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Borse in altalena e Generali alle prese con il rebus delle nomine per la sostituzione di Caltagirone

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L’uscita dal tunnel è ancora lontana. Dopo il forte rimbalzo di ieri a Wall Street, le Borse si avviano stamane ad aprire in ribasso. Almeno è quanto emerge dall’andamento debole dei listini asiatici e dall’incertezza dei future. Pesa l’attesa per le prossime mosse della Fed, così come del piano anti-spread della Bce, complicata quadratura del cerchio tra falchi e colombe. Ma, a ben vedere, le incognite sono più profonde.

Affari d’oro per Cina ed India con l’embargo del greggio

A partire dal dossier energia, che, a mano a mano che continua il braccio di ferro con la Russia, presenta non poche incongruenze. Il New York Times stamane assegna l’Oscar di valuta del mese al rublo, sostenuto dall’aumento delle vendite di greggio di Mosca (+1,7 miliardi di dollari a maggio). A comprare il petrolio russo, bandito dalle sanzioni, sono i Paesi asiatici: la Cina ha aumentato gli acquisti del 28% dalla Russia, che ha scavalcato l’Arabia Saudita. Ancor più significativo il saldo dell’India: da zero a 760 mila barili al giorno, ad un prezzo largamente inferiore a quelli di listino. Certo, Mosca paga un enorme prezzo in termini di Pil (-15%), ma il costo è alto per tutti.

Apertura in ribasso dell’1% per Eurostoxx e Wall Street

Le borse dell’Europa dovrebbero aprire in ribasso dell’1% circa, i future di Wall Street sono in calo di oltre l’1%.

In rosso anche il petrolio: il WTI perde il 3,7% a 106 dollari il barile, prezzo che non si vedeva da cinque settimane.

Da seguire l’oro, in calo dello 0,5%, a 1.825 dollari. La Ue è intenzionata a estendere l’embargo al metallo in arrivo da Mosca. Ma Bloomberg segnala che ieri la Russia ha venduto lingotti alla Svizzera. Naturalmente con lo sconto.

Giù Hong Kong, Pechino aumenta le spese

Si spegne così in Asia il breve rally dei mercati. Nel finale di seduta, il Nikkei di Tokyo è piatto. L’Hang Seng di Hong Kong perde l’1,3%, il CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzen lo 0,4%. Dopo tre sedute in positivo, l’Hang Seng Tech perde oltre il 2%.

Pechino sembra intenzionata a fare da motore della crescita. Nel corso della riunione del comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo tenutasi ieri sera a Pechino, è emersa la volontà di aumentare la spesa in infrastrutture attraverso l’emissione di prestiti speciali emessi dalle amministrazioni locali.

Anche Praga aumenta i tassi. Vigilia di scelte per la Bce

Difficile che il vento dell’Est soffi per ora nella vecchia Europa. Stamane, anzi, la Banca centrale della repubblica Ceca, ultima in ordine di tempo, si accoderà al rialzo generale dei tassi con un aumento di almeno 0,75 punti. Gli occhi dei mercati restano concentrati sulla stanza dei bottoni della Bce, dove i tecnici dell’istituto stanno limando i dettagli del piano anti-spread in modo che possa superare gli esami della Corte costituzionale tedesca.

Lo spread si ferma a 192, Milano +0,39%

Nell’attesa, lo spread resta a 192 punti, nonostante l’ascesa dei rendimenti sia dei Btp che dei Bund.

Piazza Affari si apprezza dello 0,39% e si consolida oltre quota 22mila punti base. Si confermano ben comprate le banche.

Ma il grande affare l’ha fatto Leonardo (+3,51%), che in un colpo solo sistema la controllata americana Drs e stabilisce, grazie a una fusione, un asse con l’israeliana Rada, all’avanguardia nei radar, piccolo gioiello quotato sia a Tel Aviv che al Nasdaq.

Poltrona vuota in Generali

Si profila una giornata ad alta tensione in casa Generali. La riunione del comitato nomine per la sostituzione di Francesco Caltagirone alla vicepresidenza, ieri si è chiusa senza un accordo. A rigor di statuto, la carica sarà offerta a Claudio Costamagna, che la rifiuterà, così come farà Luigi Cirinnà. Altri nomi dovranno trovare il gradimento, tutt’altro che scontato, dei consiglieri di minoranza.

Proposta antinflazione di Savona

In occasione del suo incontro annuale col mercato finanziario, il presidente della Consob, Paolo Savona, ha lanciato la proposta di uno “scudo anti inflazione per proteggere il risparmio“.

Barkin (Fed): il rialzo dev’essere rapido ma durare poco

Il lungo fine settimana ha comunque fatto bene ai mercati Usa, ieri in robusto rally nell’attesa dell’audizione di oggi di Jerome Powell. Il presidente della Fed di Richmond, Thomas Barkin, ha avvertito che la Banca centrale degli Stati Uniti deve alzare i tassi alla maggiore velocità possibile, cercando in contemporanea di arrecare il minor danno possibile all’economia e al sistema finanziario. È probabile che un simile monito arrivi oggi da Jerome Powell, in audizione al Congresso.

Rivincita di Exxon, vola Tesla

In rialzo ieri tutti gli 11 settori dell’indice S&P (+2,4%). Salgono anche il Dow Jones (+2,1%) e il Nasdaq (+2,5%).

Continua la rivincita di Exxon (+6,2% a 91,48 dollari). Il colosso oil, escluso l’anno scorso dall’indice principale, è stato accusato dal presidente Biden “di aver guadagnato più soldi di Dio. Cominci a investire e a pagare le tasse”.

La riscossa del mercato ha coinciso con un’ondata di vendite sui T-bond: Il rendimento del decennale è risalito al 3,304%.

Rimbalzo a doppia cifra anche per Tesla. Sulla recessione ha detto la sua anche Elon Musk: il miliardario la considera “probabile” nel breve termine, poiché le banche centrali di tutto il mondo si affrettano a ritirare gli stimoli monetari. Il rallentamento potrebbe comportare una riduzione del 10% del numero di dipendenti di Tesla.

Goldman Sachs vede la recessione al 30%. Per Summers è evitabile

La recessione sta già sostituendo l’inflazione nella classifica dei pericoli più temuti. I pessimisti sono in maggioranza: Viraj Patel, uno degli strategist più seguiti, parla di rimbalzo del gatto morto aggiungendo che “il peggio deve ancora venire”. Per Goldman Sachs il rischio recessione è oggi al 30% (il doppio del precedente sondaggio).

Il presidente Biden, però, fa sapere che Lawrence Summers, l’economista che aveva previsto (inascoltato) che la politica dei forti sostegni post Covid avrebbe scatenato l’inflazione, gli ha detto che “una recessione è tutt’altro che inevitabile”. Tutto dipenderà dall’abilità della Fed a manovrare i tassi in una situazione ad alta tensione, specie sul fronte dei salari.

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