Si tinge di rosso la prima seduta dell’anno sui mercati finanziari d’Asia. L’effetto positivo della telefonata di San Silvestro tra Xi Jingping e Donald Trump, “molto cordiale” a detta del presidente Usa, si è spento all’arrivo dei primi dati macro del 2019: per la prima volta dopo 19 mesi, gli indici dell’attività manifatturiera cinese scivolano sotto la frontiera dei 50 punti che separa crescita e recessione. Sono in ribasso sia i dati ufficiali che quelli rilevati dall’indice Caixin che lancia un segnale sinistro: per la prima volta da due anni e mezzo sono in calo, nonostante gli sconti sul listini di vendita, anche i nuovi ordini, sia quelli dell’industria interna che quelli legati all’export.
LA PIAZZA PEGGIORE E’ HONG KONG, SALE LO YEN
La conferma della congiuntura difficile che vive l’industria cinese ha spinto al ribasso tutti i listini in attività (Tokyo riaprirà i battenti solo domani). La Borsa peggiore è Hong Kong, sotto del 2,3%. L’indice Csi 300 di Shanghai e Shenzhen, in calo dell’1%, tocca il minimo da tre anni. In ribasso anche il Kospi coreano.
I future su Londra (-0,8%) e sull’indice S&P 500 (-0,8%) anticipano un avvio contrastato anche per le piazze europee e Usa. Il clima “grigio” trova una conferma nelle quotazioni in ascesa dell’oro, salito a quota 1.283 dollari l’oncia, ai massimi da sei mesi e del mercato valutario: si rafforza lo yen, tradizionale porto sicuro nei momenti di tensione (109,37 sulla moneta Usa), cede il dollaro australiano -0,7%, che di norma anticipa la tendenza dello yuan cinese.
Lo scenario “conferma che l’economia è debole e che lo stimolo deve arrivare rapidamente” sostengono gli economisti di ING che puntano a un intervento del governo cinese. Secondo indiscrezioni, lo stesso Xi Jingping ha dovuto riconoscere di aver sottovalutato la determinazione Usa sul fronte dei dazi.
Partenza debole anche per il petrolio: Brent a 53,22 dollari (-58 centesimi rispetto agli ultimi prezzi del 2018, anno nero con un calo del 25%), wti sotto i 45 dollari.
EURO A 1,4445, LO SPREAD RIPARTE DA 250 PUNTI
L’euro festeggia il ventesimo compleanno dalla nascita a 1,4445 sul dollaro.
E’ questa la cornice che precede l’avvio degli scambi in Europa, condizionata in mattinata dall’uscita degli indici Pmi sulle principali manifatture del Vecchio Continente. Le Borse aperte il 31 dicembre (oltre a Milano non ha lavorato Francoforte) si sono congedate con il segno più, sotto la spinta dell’ottimismo di Donald Trump: Parigi +1,11%, Madrid +0,54%, poco mossa Londra -0,09%.
Sul fronte italiano, archiviato il dossier della Manovra, l’attenzione si sposta sul decreto che includerà quota 100 e il reddito di cittadinanza, il cui finanziamento – pur ridotto all’ultimo – è comunque assicurato da appositi fondi previsti in Manovra.
Lo spread riparte da quota 250. Ma da oggi i titoli di Stato potranno contare solo in parte sulla rete di protezione della Banca Centrale Europea che, esauriti gli acquisti del Qe, si limiterà a reinvestire quanto incassato dai bond in scadenza.
MONITO UE SUL 5G: ATTENTI AL CYBERSPIONAGGIO DI PECHINO
Dalla Ue arriva un monito contro il cyber spionaggio cinese che tocca da vicino anche l’Italia. Bruxelles intende procedere alla mappatura della presenza cinese nelle infrastrutture di rete, con un occhio di riguardo agli investimenti nel 5G. “Nel 2018 – si legge in una nota – Italia, Spagna e Finlandia hanno effettuato aste per l’assegnazione delle frequenze che hanno comportato afflussi rilevanti di denaro nelle casse pubbliche: occorre però evitare assegnazioni di cui potremmo pentirci amaramente in un prossimo futuro”. Usa e Giappone hanno vietato l’uso di apparecchiature in arrivo da Huawei.
TRUMP CHIEDE UN INCONTRO SUL BUDGET
In salita anche i mercati Usa: Dow Jones +1,15%, S&P 500 +0,85, Nasdaq +0,77%. Ma l’ottimismo dei listini sarà messo a dura prova dal confronto tra la Casa Bianca ed il Congresso che si accinge a presentare una proposta di budget che, pur prevedendo un bilancio federale di spesa per 265 miliardi, non contempla un solo dollaro per il Muro alla frontiera con il Messico (5 miliardi di dollari) caro a Trump. Il presidente, isolato e furente, ha avanzato poche ore fa la richiesta di un incontro con i leader democratici, che si accingono ad assumere la guida della Camera tra un paio di settimane.
WALL STREET SPERA IN UNA FED “COLOMBA”
Altro tema caldo: i rapporti tra la Fed e la Casa Bianca. I mercati sembrano convinti che, forse per i segnali di frenata della congiuntura, forse per le pressioni di Trump, la banca centrale stia rivedendo i suoi propositi: i rendimenti del due anni, l’indicatore più sensibili per i tassi a breve, sono scesi al 2,49%, poco sopra il rendimento del contante, contro il 2,977 % segnato a novembre. Cresce la sensazione che la Fed si dovrà accontentare di un solo rialzo per il 2019.
Indicazioni più precise arriveranno venerdì, quando il presidente Jerome Powell parteciperà ad un dibattito con i due ex, Ben Bernanke e Janet Yellen.