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Borse in ripresa dopo la paura: ecco quali sono le ragioni. Parla Conti di Eurizon Intesa Sanpaolo

Imagoeconomica

A guardare l’andamento delle borse degli ultimi giorni il conflitto in atto non sembra aver aggiunto ulteriore paura, cioè volatilità, a quella che gli investitori avevano già per la sostenibilità del ciclo globale. Perchè gli investitori si pongono sempre la stessa domanda: c’è possibilità che venga interrotto il ciclo globale e che si crei recessione? Qualcuno può aver spostato gli investimenti in aree geografiche più lontane dalla crisi, ma anche in Europa, l’area più vicina all’epicentro, si nota un rialzo delle quotazioni con l’aspettativa che si possa concretizzare un accordo diplomatico, mentre l’attenzione è più per le politiche fiscali a sostegno della crescita. Ora più che mai vale per i risparmiatori la regola d’oro della diversificazione del portafoglio, con un occhio ai settori che più beneficiano dell’inflazione come Energy e Materials e, se si dovesse profilare un aumento dei tassi anche in Europa, anche ai titoli finanziari. E’ quanto sostiene, in questa intervista a FIRSTonline, Andrea Conti, Responsabile Macro Research & Product Specialist di Eurizon del gruppo Intesa Sanpaolo.

Dottor Conti, è passato un mese dall’inizio guerra e i mercati sono sempre più volatili: c’è un cambiamento negli orientamenti dei risparmiatori? Si può parlare di una fuga dal rischio, di una riscoperta delle obbligazioni rispetto ai titoli azionari e anche di una ricerca di beni rifugio? In altre parole: è in corso una rivoluzione dei portafogli degli investitori?

“No. Se fotografiamo i mercati rispetto al 24 febbraio, notiamo che le borse in questo periodo hanno un segno positivo. La borsa USA ha guadagnato circa il 5%, l’MSCI All Country World il 4%, anche l’Eurostoxx, per quanto geograficamente vicino all’epicentro della crisi, è circa il 2% sopra i livelli di un mese fa. La volatilità delle borse europee è stata forte, ma se consideriamo la borsa USA, che fotografa l’umore degli investitori internazionali, notiamo che la volatilità in queste settimane non è salita sopra i livelli che già aveva toccato a fine gennaio quando la guerra sembrava improbabile e le preoccupazioni degli investitori erano legate alla svolta restrittiva della Federal Reserve. Da questo punto di vista la guerra non ha aggiunto ulteriore paura (volatilità) a quella che gli investitori avevano già prima riguardo la sostenibilità del ciclo globale. Tra i beni rifugio l’oro è salito, vero. Ma non tanto per una fuga dal rischio, quanto come protezione dal nuovo shock inflazionistico che l’attuale contesto può comportare. E le obbligazioni non hanno assolutamente protetto in questa fase; infatti, i tassi governativi sia di USA sia di Germania sono più alti di quanto erano un mese fa; quindi, le quotazioni dei titoli sono più basse”

L’indice S&P, dopo un calo deciso, ha ora visto un rimbalzo. Come interpreta questo movimento? Qualcuno lo attribuisce solo a fattori tecnici (buyback/ riposizionamento di portafoglio di fine trimestre), altri al fatto che il mercato ha già “prezzato” la guerra e stia guardando altrove (per esempio ai tassi ufficiali Usa o Ue). Quale di queste posizioni la convince di più? Vede quindi un andamento a V del mercato oppure un movimento “laterale”?

“Il recupero delle borse delle ultime due settimane è legato soprattutto all’assenza di una ulteriore escalation militare, alla aspettativa che si possa prima o poi concretizzare un accordo diplomatico, al fatto che il prezzo del petrolio, pur restando elevato, non sta salendo ulteriormente, al fatto che la politica fiscale, soprattutto in Europa, sta in parte compensando l’impatto della bolletta energetica, al fatto che i dati economici pre-guerra indicano una crescita molto solida per l’economia globale. È stata quindi l’assenza di notizie ulteriormente negative a sostenere le borse dopo la fase della paura. Da qui in avanti affinché il recupero possa proseguire a V è essenziale che si concretizzi l’accordo diplomatico che ponga fine alla guerra e porti come effetto collaterale un calo dei prezzi di petrolio e gas. Ma questo è uno sviluppo su cui non è possibile fare una previsione puntale. In attesa di questo sviluppo per i mercati azionari appare più probabile un movimento di tipo laterale con l’attenzione degli investitori orientata a valutare l’impatto restrittivo dell’inflazione da materie prime, contrastato dal rialzo dei tassi Fed, e in parte compensato da interventi di natura fiscale”

Secondo un report della Bank of America, non per caso titolato “Esodo dall’Europa”, la seconda settimana di marzo è quella che ha segnato il maggior deflusso di capitali dai fondi che investono sull’Europa, salvo lasciare spazio a un ribilanciamento tra azioni e bond nei giorni successivi: sull’asset management di Eurizon che effetti concreti ha avuto e sta avendo l’attuale scenario geopolitico?

“All’apparire di un evento geopolitico gli investitori si pongono sempre la stessa domanda: ha il potenziale di interrompere il ciclo globale, di creare una recessione globale? Se la risposta è SI allora la reazione, degli investitori, è la fuga dal rischio e il rifugio nella liquidità e nei titoli obbligazionari a lunga scadenza, cosa che, abbiamo visto, in questo caso non è successo. Se la risposta è NO allora si vanno ad individuare le aree che saranno più impattate dall’evento geopolitico e si “fugge” solo da quelle, andandosi a “riparare” nelle aree geograficamente più lontane dall’epicentro della crisi. È quello che è successo ai mercati europei nella prima metà di marzo. È quello che abbiamo fatto anche noi sui nostri portafogli riducendo le azioni europee a favore delle altre aree. Ora, rispetto ai minimi di metà marzo i mercati europei hanno già recuperato larga parte delle perdite, segno che la paura era stata eccessiva ed è stata in larga parte calmata da interventi di politica fiscale orientati a contenere l’impatto della bolletta energetica sui consumatori e quindi sulla crescita.

