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Borse chiusura 5 febbraio: Alphabet crolla (-8%) e i dazi, la Cina e i conti mettono in ginocchio le Big Tech

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Il mare resta mosso sui listini azionari, un po’ ubriacati oggi da nuovi annunci della Casa Bianca (Trump non ha fretta di parlare con Xi Jinping), da qualche retromarcia (pare sospeso lo stop Usa ai pacchi cinesi), da una forte dose di trimestrali (dal Santander +7,65% ad Alphabet -8%) e da una serie di dati macro. A ciò si aggiunga la spiazzante proposta di Donald Trump di un ‘takeover’ della Striscia di Gaza da parte degli Usa, così da creare la Riviera del Medio Oriente trasferendo quindi i palestinesi altrove. Un’ipotesi che ha fatto insorgere il mondo arabo.

Il disorientamento favorisce gli acquisti sull’oro, che nella consegna immediata aggiorna l’ennesimo record a 2882,35 dollari l’oncia, mentre per le borse europee l’esito finale è una chiusura in ordine sparso:

Piazza Affari limita i danni allo 0,38%, appesantita soprattutto da Nexi 3,11%, mentre tiene il comparto delle utility. Francoforte sale dello 0,37%, Londra recupera terreno con un progresso dello 0,6%, Parigi cede lo 0,19% e Amsterdam è piatta. Su tutte svetta Madrid +1,22%, che brinda ai conti record del Santander con utili l 2024 a 12,5 miliardi, in crescita del 14%.

Wall Street si muove contrastata

Il faro di Wall Street risulta oggi un po’ appannato, anche se i listini sono in lieve recupero rispetto all’avvio (DJ +0,12%, S&P 500 -0,05%, Nasdaq -0,28%). A deprimere il sentiment, soprattutto nel premercato, sono stati alcuni titoli di peso, a partire da Alphabet (Google), che ha visto un rallentamento nella crescita dei ricavi e soprattutto ha annunciato che spenderà quest’anno 75 miliardi di dollari per l’IA, il 29% in più di quanto atteso dal mercato e dopo l’irrompere di un fronte a basso costo come quello di Deepseek.

In ambito trimestrale si fa sentire anche il tonfo di Amd, -11%, sempre a seguito di una trimestrale deludente.

Sale il deficit commerciale Usa a dicembre

La pagina macro porta acqua al mulino dei dazi, mostrando che a dicembre il deficit della bilancia commerciale a stelle strisce è salito del 24,7% rispetto a novembre. In valori assoluti sono 98,43 miliardi di dollari, contro attese per 96,88 miliardi. Le esportazioni sono diminuite del 2,6% a 266,5 miliardi di dollari, le importazioni sono cresciute del 3,5% a 364,9 miliardi di dollari.

L’occupazione statunitense nel settore privato ha invece accelerato il passo a gennaio: secondo il rapporto mensile redatto da Automatic Data Processing (adp), l’agenzia che si occupa di preparare le buste paga, sono stati creati 183.000 posti di lavoro rispetto al mese prima (previsioni di 150.000). Il dato di dicembre è stato rivisto da 122.000 a 176.000.

L’attività del settore dei servizi statunitense è invece inaspettatamente rallentata a gennaio per via di un raffreddamento della domanda, che ha contribuito a frenare la crescita dei prezzi. Secondo l’Institute for Supply Management (Ism), l’indice PMI per il settore non manifatturiero il mese scorso è sceso a 52,8 da 54,0 di dicembre, contro stime di crescita.

Anche per l’Eurozona sono state pubblicate le stime PMI di gennaio. L’indice composito è salito a 50,2 punti, scavalcando quindi la soglia di 50 oltre la quale c’è espansione (era 49,6 a dicembre). L’indice dei servizi però è sceso oltre le stime a 51,3, da 51,6 e attese a 51,4.

Per l’Italia le cose sono andate peggio: 49,7 è il PMI composito di gennaio, 50,4 quello dei servizi (da 50,7 e 50,5 atteso).

