Il boom di Unicredit (+12,29%) e il rally del settore bancario consentono oggi a Piazza Affari di chiudere in rialzo dell’1% (a 26.599 punti base), una seduta praticamente incolore nel resto d’Europa, dove Francoforte e Parigi si fermano a +0,01% e Amsterdam +0,05%. Sono lievemente negative Londra, -0,16%, e Madrid, -0,15%, mentre soffre maggiormente Zurigo, -0,75%, con Ubs in calo del 2,22% nonostante i conti in linea con le attese, ma un “outlook macroeconomico incerto”.
Oltreoceano, Wall Street sta rinforzando (Nasdaq +1%) dopo un timido avvio, in un clima ancora cauto per le scelte e i toni delle banche centrali attese al primo meeting dell’anno. A incoraggiare gli investitori Usa è arrivato il dato sul costo del lavoro nel quarto trimestre, che è aumentato al ritmo più lento dell’ultimo anno, rafforzando le aspettative di un allentamento del ritmo di rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed. Domani toccherà proprio a Jerome Powell rendere note le decisioni prese nella riunione cominciata oggi, mentre il giorno dopo spetterà a Bce e BoE intervenire sui tassi e accendere qualche lume sul futuro. Domani verranno inoltre comunicati i dati sull’inflazione dell’area euro, che includeranno solo una stima per la Germania, in ritardo con l’elaborazione dei propri numeri.
In prossimità di queste importanti scadenze il Fondo Monetario Internazionale raccomanda ai banchieri centrali di proseguire il loro lavoro contro la corsa dei prezzi, tanto più che la crescita mondiale si sta dimostrando resiliente, più del previsto, nonostante la stretta monetaria e la guerra in Ucraina.
In questo limbo l’euro-dollaro è stabile, attorno a 1,085.
Scarsi spunti arrivano dal fronte energetico, con il petrolio poco mosso e il gas in rialzo, ma sotto quota 60 euro al mwh.
Piazza Affari: festeggiano Unicredit e banche
Unicredit è andata a ruba oggi, portandosi su nuovi massimi da maggio 2018, dopo la presentazione dei conti record registrati nel quarto trimestre, i migliori da un decennio e una guidance sul 2023 nettamente superiore alle attese. L’istituto ha stupito positivamente gli analisti anche per i conti su base annuale.
In scia hanno cominciato a correre tutti i titoli delle banche, che presenteranno i loro risultati nei prossimi giorni e sui quali sembra scommettere il mercato.
Svettano così sul listino principale Bper (+3,58%), Intesa (+2,82%), Banco Bpm (+2,66%) e, fuori dal perimetro delle blue chip, Mps resta sugli scudi +5,6%, sperando in un matrimonio di livello in un prossimo futuro.
Il broker Equita, citato da Reuters, ha aumentato “il peso nel portafoglio su Intesa di 100 punti base sull’aspettativa di un buon reporting e di una buona guidance sul 2023 anche alla luce dei risultati appena pubblicati da UniCredit”.
Bene l’auto con Stellantis +2,51%, mentre rimane indietro Ferrari, -1,51%, in vista dei risultati che saranno presentati giovedì due febbraio.
In coda al Ftse Mib finisce Recordati -2,71%, dopo i guadagni delle vigilia, insieme a Leonardo -1,68 (retrocessa da Ubs a ‘neutral’ da ‘buy’), Stm -1,11%, Amplifon -1,06%.
Seduta incolore per i titoli di Stato
La seduta è incolore per i titoli di Stato: sul secondario lo spread tra Btp decennali e Bund di pari durata rimane a 192 base, con i rendimenti poco mossi rispettivamente a +4,16% e +2,24%.
Sul primario però sono risultati in rialzo i rendimenti sui titoli a medio e lungo termine. I Btp decennali, assegnati nella misura di 3,5 miliardi hanno strappato un rendimento del 4,28%. Per i titoli a cinque anni si è toccato il 3,7%.
Il Tesoro ha collocato anche la 17ma tranche del CcTeu scadenza 15 aprile 2026 per 1,5 miliardi con un rendimento lordo al 2,58% (+4 p.b.).
Italia, per Prometeia il peggio potrebbe già essere passato
Il quadro macro che emerge oggi mostra luci ed ombre per l’Italia.
A livello globale l’FMI, nella versione aggiornata del suo World Economic Outlook prevede “che la crescita globale scenderà dal 3,4% stimato nel 2022 al 2,9% nel 2023, per poi salire al 3,1% nel 2024”.
Per l’Italia, le stime del 2022 sono state riviste al rialzo dal 3,2% al 3,9%. Anche quest’anno le cose dovrebbero andare meglio di quanto temuto:+0,6%, contro una contrazione dello 0,2% prevista a ottobre. L’anno prossimo però la crescita attesa è dello 0,9%, in calo di 0,4 punti percentuali rispetto a quanto valutato mesi fa.
Altre informazioni arrivano dall’Istat, secondo cui a dicembre la disoccupazione nel Belpaese è rimasta stabile al 7,8%, mentre il Pil ha segnato un -0,1% nel quarto trimestre, con un +3,9% nel 2022.
Per il 2022 il Pil corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato è aumentato del 3,9% rispetto al 2021. La variazione acquisita per il 2023 è pari a +0,4%. A commento l’Istituto osserva che “l’economia italiana registra, dopo sette trimestri consecutivi di crescita, una lieve flessione congiunturale, mentre dal lato tendenziale continua, a ritmi meno sostenuti rispetto ai trimestri precedenti, il suo sviluppo”.
Sale però nel primo mese dell’anno l’indice con cui Prometeia misura l’andamento dell’economia italiana. Secondo il centro studi fondato da Beniamino Andreatta il dato diffuso in mattinata dall’Istat certifica che è terminato il lungo ciclo espansivo seguito alla crisi pandemica, ma non tiene conto di segnali positivi come il crollo del prezzo del gas e la ripresa delle catene globali di fornitura. Perciò “il momento peggiore potrebbe essere alle nostre spalle e, se non vi saranno nuovi eventi negativi, la ‘recessione’ potrebbe rimanere molto modesta e prefigurare una ripresa già dalla primavera” sostiene Prometeia.