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Borse chiusura 19 dicembre: la Fed affonda le piazze azionarie d’Europa e a Milano crolla Tim (-7%). Rimbalza Wall Street

Imagoeconomica

Chi sperava in un robusto rimbalzo di Wall Street oggi, dopo il tonfo di ieri (su una Fed più falco del previsto), è rimasto per ora deluso. I listini Usa, a metà giornata, mostrano un cauto recupero e così i listini europei non trovano la spinta necessaria ad arginare le perdite chiudendo in profondo rosso. Sullo sfondo resta un quadro geopolitico che non mostra grandi segni di miglioramento e anzi aumentano i punti interrogativi sul futuro della guerra tra Russia e Ucraina.

Piazza Affari è la peggiore e mostra un risultato negativo dell’1,78%, fermandosi a 33.787 punti base. Il Ftse Mib è arrivato in giornata a perdere anche il 2%. Le blue chip sono quasi tutte in ribasso con l’eccezione di Saipem (+3,44%) e Campari (+1,06%).

La gelata si fa sentire anche a Francoforte -1,39%, Parigi -1,22%, Londra -1,17%, Madrid -1,51%, Amsterdam -1,55%.

I principali indici di New York, dopo un avvio vivace, hanno rallentato il passo e, al momento, il DJ sale dello 0,6%, dopo aver chiuso ieri (con una perdita del 2,58%) la decima seduta consecutiva in ribasso. È stata la serie negativa più lunga da 50 anni a questa parte. Anche lo S&P 500 e il Nasdaq sono ora positivi in misura analoga, dopo perdite rispettivamente del 2,95% e del 3,56% della vigilia.

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Svendita di T-Bond

L’azionario soffre e l’obbligazionario non se la passa meglio, soprattutto negli Stati Uniti: i prezzi dei T-Bond sono anche oggi in calo e i rendimenti sono in rialzo. Il Treasury decennale mostra in questi minuti un tasso del 4,562%.

A pesare sono ancora le parole di Jerome Powell di ieri, quando la Fed ha deciso di tagliare i tassi di 25 punti base, come ampiamente atteso. Il presidente della Banca centrale statunitense ha però raggelato le previsioni, stimando solo due tagli per il 2025, contro i quattro previsti precedentemente. Il mercato aveva già annusato che l’allentamento della stretta sarebbe stato meno deciso il prossimo anno, alla luce di un’economia a stelle e strisce ancora forte e di una inflazione resiliente, che potrebbe trovare nuova spinta nelle politiche del presidente eletto Donald Trump. Le scommesse si concentravano però su tre tagli, mentre due sono apparsi un orientamento decisamente da falco da parte della Banca centrale Usa. D’altra parte non erano mancate in questi giorni voci contro un nuovo ribasso del costo del denaro, vista la forza dei numeri macroeconomici degli Stati Uniti. A riprova oggi è emerso che l’economia Usa nel terzo trimestre è cresciuta del 3,1%, sopra le stime degli esperti e oltre il 2,8% precedentemente stimato e il 3% del secondo trimestre.

Domani uscirà il dato Pce sull’inflazione, che assume un particolare peso tanto più che questo venerdì sarà il cosiddetto giorno delle quattro streghe, in cui scadono in simultanea future e opzioni sugli indici di borsa e sulle azioni.

Per la Fed il dato Pce previsto alla fine del prossimo anno è al 2,5%, contro il 2,1% di tre mesi fa.

A picco lo yen, BoJ ferma sui tassi

Sul mercato valutario si vedono oggi gli effetti delle diverse scelte di politica monetaria da parte delle banche centrali.

La BoJ, la più accomodante tra le grandi banche, non ha toccato i tassi mantenendo il riferimento overnight allo 0,25%. La decisione era attesa e solo uno dei nove componenti del board ha votato per un rialzo dello 0,5%.

Il crollo dello yen sembra non fermarsi più e la moneta giapponese soccombe al dollaro, che si apprezza dell’1,8% a 157,54 yen.

