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Borse in altalena: a Milano male le banche ma il Ftse Mib recupera nel finale e chiude in parità

Pixabay

Pausa di riflessione sui listini europei dopo due giorni sulle “montagne russe”. Il pessimismo di lunedì e le speranze di ieri su una soluzione diplomatica della crisi ucraina, hanno lasciato spazio oggi alla prudenza, soprattutto dopo che Nato e Stati Uniti hanno messo in dubbio le reali intenzioni di Mosca.

La chiusura è contrastata, mentre l’avversione al rischio ha fatto nuovamente capolino anche a seguito dell’avvio negativo di Wall Street. 

Piazza Affari è incolore e chiude a 26.969 punti base, penalizzata dai realizzi sui titoli bancari, ma sostenuta dagli acquisti su Prysmian (+3,04%) e sui titoli petroliferi. Sono poco mosse, ma negative, Francoforte -0,26%; Parigi -0,21%; Londra -0,06%. In rialzo Amsterdam +0,5% e Madrid +0,25%. È convinta Mosca +1,28%. 

A New York la borsa americana sta procedendo in ribasso dopo una serie di dati macro e in attesa, più tardi, della lettura dei verbali dell’ultima riunione della Fed, da cui trarre indicazioni sull’intensità del ritocco dei tassi previsto a marzo. Appare calmo invece il mercato dei titoli di Stato Usa con il rendimento del decennale in lieve calo. Nei giorni scorsi si è assistito a un’inversione della curva (il tasso del Treasury 10 anni ha superato quello del titolo a due anni), movimento che è tradizionalmente considerato un presagio di crisi economica.

Tra le materie prime, dopo le vendite di ieri, rimbalza il petrolio: Brent +2,85%, intorno a 96 dollari al barile. Si apprezza l’oro, che tratta in area 1865 dollari l’oncia.

Sul valutario è poco mosso l’euro-dollaro, con il cambio intorno 1,137.

A Piazza Affari in vetta i petroliferi

Il listino principale di Piazza Affari chiude praticamente in equilibrio. Sul piatto verde della bilancia sta Prysmian, che segna il maggior rialzo, a seguito dei risultati sopra le attese della concorrente francese Nexans.

Tornano in auge i titoli oil con i rialzi del greggio: Tenaris +2,29%; Saipem +1,09%; Eni +1,03%. In particolare Saipem sarebbe sorretta da un certo ottimismo degli investitori sul prossimo piano industriale in corso di preparazione. Secondo il Sole 24 Ore, la revisione strategica di Alessandro Puliti, il manager arrivato da Eni, prevede una rifocalizzazione sul business tradizionale del gruppo. Inoltre un miglioramento della situazione dovrebbe derivare dall’aumento di capitale, che secondo il quotidiano ammonta a 1,5 miliardi, e dalla rimodulazione del debito con le banche. “Riteniamo che gli step necessari per ristabilire l’equilibrio di bilancio siano stati avviati con l’arrivo dei nuovi manager e la formulazione del piano strategico e di ristrutturazione”, commenta Equita in una nota.

Bene anche Nexi +1,88%.

La parte bassa del Ftse Mib è occupata invece dalle banche, dopo il balzo della vigilia: Intesa -2,17%; Banco Bpm -1,87%; Unicredit -1,65%; Bper -1,29%. 

Nell’automotive arretrano Pirelli -2,17% e Ferrari -1,48%; tonica Stellantis +0,93%.

Fuori dal paniere principale Mps perde il 4,74% dopo aver smentito le indiscrezioni sulla necessità di un aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro.

Vola invece Leone Film Group, +10,94%, con i conti preliminari del 2021. La società cinematografica ha chiuso lo scorso anno con ricavi per 98,1 milioni, in crescita del 35% rispetto ai 72,5 milioni nel 2020; ebitda 48,1 milioni, in aumento del 72% a fronte dei 28 milioni del 2020.

Generali: Galateri non si ricandida

Nella parte alta del listino trova spazio Generali, +1,42% alla luce della comunicazione letta dal presidente della compagnia, Gabriele Galateri di Genova, al cda sul punto all’ordine del giorno relativo alla short list. Il manager non si ricandiderà alla scadenza. La lunga esperienza in Generali, dice, “mi porta a condividere pienamente il desiderio di rinnovamento del Consiglio che credo sia in definitiva la base della valutazione della mancanza di indipendenza da Codice di Autodisciplina, come fatto preclusivo alla mia permanenza nella carica di presidente. Uscirò quindi dal Consiglio in piena serenità e unità d’intenti ringraziando i colleghi che hanno speso generose parole nei miei confronti e tutti i dipendenti del Gruppo per lo straordinario e appassionato lavoro svolto in questi anni”.

Secondo un trader “la notizia suggerisce che qualcosa bolle in pentola sulla governance, anche se credo che la questione Del Vecchio-Caltagirone sia la classica montagna che partorisce il topolino”.

Spread in calo

Chiude in verde il secondario italiano e lo spread tra Btp 10 anni e Bund di pari durata arretra a 163 punti base (-2,49%), con tassi in calo a +1,9% e +0,27%. In mattinata il titolo tricolore aveva superato il 2%, per la prima volta da maggio 2020.

A pesare sulla carta italiana sono alcune dichiarazioni di importanti membri della Bce. Ieri il presidente della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau, in un intervento alla London School of Economics, ha detto che Francoforte potrebbe terminare gli acquisti di asset del programma convenzionale ‘App’ già nel terzo trimestre del 2022.

Oggi, al Financial Times, Isabel Schnabel, ha sostenuto che Francoforte non può ignorare un aumento “senza precedenti” dei prezzi delle case quando affronta le stime sull’inflazione, che difficilmente scenderà quest’anno sotto il 2%. “È sempre più probabile – ha affermato – che l’inflazione si stabilizzi intorno al nostro obbiettivo del 2% nel medio termine. Ciò significa che dovremmo iniziare a pensare a una graduale normalizzazione della nostra politica”. 

Inflazione ai massimi da 30 anni in Gb

Le tensioni sui prezzi sono forti anche oltre i confini della zona euro. In Gran Bretagna il tasso annuale dei prezzi al consumo è salito al 5,5% a gennaio, il più alto dal marzo 1992, contro le attese degli analisti che prevedevano un 5,4% così come registrato a dicembre. Questa pressione apre le porte a un nuovo rialzo dei tassi da parte della BoE, che potrebbe essere il terzo consecutivo.

Negli Usa una serie di dati macro fanno da apripista alla lettura dei verbali della Fed nella serata europea: +2% i prezzi all’importazione a gennaio, maggior aumento dall’aprile 2011; +3,8% le vendite al dettaglio a gennaio, sopra le stime; +1,4% la produzione industriale a gennaio, sopra le previsioni.
Secondo Eurostat anche la produzione industriale della zona euro ha registrato un risultato molto più solido del previsto a dicembre (+1,2% su mese, +1,6% tendenziale) e ha terminato molto bene il 2021, nonostante le restrizioni dovute alla variante Omicron del coronavirus che hanno rallentato la crescita e nel quarto trimestre.

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