Dollaro in calo, rally senza fine per l’oro

La possibilità che la Banca centrale del Giappone aumenti nuovamente i tassi si riflette oggi sul mercato valutario, dove il dollaro s’indebolisce contro le principali divise e in particolare perde al momento l’1,4% contro lo yen, per un cambio a 152,17.

Anche l’euro si rafforza contro la moneta Usa e sale dello 0,4%, portando il cross oltre quota 1,042.

Tra le materie prime non si vede la fine del rally dell’oro, che rappresenta un baluardo contro i dubbi del mercato. Oltre lo spot gold spinge sull’acceleratore anche il future aprile 2025 che tratta a 2892,56 dollari l’oncia, dopo aver toccato un massimo a 2905,94 dollari.

La “mancanza di fretta” nel dialogo tra Usa e Cina deprime invece il petrolio, che arretra oggi in misura superiore al 2. Il greggio texano, marzo 2025, tratta a 71,08 dollari al barile; il Brent aprile 2025, a 74,61 dollari al barile.

Piazza Affari, svettano Inwit e Telecom

Tra le migliori blue chip di Piazza Affari c’è anche oggi Telecom Italia, +1,1%, che dai primi di gennaio ha guadagnato l’11%, mentre Bloomberg evidenzia che gli analisti hanno aggiustato il tiro su un titolo che oggi conta 13 Buy, 7 Hold, e un prezzo obiettivo medio di 0,32 euro.

Regina del listino è Inwit +1,19%. La chiusura è positiva per molte utility: Italgas +1,13%, Snam +0,94%, A2a +1,1%, Hera +0,78%.

I titoli finanziari sono ognuno per conto suo. Bene Banca Mediolanum +0,61% (su cui Citigroup ha alzato il target price a 14,4 euro da 12,6), Bper +0,79%, Mediobanca +0,63%, Mps +0,57%. Arretra invece Intesa -0,68% ed è piatta Unicredit. Quest’ultima ha intanto notificato al governo l’offerta su Banco Bpm (-0,23%), secondo la normativa sul golden power.

Continua a perdere quota Campari -2,45%, in un contesto di possibili dazi incrociati.

Il settore auto è in rosso, depresso probabilmente dall’interruzione delle trattative tra Nissan e Honda per una fusione che avrebbe potuto far nascere il terzo costruttore automobilistico mondiale. A Milano: Iveco -2,27%, Ferrari -1,09%, Pirelli -1,11%.

Fuori dal paniere principale Anima Holding (+2,81%) brinda a una trimestrale con una forte crescita di utili e ricavi. In particolare l’utile netto normalizzato vede un balzo del 50% a 276,5 milioni, per una cedola proposta di 0,45 euro. Il titolo chiude a 6,94 euro per azione (dopo aver toccato 7 euro, massimo dal 2016), lontano dai 6,2 euro messi sul piatto dall’opa di Banco Bpm, che attende il via libera dall’authority all’operazione entro il 26 di febbraio, con possibile estensione di un mese. Anima ha inoltre una quota del 4% in Montepaschi, investimento che l’ad Alessandro Melzi d’Eril giudica strategico. “Mps è un partner strategico chiave, uno dei fondatori di questa società” e speriamo che la quota “generi importanti ritorni alla luce della performance della banca”. La partecipazione è in bilancio per “circa 340 milioni con un capital gain di circa 80 milioni”.

È debole invece la chiusura per Fincantieri -0,16%, che pure si è aggiudicata la commessa più grande della sua storia: la realizzazione di quattro maxi navi da crociera per conto della Norwegian Cruise Line Holdings (NCLH), per un valore di 9 miliardi di euro secondo stime di mercato.

Spread e tassi in calo

I titoli di Stato della zona euro archiviano una seduta positiva, con tassi in calo. Per il Btp 10 anni si scende al 3,45% e per il Bund 10 anni al 2,36%, per uno spread tra i due titoli benchmark di 109 punti base (-1,32%). 

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