attualmente contrastata. Sono in rosso DJ e S&P 500, mentre resiste il Nasdaq. La borsa a stelle e strisce è reduce da tre sedute consecutive in ribasso.
Nel primo pomeriggio americano usciranno infine i verbali dell’ultima riunione del Fomc, il braccio monetario della Federal Reserve, dai quali potrà emergere l’orientamento sui tempi di annuncio del tapering.
La reazione dei T-Bond, all’andamento dell’inflazione Usa, appare contrastata: i rendimenti a più lungo termine sono in calo e quelli dei titoli a breve sono in rialzo. Il tasso del decennale arretra di una percentuale superiore all’1,5% e si muove intorno a +1,55%. Il rendimento del buono del Tesoro a due anni, che tipicamente tiene il passo con le aspettative sui tassi di interesse, è in rialzo intorno a +0,37%.
Il dollaro si muove in calo rispetto alle principali valute. L’euro risale leggermente, ma cambia sotto quota 1,16. Riprende vigore l’oro, con lo spot gold che guadagna quasi il 2% e tratta oltre 1792 dollari l’oncia.
Sui listini europei la reazione ai dati macro nordamericani è apparsa piuttosto tiepida e la chiusura è in ordine sparso. Insieme a Milano arretra Madrid, -0,54%. Salgono Londra +0,18% e Amsterdam +0,83%.
Francoforte si apprezza dello 0,63%, spinta dal balzo del gruppo di software Sap (+4,2%), dopo le previsioni ottimistiche. Nel paniere tedesco brilla anche Volkswagen (+2,72%), con il titolo galvanizzato dall’ipotesi di un taglio di 30 mila posti di lavoro. L’amministratore delegato, Herbert Diess, avrebbe parlato di “timori per il futuro dell’azienda” e avrebbe appunto agitato lo spettro di “tagli fino a 30.000 posti di lavoro”. La dura sforbiciata potrebbe essere necessaria per mantenere la competitività del gruppo durante la transizione all’elettrico.
Bene Parigi +0,8%, con Lvmh in spolvero (+3,8%) dopo aver mostrato un forte incremento nelle vendite trimestrali della divisione moda e pelletteria.
I conti dei giganti nel settore riverberano la loro luce positiva sui titoli milanesi. Nel lusso si apprezza Moncler, +2,73%, che è la migliore blue chip di oggi, mentre nell’elettronica Stm si butta alle spalle i problemi del cliente Apple e sale dell’1,4%.
Archiviano una seduta in progresso i titoli farmaceutici: Diasorin +2,62%, Recordati +2,58%, Amplifon +1,5%. Tra i finanziari è in controtendenza Nexi +2,66%. Nell’industria bene Prysmian +2,03% e Interpump +1,23.
La parte bassa del listino è occupata invece da titoli petroliferi e banche. I primi soffrono il calo del greggio, sebbene l’oro nero sia in recupero dai minimi. Il Brent perde circa lo 0,5% e tratta poco lontano da 83 dollari al barile, mentre l’Opec taglia le previsioni sulla domanda di petrolio nel 2021 e lascia invariate quelle per il 2022.
Sul Ftse Mib segnano perdite Saipem -2,12%; Eni -1,27%; Tenaris -1,31%.
Sette delle dieci peggiori blue chip di oggi sono titoli finanziari.
Tra le banche sono in rosso Unicredit -2,26%; Banco Bpm -2,21%; Bper -1,7%; Mediobanca -1,32%. Nel risparmio gestito soffre Banca Generali -1,3%. Tra gli assicurativi Generali -1,47% e Unipol -1,37%.
Chiude in rosso anche il secondario italiano: lo spread tra Btp e Bund 10 anni cresce a 107 punti base (+1,61%), ma i rendimenti calano. Il titolo tricolore passa a +09%. Fa meglio il titolo tedesco, -0,17%.
Sul primario si registrano rendimenti in rialzo per i Btp assegnati in asta dal Tesoro, con una buona richiesta. Per i titoli a tre anni il rendimento è salito di 8 centesimi attestandosi a -0,19%; a sette anni l’aumento è di 16 centesimi rispetto all’asta del mese scorso e si è attestato allo 0,48%. Il titolo a 30 anni ha spuntato un rendimento lordo dell’1,82%, (+13 centesimi sull’asta precedente).