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Borse chiusura 19 febbraio: il rilancio di Trump sui dazi e l’incertezza sui verbali Fed zavorrano i listini europei. Giù anche il Nasdaq

Imagoeconomica

La minaccia di nuovi dazi Usa del 25% su automobili, prodotti farmaceutici e chip deprimono oggi i mercati, innervositi inoltre da Isabel Schnabel, membro del board della Bce, che ha detto al Financial Times di voler ragionare su una possibile pausa nella riduzione dei tassi d’interesse. Gli investitori hanno scelto così di andare all’incasso in Europa, dopo che ieri lo Stoxx 600 ha toccato un nuovo massimo storico, convinti alla mossa anche dall’avvio stonato di Wall Street. Sullo sfondo restano inoltre le tensioni con la Casa Bianca, dopo uno scambio di cortesie a distanza tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente Usa Donald Trump che non fa granché sperare per il futuro. “Vivi in una bolla di disinformazione russa” ha detto l’ucraino, “sei un dittatore mai eletto e un comico modesto”, che ha incassato centinaia di miliardi di dollari dagli Usa per una guerra “che non potevi vincere”, ha replicato lo statunitense.

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Europa in rosso, Milano limita i danni

Così Piazza Affari perde lo 0,53% e scende a 38.348 punti base, ma si mantiene ai massimi da oltre 17 anni ed è comunque una delle meno peggio in Europa. A sostenere il listino contribuisce il balzo di Stm +7,92%, promossa da Jefferies a ‘buy’ da ‘hold’, mentre sulla sponda opposta è Recordati, -6,76%, allarmata dalle tariffe americane e dal fatto che l’azionista di maggioranza, Rossini, controllato dal fondo Cvc, ha collocato il 5% del capitale mediante un accelerated bookbuilding, mantenendo una quota del 46,82%.

Nel resto del continente il rosso è acceso a Francoforte -1,87%, Madrid -1,66%, Parigi -1,17%. Le perdite sono frazionali a Londra -0,63% e Amsterdam -0,5%.

Debole Wall Street in attesa dei verbali della Fed; fallisce Nikola (camion elettrici)  

Nel frattempo la campanella di Wall Street ha steccato e i principali indici si stanno muovendo in ribasso, dopo il nuovo massimo aggiornato ieri da S&P 500 e in attesa di leggere i verbali dell’ultima riunione della Fed, quando la banca centrale Usa ha scelto di lasciare invariato il costo del denaro. Dopo quella riunione Jerome Powell ha recentemente sottolineato di non avere fretta di tagliare i tassi e da allora il mercato vede una o al massimo due sforbiciate da 25 punti base nel corso del 2025. Questo clima si fa sentire anche sui titoli di Stato, che registrano oggi tassi in rialzo su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Nell’azionario è da segnalare il crac di Nikola Corporation, dopo che la società di camion elettrici ha chiesto la protezione prevista dal Chapter 11, la principale legge fallimentare statunitense. Al top della sua storia, nel 2020, Nikola valeva 30 miliardi di dollari, più di Ford Motor, e firmava un accordo multimiliardario con General Motors, ma due anni dopo l’ad e fondatore Trevor Milton veniva incriminato per frode e il declino è stato inesorabile. Nel terzo trimestre 2024, i veicoli prodotti erano solo 600 e molti di questi sono stati richiamati a causa di problemi, costati alla società decine di milioni di dollari.

Tonico il petrolio

Tra le materie prime si muove tonico il petrolio, che guadagna oltre un punto percentuale con i future di Brent (76,69 dollari al barile) e Wti (72,81 dollari al barile).

Anche i prezzi dell’oro sono balzati oggi a un altro massimo storico (2947,05 dollari l’oncia), per poi ripiegare e al momento lo spot gold tratta a 2938 dollari l’oncia. A spingere gli acquisti e i prezzi del lingotto sono le tensioni commerciali e quelle geopolitiche, mentre l’inflazione della Francia ieri ha deluso e oggi altrettanto ha fatto quella del Regno Unito, che a gennaio ha accelerato al 3% su base annua.

Sul mercato dei cambi l’euro mostra una lieve debolezza nei confronti del dollaro, per un cross di 1,0424.

Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta vede una crisi economica nel blocco più grave di quanto sperato e a soffrire è soprattutto il settore auto.

L’inflazione va nella direzione giusta, ma ci sono nuovi rischi per i prezzi energia. Oggi comunque il future del gas ad Amsterdam scende sotto i 48 euro al Mwh.

Piazza Affari, Leonardo ancora in evidenza

Tra le blue chip di Piazza Affari Leonardo incrementa anche oggi i suoi guadagni con una crescita del 2,6%, che porta il valore del titolo della difesa a un nuovo massimo di 35,91 euro.

Rialzano la testa le utility: Terna +0,82%, A2a +0,59%, Snam +0,48%, Italgas +0,34%. Le banche sono contrastate: segnano piccoli rialzi Bper +0,72% e Popolare di Sondrio +0,2%, mentre Banco Bpm arretra dell’1,06%. Nella grande e intrecciata partita bancaria in corso oggi si registra la presa di posizione di Glass Lewis, proxy advisor che assiste gli investitori istituzionali nelle votazioni in assemblea e che suggerisce ai soci di Banco Bpm di approvare le proposte di modifica dell’opa su Anima, allineandosi alle valutazioni già fatte dall’altro grande proxy advisor Iss.  

I ribassi più consistenti del giorno sono per Buzzi -3,4%, Cucinelli -3,11%, Amplifon -2,03%, Unipol -2,01%. L’auto è in retromarcia con Stellantis -1,67%.

Chiude una seduta volatile Telecom, che infine perde l’1,93%. Il titolo resta sotto osservazione, mentre indiscrezioni vedono Poste (-1,85%) crescere potenzialmente oltre il 10% (quota rilevata da Cdp). 

Fuori dal paniere principale vola Industrie De Nora, +15,48%, sugli scudi per il secondo giorno di seguito. A fare da volano sono i risultati 2024, migliori delle attese e che hanno spinto i broker a riveder stime e prezzo obiettivo. 

Spread in rialzo

L’intervista di Schnabel al Ft e i timori per l’inflazione si fanno sentire sulla carta italiana, che dopo la buona seduta di ieri oggi chiude in rosso. Lo spread tra Btp decennale e Bund di pari durata torna a 108 punti base e i tassi si portano rispettivamente al 3,64% e 2,55%.

I mercati si aspettavano un nuovo taglio nella riunione dei primi di marzo della Bce, ma l’economista tedesca ha gelato queste aspettative, poiché ritiene che la banca centrale debba “ora” iniziare a discutere una “pausa o un arresto” dei tagli. Per il giornale finanziario queste parole evidenziano le crescenti tensioni all’interno della Bce sulle prospettive economiche e sulla diversità di vedute all’interno del board riguardo alla necessità di allentare o interrompere i tagli dei tassi.

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