La produzione industriale in Cina registra un 6,9% di crescita su anno, al di sotto delle attese degli analisti. Insieme al dato della scorsa settimana sulla debolezza del credito aggregato e al rallentamento delle vendite al dettaglio (+11,9% sull’anno), si conferma il rallentamento in corso dell’economia cinese, e ora il dato del Pil del terzo trimestre viene visto in aumento del 6,5-7,0%, al di sotto degli obiettivi ufficiali. L’indice regionale MSCI Asia Pacific escluso Giappone (Tokyo è chiusa per festività) sta scendendo dello 0,7%.
Del rallentamento cinese sta facendo le spese il dollaro australiano, che è sceso (contro il dollaro US) al livello più basso da 5 mesi, e probabilmente scenderà sotto quota 0,90. L’euro si è invece rafforzato, a 1,296 contro dollaro, mentre lo yen rimane sostanzialmente sui bassi livelli di ieri (107,2). Il petrolio si è indebolito ancora, e certo non per problemi geopolitici, che continuano a essere acuti.
La ragione sta in un fattore congiunturale – il rallentamento della Cina, il più forte consumatore di materie prime; e in uno strutturale: l’accresciuta produzione in America e altrove di petrolio da scisti. Il greggio quota 91,2 $/b WTI (96,6 il Brent). L’oro si mantiene sui livelli bassi di ieri: 1234 $/oncia. Negativi (-0,3/-0,4%) i futures azionari su Londra e New York.