Oggi anche la banca centrale inglese ha tenuto la riunione di politica monetaria e anche la sua decisione di non toccare i tassi (rimasti al 4,75%) era attesa dal mercato. Ma in questo caso la decisione è stata persa con sei voti favorevoli e tre contrari, banchieri che avrebbero voluto una riduzione dello 0,25%. Questo sta limitando le vendite sulla sterlina, che perde comunque lo 0,14% contro dollaro per un cambio di 1,255.

L’euro tenta un recupero, dopo le perdite delle vigilia e si apprezza dello 0,2% contro dollaro, per un cambio che non riesce però a raggiungere 1,04.

Il real brasiliano, che nella vigilia ha ceduto oltre il 3%, risale oggi di oltre il 2% a 6,15 sul dollaro.

Anche il bitcoin non ha preso bene le previsioni della Fed ed è persino sceso sotto i centomila dollari, per poi recuperare quella soglia psicologica conquistata poche settimane fa, a seguito della vittoria di Donald Trump alle elezioni e nell’attesa di un’amministrazione più favorevole alle monete digitali.

Tra le materie prime arretra il petrolio, con Wti sotto 70 dollari al barile e il Brent in calo a 73 dollari.

In prossimità della chiusura si è impennato il prezzo del gas naturale (+5,47% a 43,25 euro al MWh) ad Amsterdam, dopo il no di Kiev al rinnovo dell’accordo per il transito del gas russo che scade a fine mese.

Piazza Affari si aggrappa a Saipem, mentre Telecom guida i ribassi

In Piazza Affari oggi si è mossa decisamente in controtendenza Saipem, che nonostante il clima generale ha festeggiato la firma di un nuovo contratto offshore da Shell in Nigeria, in consorzio con Koa Oil & Gas e Aveon Offshore e con una quota parte della società italiana di circa 900 milioni di dollari.

La lunga lista dei ribassi si apre invece con Telecom Italia, -7,86%, con un trader che osserva come spesso si acquisti sulle attese e si venda sulla notizia. A innescare i realizzi ha dunque contributo il fatto che la società, prima dell’apertura delle contrattazioni, abbia reso noto di aver ricevuto dal ministero dell’Economia e Retelit un’offerta vincolante per acquisire l’intero capitale di Sparkle, pari a 700 milioni di euro totali. La proposta è valida fino al 27 gennaio prossimo e la compagnia telefonica ha garantito che “avvierà quanto prima il relativo processo di valutazione e decisione”. Il titolo era anche recentemente cresciuto a seguito di voci di interesse di alcuni fondi per la quota di Vivendi.

Chiude in profondo rosso Stm, -6,27%, in scia alle recenti perdite delle big tech Usa e al tonfo di Micron (-18,16% al Nasdaq) che ha presentato previsioni di ricavi e utili trimestrali inferiori alle attese.

Gli investitori sono andati all’incasso anche su Interpump -4,79%, Nexi -3,55%, Erg -3,39%.

Banche deboli a partire da Unicredit -2,8%, e a seguire Mediobanca -2,8%, Banco Bpm -2,76%, Mps -2,63%.

Male l’automotive, in particolare Stellantis -3%.

Fuori dal paniere principale le cose sono andate un po’ meglio e tra i titoli che mostrano una chiusura in deciso rialzo c’è Avio, +10,99%. Il mercato vede di buon occhio la notizia di nuovi contratti di Avio con l’agenzia spaziale europea per 350 milioni di euro. Secondo i broker questi accordi possono portare l’azienda a superare le stime di portafoglio ordini per quest’anno aumentando la visibilità sulle vendite future.

Spread poco mosso, ma i tassi salgono

L’onda d’urto dei governativi statunitensi colpisce anche i titoli di Stato europei, che vedono tassi in rialzo.

Alla chiusura il decennale italiano è al 3,47% (dal 3,41%) di ieri, mentre il Bund di pari durata è al 2,3% (dal 2,25%) per uno spread in lieve rialzo a 117 punti base.

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