Da qui in avanti però affinché i mercati europei possano proseguire il recupero in modo rapido sarebbe necessaria una fine ravvicinata della guerra e una rapida discesa del prezzo del petrolio e del gas. Sono sviluppi su cui è difficile fare previsioni. E comunque l’Europa dovrà in ogni caso gestire le problematiche legate alla fornitura di materie prime energetiche. E quindi probabile che l’Europa rimarrà per qualche tempo sottopesata nei portafogli degli investitori globali, a meno di sorprese geopolitiche fortemente positive, su cui al momento non è possibile fare previsioni e men che meno impostare una strategia di investimento”.

A un risparmiatore che vorrebbe investire oggi senza correre troppi rischi e principalmente per difendere i propri risparmi dalle conseguenze economiche e finanziarie delle attuali tensioni geopolitiche e dal rischio di stagflazione, che consigli darebbe? È già arrivato il momento in cui i bassi prezzi possono creare opportunità per chi vuole affacciarsi alla Borsa?

“Non è possibile investire senza correre rischi, non più. Non più dal 2008, quando a seguito della grande crisi finanziaria i tassi di interesse sono scesi a zero, o comunque abbondantemente sotto l’inflazione, in tutto il mondo. Non è privo di rischio l’investimento in liquidità. Anzi la liquidità è l’unico strumento finanziario per cui l’investitore è certo di perdere soldi. I tassi sulla liquidità sono a zero, l’inflazione italiana in questo momento è il 5.7%, chi tiene i soldi liquidi sta perdendo il 5.7% all’anno. Non è privo di rischio l’investimento in obbligazioni governative, sia perché anche in questo caso i tassi cedolari delle obbligazioni nella maggior parte dei casi non coprono l’inflazione, sia perché i tassi a scadenza stanno salendo e quindi si può incorrere in perdite in conto capitale.

In queste condizioni la remunerazione del capitale si può ottenere solo detenendo una quota di investimento in attività legate all’economia reale. Solo le imprese riescono, nei loro profitti, a compensare l’inflazione e a remunerare in termini reali il capitale. Ovviamente lo fanno in modo volatile, per le imprese ogni anno è diverso da un altro. Ma è un errore confondere volatilità con rischio. Rischio è quello di investire dei soldi e non vederli ritornare, vuoi per default della società o governo a cui sono stati prestati, vuoi per il fallimento dell’impresa in cui si è investito. Ma se si investe su un fondo azionario sufficientemente diversificato il rischio fallimento di fatto non esiste. Esiste la volatilità, ovvero il fatto che i mercati si muovono, e anche tanto, in entrambe le direzioni. Ma nel lungo periodo i mercati azionari salgono, per il semplice motivo che le imprese, nel lungo periodo si sanno adattare al contesto che cambia e sanno realizzare profitti.

Dal 1980 ad oggi l’indice MSCI World che rappresenta il mercato azionario globale ha avuto un rendimento medio annuo dell’ 11.8%, con grande differenza da un anno all’altro, ma in media 11.8%. L’inflazione dell’Eurozona, nello stesso periodo è stata pari al 2.8% annuo, il 25% circa del rendimento del mercato azionario. Chi in questo periodo avesse avuto almeno il 25% del proprio patrimonio personale investito in modo diversificato sui mercati azionari avrebbe protetto l’intero capitale dall’inflazione. Sopra il 25% avrebbe guadagnato in termini reali. È una regola che con ogni probabilità varrà anche in futuro, soprattutto in mondo in cui la remunerazione cedolare della rendita è tutt’ora inferiore all’inflazione”.

E invece a chi è già investito in Borsa e guarda con preoccupazione alla volatilità e alle oscillazioni dei suoi titoli azionari, che cosa consiglierebbe? Uno stop loss, uno spostamento sui bond o l’attesa paziente di una schiarita sui mercati in cui sia più agevole interpretare gli orizzonti finanziari?  

“Chi è investito in modo equilibrato e diversificato deve guardare al medio lungo periodo senza sovrareagire agli eventi. Vendere dopo una discesa dei mercati è l’unico modo per essere certi di incassare la perdita. In generale la scelta giusta è l’opposto di quanto viene suggerito dalla paura”

Quali sono i settori su cui si puntare e che potrebbero trarre vantaggio dall’attuale situazione? I bancari (in conseguenza dell’aria di aumento dei tassi), i TECH? Le aziende delle rinnovabili? Oppure? 

“Fino a quando le tensioni geopolitiche manterranno elevati i prezzi delle materie prime saranno premiati i settori che più beneficiano dell’inflazione come Energy e Materials. Ma man mano che gli investitori punteranno ad una soluzione politica della crisi le scelte si orienteranno sui settori ciclici che saranno sostenuti in ottica di prolungamento del ciclo economico, quali gli Industriali. La tecnologia rimane un tema strutturale di lungo periodo, ma nell’immediato può risultare frenato dal rialzo dei tassi di interesse, soprattutto se l’allentamento delle tensioni geopolitiche farà risalire i tassi reali. In tale contesto potranno però trovare ulteriore supporto i titoli finanziari”

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